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Pd, se alle regionali siciliane va sotto il 20% parte l'assalto a Renzi

Matteo Legnani
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Lui da mesi va dicendo che ha "vinto le primarie" (quelle per la segreteria del partito), e che dunque è lui il candidato premier naturale del Pd. Un refrain ripetuto dai suoi fedelissimi e respinto invece dalla minoranza interna, come ribadito pochi giorni fa da Andrea Orlando, per il quale "della leadership si dovrà per forza tornare a parlare". Si appoggia, la fronda interna dei dem, ai sondaggi di questi ultimi mesi, che danno il partito stabile o in lieve calo. Ma assai lontano da una soglia che gli consentirebbe di ambire a una vittoria alle elezioni politiche. Lo stesso refrain di Renzi potrebbe essere ulteriormente indebolito, al punto da risultare privo di senso, dal risultato delle regionali siciliane di domani. Scrive il quotidiano Il Messaggero, riportando considerazioni interne al Pd, che se Renzi dovesse restare sotto la soglia simbolica del 20%, partirebbe l'assalto alla diligenza ed è assai probabile che il voto della prossima primavera (a marzo o maggio che sia) sia preceduto da un'altra tornata di primarie. Alle ultime regionali, quelle che incoronarono governatore Rosario Crocetta, il Pd si fermò al 13,4%. A ricordarlo, riporta sempre Il Messaggero, sono gli stessi fedelissimi di Renzi come a die che "il partito è tradizionalmente debole sull'isola". Ma è anche vero che quel risultato fu ottenuto nell'ottobre 2012, ben prima che Renzi salisse in cattedra portando i suoi allo stratosferico 40 e rotti per cento delle Europee 2014. Ora il Pd, a livello nazionale, vale tra il 25 e il 27%. La soglia del 20% appare dunque assai ragionevole quale spartiacque tra la continuità e la rottura sul tema della leadership.

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