Roma (NEV), 17 aprile 2018 – Perché dialogare? Con chi, come e dove? Questi gli interrogativi che hanno scandito i lavori della Giornata di studio e incontro “Protestantesimo e islam: strade di dialogo”, promossa ieri a Firenze dalla Commissione studi-dialogo-integrazione (COSDI) della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), con la partecipazione di esponenti delle principali correnti dell’islam in Italia.
“Come protestanti, figli di una Riforma il cui significato nel nostro paese è stato distorto e misconosciuto per secoli, dobbiamo reagire agli stereotipi correnti sull’islam e favorirne una conoscenza corretta – ha detto nel suo saluto il presidente della FCEI, pastore Luca Maria Negro –. Come protestanti, che da poco hanno conquistato la libertà religiosa grazie alla stipula di intese con lo Stato, dobbiamo continuare a batterci per la libertà di tutte le comunità di fede”.
Paolo Naso (COSDI-FCEI), e coordinatore del Consiglio per le relazioni con l’islam italiano istituito dal Ministero dell’Interno, ha ricordato: “Non illudiamoci, abbiamo un handicap di partenza: l’islam in Italia è ancora discriminato. A Roma, negli ultimi mesi, sono state chiuse 5 moschee”.
A questo proposito Valdo Spini, valdese, già ministro della Repubblica, ha ribadito l’urgenza di una legge sulla libertà religiosa a garanzia dei diritti di tutte le espressioni di fede nel paese. Indirizzandosi ai musulmani presenti al convengo, ha tuttavia consigliato di non indugiare più per fare tutti insieme una Intesa con lo Stato, nonostante le varie correnti interne all’islam italiano.
Numerosi i punti emersi nel corso della giornata: dalla posizione della donna alle implicazioni teologiche del dialogo con altre tradizioni di fede; dal mancato riconoscimento giuridico dell’islam, al rapporto con le istituzioni; dalla lotta ai pregiudizi e all’islamofobia attraverso un incessante sforzo di conoscenza e formazione, non senza dimenticare la cornice più ampia all’interno della quale questo dialogo si colloca: in una società, quella italiana, in cui vige un sostanziale analfabetismo religioso. Insomma, tutti d’accordo nel dire che servono luoghi fisici, strutture appropriate, iniziative, dove facilitare e promuovere il dialogo.
Tra le “piste di dialogo” quello dell’impegno comune a favore della cooperazione interreligiosa. Su questo fronte, dal mondo protestante è arrivata una richiesta concreta: perché non pensare ad un lavoro comune per l’integrazione in Italia di chi arriva con il progetto ecumenico dei “corridoi umanitari”? 4/5 dei profughi che per questa via sicura e legale arrivano dal Libano, infatti sono musulmani.
Tra gli intervenuti presso l’Istituto Gould del capoluogo toscano, Izzedin Elzir, presidente dell’Unione delle comunità islamiche d’Italia (UCOII) e imam della moschea di Firenze; Aisha Lazzerini, rappresentante della Commissione affari giuridici della Comunità religiosa islamica italiana (COREIS); Massimo Cozzolino della Confederazione islamica italiana; l’iraniana Shahrzad Houshmand, docente di studi islamici alla Pontificia Università Gregoriana di Roma; Nibras Breigheche, membro del direttivo dell’Associazione islamica italiana degli Imam e guide religiose, e Abdellah Redouane del Centro islamico culturale d’Italia della Grande Moschea di Roma, che è stato molto chiaro: “non abbiamo altra scelta se non il dialogo”.
Per parte evangelica sono inoltre intervenuti i teologi valdesi Letizia Tomassone e Daniele Garrone. A rappresentare la chiesa cattolica don Cristiano Bettega, direttore dell’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Conferenza episcopale italiana (CEI), che ha messo l’accento sul “dialogo esperenziale”: “il dialogo con le istituzioni è certamente importante, ma non basta. Serve anche il dialogo nel quotidiano, nella realtà pratica di tutti i giorni”.
Soddisfazione per la giornata fiorentina è stata espressa dal pastore valdese Pawel Gajewski, moderatore della Sezione dialogo della COSDI: “Abbiamo avviato un percorso. La discussione certamente non finisce qui. Promuoveremo altri incontri, coinvolgendo non solo teologi, ma anche sociologi, politologi, massmediologi e soprattutto giovani”.
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