TRAVAGLI DEMOCRATICI

Pd, la grana delle deroghe

Dei quattro consiglieri uscenti con già tre legislature sul groppone solo alla Pentenero verrebbe concessa la possibilità di ricandidarsi. Reschigna non sarà in lista, ma resta il braccio destro di Chiamparino anche in una futuribile giunta. Motta nel listino e Boeti fuori

Hanno rinviato il più possibile, cincischiando ed eludendo per non farne un altro, esplicito, tema divisivo del congresso, ma adesso per il Pd la questione delle deroghe si fa... inderogabile. Porte aperte ai consiglieri con tre legislature sul groppone che vogliono provare a fare un quarto giro a Palazzo Lascaris, oppure rigida applicazione dello statuto che quell’eventualità la vieta?

Il nodo era già emerso con una certa forza nei mesi scorsi senza lasciar intendere se sarebbe stato inevitabilmente scorsoio per i veterani di via Alfieri, oppure si sarebbe sciolto come briglie lasciando chi tra loro ha intenzione di correre con Sergio Chiamparino libero di farlo. Il clima che ha accompagnato le primarie non aveva certo bisogno di ulteriori elementi di tensione. Una sordina piuttosto evidente quella messa nelle scorse settimane, anche se neppur troppo nascostamente le posizioni dei due principali competitor era apparse abbastanza chiaramente.

Il senatore Mauro Marino era parso orientato a non concederle, mentre le deroghe per Paolo Furia erano materia da maneggiare con estrema cautela, salvo poi mostrarsi di fatto aperturista una volta eletto e rapidissimamente allineatosi con chi il blocco del terzo mandato non ha mai negato di non digerirlo affatto, ovvero Chiamparino.Non è una banale concidenza l’utilizzo da parte del neosegretario, per rispondere alla domanda se concederà o meno le deroghe (decisione peraltro in capo formalmente alla direzione) di quella che da tempo è una parola d’ordine del governatore: “La questione andrà affrontata seguendo un unico obiettivo, quello di far prendere più voti possibile al Pd”, traduzione del “bisogna far correre tutti quelli che possono portare più voti” ribadita più volte dal Chiampa.

Due posizioni, quelle di Furia e di Marino, che in qualche modo hanno inciso sul risultato e sicuramente su alcuni posizionamenti a favore dell’uno o dell’altro. Non certo solo per questo, ma decisi oppositori delle deroghe come gli attuali consiglieri Daniele Valle e Nadia Conticelli (quest’ultima divisa nella scelta congressuale dall’amica storica Paola Bragantini) hanno appoggiato Marino, il cui nome era stato fatto da un altro assertore della linea senza concessioni come il senatore Mauro Laus, certamente non disinteressato a fermare pesanti portatori di voti per agevolare l’elezione del suo uomo in via Masserano, ovvero Mimmo Carretta.

Ma è ad altri nomi che, ovviamente bisogna guardare: quelli dei diretti interessati. Sub iudice ci sono il presidente del Consiglio regionale Nino Boeti, la sua vice Angela Motta, il numero due di Chiamparino, Aldo Reschigna e l’assessore al Lavoro Gianna Pentenero. E sarà proprio quest’ultima, in base alle informazioni dello Spiffero, la sola a fruire della deroga. Molto attiva nella campagna a sostegno di Furia, dotata di un granaio pieno di voti, Pentenero è anche uno dei nomi sui quali il presidente della Regione non pare aver alcuna intenzione di metterci una riga sopra. Impensabile immaginare il nuovo segretario non tener conto dei desiderata del Chiampa. Tanto più che per l’altra figura ritenuta irrinunciabile dal governatore in caso di una sua vittoria, il suo mister Wolf dei conti il problema non si pone: Reschigna ha ribadito di non volersi ricandidare dedicandosi all’aiuto del Chiampa sul fronte della campagna del Sì. In caso di riconferma dell’attuale maggioranza la sua poltrona da vice è bell’e pronta e l’ingresso sarà da assessore esterno.

Dando conto dei rumors che indicano come a dir poco estremamente difficile, anche facendo leva sull’anagrafe, una deroga per Boeti, questo sarebbe reso meno imbarazzante per chi dovrà esprimersi dal fatto che nemmeno alla consigliera astigiana sarebbe concesso ripresentarsi nella lista del Pd. Per lei, anche in considerazione della necessità di coprire la presenza femminile, sarebbe pronto un posto nel listino.

Insomma, tra deroghe sì e deroghe no alla fine sarà un deroghe ni. 

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