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Matteo Salvini, il retroscena di Minzolini: "Perché al leghista conviene rinunciare al governo"

Giovanni Ruggiero
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L'unica certezza emersa dalle ultime elezioni è che a vincerle sono stati Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Per il resto, riporta Yoda-Augusto Minzolini sul Giornale, non c'è nessuno in grado di scommettere su tempi brevi per la formazione di una maggioranza in Parlamento e quindi di un governo. Che l'incarico esplorativo da Sergio Mattarella finisca nelle mani del leader grillino o quello leghista, la strada da percorrere non può cambiare: è necessario rastrellare voti in Aula da "responsabili" e ribelli vari di altri partiti, di certo insomma va allargata la maggioranza al proprio schieramento, fino a essere disposti a rinunciare alla premiership: "Potrebbe essere definito fattore 'R' - scrive Minzolini - cioè, tra i due avrà più possibilità di imporsi, chi, nel nome della governabilità, sarà disposto a questo turno a rinunciare a palazzo Chigi". Leggi anche: Salvini - Berlusconi, il faccia a faccia ad Arcore dopo il botto elettorale Per quanto nel centrodestra l'idea di spingere su Matteo Salvini come premier sia ormai accettata anche dai più scettici, resta il fatto che nella testa del leghista frulla da qualche ora un'ipotesi ben più audace, cioè fare un passo a lato. Salvini potrebbe anche cedere spazio a un nome "terzo", riconoscendo comunque la sua leadership nella coalizione: "Può fare tutto - secondo quanto dice Renato Brunetta - anche il ministro degli Esteri". Tutto oppure nulla, al massimo il capo dell'opposizione, cedendo l'onere di formare il governo a M5S e Pd, naturalmente senza Matteo Renzi. A quel punto Salvini si godrebbe lo spettacolo fuori dagli scontri usuranti di governo, in attesa che finisca la legislatura e ripresentandosi con la coalizione unita e più forte, ma sin da subito come candidato premier riconosciuto.

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