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Luigi Di Maio, Franco Bechis: l'alleanza tra M5s e Pd può essere l'inizio della fine dei grillini

Andrea Tempestini
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Le sirene sono tante, non ultima quella del Fatto quotidiano di Marco Travaglio, che in queste settimane si è intestato il ruolo di gran suggeritore del Movimento cinque stelle. Le sirene cantano per altro un solo motivetto: Luigi Di Maio dovrebbe andare al governo grazie a una alleanza con il Pd e Leu, naturalmente dopo che tutti avranno regolato le loro partite con Matteo Renzi. Se tutti gli eletti del partito democratico rinnegassero oggi il loro leader che li ha candidati, effettivamente i numeri sulla carta per un governo ci sarebbero. Ma senza Renzi, quale Pd resterebbe? Leggi anche: Indiscreto al Colle: i due nomi di Sergio Mattarella per Palazzo Chigi Quello dei nipotini di Pierluigi Bersani, di Massimo D'Alema, e dei vari Dario Franceschini e Andrea Orlando. La classe dirigente quindi che aveva le redini del partito nell'autunno 2011. Gente che, priva di qualsiasi coraggio, decise di far nascere il governo di Mario Monti, diventandone non solo azionista, ma il vero regista. Il Movimento Cinque stelle, ascoltando queste sirene, finirebbe direttamente nelle braccia di chi ha inventato la legge Fornero e si è rassegnato alle politiche di austerity che hanno messo l'Italia nella morsa dell'Europa di Angela Merkel e delle banche. BANCHE, MIGRANTI... Appartengono proprio a quel Pd, di cui fu figlio pure il governo di Enrico Letta, le leggi per salvare le banche italiane, che fecero infuriare i parlamentari a cinque stelle che diedero l'assalto ai banchi dell'esecutivo e a quello della presidente della Camera, Laura Boldrini. Come appartiene a quella sinistra a cui si vorrebbe far unire Di Maio e il suo movimento, la peggiore retorica del migrante sempre buono, delle ong sante e beate, delle frontiere non aperte, ma spalancate, e ovviamente del razzismo contro cui si è battuto M5S con toni non dissimili da quelli usati da Matteo Salvini. Allora è da perfetti grullini, più che da grillini ascoltare farsi rapire come sembra stia avvenendo dal canto di quelle sirene, che non paiono affatto disinteressate. Così come da grullini parvenu, e non da grillini inorgoglirsi, invece di terrorizzarsi, per l'abbraccio più soffocante e letale che in Italia ci sia mai stato: quello di Eugenio Scalfari e di quel mondo radical chic che ha sempre orbitato intorno al quotidiano La Repubblica. QUANTE VITTIME Un abbraccio che uccise nella prima Repubblica quando di Maio manco era ancora nato, il povero Ciriaco de Mita, mandato a schiantarsi grazie ai consigli continui della premiata ditta Barbapapà & c. E da lì in poi quella compagnia avrebbe avvelenato ogni politico di buona speranza, che appena toccato dal magico bacio scompariva subito da ogni orizzonte. Negli anni la disgrazia (colpevole per non avere resistito al fascino delle moine) avrebbe rovinato Romano Prodi e tanti altri poveretti fino a quando non è venuto il turno dello stesso Matteo Renzi. Uno avrebbe immaginato un brivido gelato quando Scalfari davanti a Giovanni Floris che conduceva Dimartedì ha improvvisamente dato il suo generoso abbraccio a Di Maio, poche settimane dopo avere seccato il povero Silvio Berlusconi alla stessa maniera. E invece ha inorgoglito i grillin-grullini questa conversione di salotti radical chic e poteri della sinistra italiana con la stessa stoltezza della celebre favola della rana e dello scorpione. Eccolo lì il vecchio mondo radical comunista a timbrare con il proprio pungiglione velenoso il nuovo arrivato nei salotti della politica. C'è perfino Legacoop ad omaggiare i grillini, convinti che da lì venga la magnifica occasione di ritrovare spazi che si erano un po' ristretti nell'era del pd renziano. DAL POPOLO AI PARIOLINI Non viene nemmeno in mente ai vincitori ai punti della prova elettorale del 4 marzo che quella sinistra che oggi fa loro moine per usarli come l'ennesimo taxi, proteggendo i propri affarucci, è invece il principale bersaglio di quella rivolta della gente che li ha portati così in alto. Chissà che sinistra avranno mai in mente i Cinquestelle che si fanno rapire da quelli lì, convinti che la compagnia sia chissà che. Con il popolo non c'entra più nulla - e ben si capisce dai numeri ottenuti - sono i mantenuti dei Parioli, dei ricconi dei centro-città, davvero un altro mondo. Basta fare un test in una fabbrica, e si capirebbe: lì non raccolgono nemmeno uno straccio di voto, andato alla Lega o proprio al Movimento 5 Stelle che era l'ultima loro speranza. Sarebbe oltre che grullo, anche perfido tradire quella attesa per spianare il ritorno al potere di quella muffa ex comunista. di Franco Bechis @FBechis

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