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Attualità | 01 novembre 2018, 11:45

Il tartufo, tra Alba e la Cina, diventa oggetto di discussione in una tesi di laurea

110 e lode all'Università Ca' Foscari di Venezia per Valeria Dialotti, di Santo Stefano Belbo, con una tesi su "La tartuficoltura in Italia e in Cina con repertorio terminografico cinese-italiano"

Valeria Dialotti, laureata con una tesi che mette in correlazione il Tartufo tra Italia e Cina

Valeria Dialotti, laureata con una tesi che mette in correlazione il Tartufo tra Italia e Cina

E se i cinesi scoprissero il tartufo? In realtà, sta già succedendo. Ad argomentarlo è Valeria Dialotti, giovane studentessa di Santo Stefano Belbo, diplomata al Liceo linguistico "Da Vinci" di Alba, che nei giorni scorsi ha discusso la tesi magistrale in "Lingue e Civiltà dell’Asia e dell’Africa mediterranea". Titolo della tesi, "La tartuficoltura in Italia e in Cina con repertorio terminografico cinese-italiano".


"L’idea di scrivere una tesi sul tartufo e sulla tartuficoltura nasce dalla volontà di valorizzare un prodotto della gastronomia di lusso italiana e in particolare analizzare come questo abbia creato un legame tra il territorio che personalmente mi appartiene e in cui sono nata, ovvero l’Italia (in particolare la zona di Alba e delle Langhe) e la Cina - afferma Valeria, fresca di 110 e lode all'Univesità Ca' Foscari di Venezia, dove aveva già preso la laurea triennale -. Che i tartufi e più nello specifico il Tartufo Bianco siano un prodotto pregiato e riconosciuto in tutto il mondo è noto ormai da molti anni, ma il fatto che esso abbia ricevuto l’interesse e l’apprezzamento da parte dei cinesi è un fatto piuttosto recente. Questo prezioso frutto della terra, infatti, fino a pochi anni fa non era conosciuto minimamente in Asia, né a livello gastronomico, né a livello botanico-scientifico e nessuno studio o analisi erano stati effettuati fino ai primi anni 2000. A partire da questo periodo, il tartufo ha iniziato a essere scoperto anche in territorio cinese e in poco tempo è diventato uno dei prodotti più esportati all’interno del mercato agroalimentare. Questo ha fatto si che il tartufo abbia suscitato un crescente interesse sia dei ricercatori cinesi, che lo hanno visto come una nuova risorsa di studio e di sviluppo a livello agricolo e botanico, sia dei consumatori, che hanno iniziato a conoscerlo e ad apprezzarlo sempre maggiormente".


Dopo una parte tecnica incentrata sugli aspetti botanici, sul ciclo biologico e sulla classificazione del tartufo, la tesi di Valeria passa all'analisi del tartufo in Cina, dove - fortunatamente per l'albese - crescono unicamente tartufi neri. Quindi, l'analisi si sposta al livello della tradizione, arrivando a trattare il mercato attuale, chiudendo infine con la tartuficoltura (impossibile per il Bianco d'Alba, che è un fungo ipogeo spontaneo) e con un utile glossario cinese-italiano e italiano-cinese.


E ora, discussa la tesi? "Mi godo una vacanza, prendendomi un po' di tempo prima di pensare al mio futuro lavorativo. Non ho trifolao, in famiglia, per cui escluderei quest'opzione... Il tartufo continuerò a gustarlo, magari sun bel piatto di tajarin".

Pietro Ramunno

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