Libia. Autobomba ad Agedabia, diversi morti e feriti

di Vanessa Tomassini –

Ieri sera un’auto-bomba si è fatta esplodere all’altezza del gate 60, vicino alla porta orientale di Agedabia, capoluogo del Distretto di al-Wahat, in Cirenaica a circa 150 km da Bengasi. L’esplosione è stata udita in vaste aree della zona, che ha visto un intensivo aumento delle forze di sicurezza del generale Khalifa Haftar dopo l’attentato dello scorso 9 marzo. Secondo una dichiarazione del direttore dell’ospedale della zona, Maqrif Fattah Aelkezira, rilasciata al “Canale 218”, per il momento si contano 5 morti ed almeno 6 feriti, due dei quali in gravi condizioni sono stati portati d’urgenza in sala operatoria. Il dirigente dell’unità ospedaliera ha anche dichiarato lo stato di emergenza, invitando i cittadini a donare il sangue. Il comandante della camera di sicurezza di Agedabia, il comandante di brigata Fawzi Al-Mansouri, ha dichiarato che l’esplosione è stata causata da un’automobile imbottita di esplosivi proveniente da Bengasi, confermando la matrice terroristica dell’evento. Il comandante ha spiegato che il fatto che l’attentato abbia puntato la città di Agedabia rappresenta la volontà di colpire gli impianti petroliferi della mezzaluna, oltre ad essere un chiaro segno che nel mirino dei jihadisti ci sia la vicina Bengasi, dove i gruppi legati ad al-Qaeda e Daesh hanno perso la capacità di compiere grandi attentati, ma dove rimangono cellule ed elementi isolati in grado di compiere ancora attacchi di piccole dimensioni come questo. Il comandante ha anche rivelato che i terroristi prendono di mira proprio porte e check-point perché non sarebbero in grado di muoversi e organizzarsi all’interno dei centri abitati. Appare chiaro che le operazioni militari, non sono sufficienti a debellare queste cellule dormienti o disorganizzate. Gruppi salafiti-jihadisti infatti hanno mantenuto una presenza attiva in Libia a causa di diversi fattori come il declino degli standard di vita, l’emarginazione delle minoranze e un diffuso senso di vittimizzazione che hanno reso l’ex colonia italica l’ambiente ideale per la campagna di reclutamento jihadista. A questo va aggiunto il supporto che i gruppi islamisti ricevono da una certa classe politica all’interno e all’esterno della Libia. Per questo è necessaria sia una vasta attività di disarmo, sia bloccare l’afflusso di armi o materiale che possa essere utilizzato per la costruzione di ordigni rudimentali, ma soprattutto investire in attività educative e di supporto psicologico, migliorare la fornitura di servizi e opportunità per i giovani, oltre ad un percorso di reale riconciliazione che vada a coinvolgere tutti, incluse le minoranze.