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Agire
Ruba un'auto e si lancia contro il Santuario di Pompei

L'autore del gesto del 22enne di nazionalità algerina già espulso dalla Francia. Arrestato, è stato processato con rito direttissimo e condannato a 2 anni e mezzo

Un giovane di 22 anni di nazionalità algerina, approdato in Italia dopo essere stato espulso dalla Francia, espulso di nuovo dal questore di Cagliari ma sempre rimasto nel nostro Paese, è stato arrestato a Pompei dopo essere bloccato dai vigili urbani: ha ha rubato un'auto e si è lanciato in via Bartolo Longo contromano, schiantandosi contro le fioriere che proteggono la Basilica del Santuario di Pompei da attacchi terroristici.

Il giudice monocratico di Torre Annunziata Fernanda Iannone - come riferisce il Corriere del Mezzogiorno - ha convalidato il fermo, accogliendo la richiesta del pm, e disponendo la custodia cautelare in carcere. Furto di auto e false dichiarazioni a pubblico ufficiale i reati per i quali il 22enne è stato processato con rito direttissimo e condannato a due anni e mezzo. Gli atti sono stati inviati al pool antiterrorismo della Procura di Napoli per i necessari approfondimenti.

L’imputato avrebbe potuto ottenere i domiciliari (la legge lo prevede per le condanne inferiori ai tre anni), ma il giudice ha deciso diversamente: troppi elementi depongono a suo sfavore. Innanzitutto, argomenta il magistrato, bisogna tener presente «l’estrema pericolosità della condotta tenuta dall’arrestato, che per le modalità (invasione di zona pedonale, piazza normalmente frequentata da centinaia di persone nonché da migliaia di pellegrini in giornate festive), il luogo (piazza antistante al santuario della Madonna di Pompei), la personalità (soggetto di nazionalità algerina, irregolare sul territorio italiano, espulso dal territorio francese), le condizioni psico fisiche della persona (che aveva assunto, per sua ammissione sostanze stupefacenti e psicotrope), che evocano episodi di attentati terroristici». Non solo: il giovane algerino, nel corso dell’udienza di convalida, ha asserito «di non essere in condizione di sapere perché avesse compiuto quel gesto se non per sentirsi più vicino ad Allah, il che gli sarebbe stato reso più facile dall’assunzione di un farmaco».

Inoltre «l’arrestato nel corso dell’udienza ha continuamente emesso suoni labiali e recitato una litania araba in nome di Allah»: «vi è il concreto ed attuale pericolo che l’imputato commetta altri delitti della specie di quello per cui si procede» e pertanto «è necessario applicare, non potendosi allo stato presumere che egli si asterrà dal delinquere in futuro, la misura della custodia cautelare in carcere, poiché, allo stato, unica misura idonea a fronteggiare le esigenze cautelari; tale misura appare anche proporzionata alla gravità dei fatti commessi ed alle sanzioni applicabili al caso di specie». Elementi sufficienti quindi da richiedere un approfondimento da parte del pool antiterrorismo della Procura di Napoli.
30-03-2018

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