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28 aprile 2024

Treviso

I gruppi della Diocesi di Treviso contro il decreto Sicurezza

"Una società dove la sicurezza è affidata solo alla forza è davvero una società più sicura?”

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I gruppi della Diocesi di Treviso contro il decreto Sicurezza

TREVISO - “Una società dove la sicurezza è affidata solo alla forza, dove aumenta la conflittualità sociale, è davvero una società più sicura?” La Diocesi di Treviso con i suoi cinque uffici di pastorale (Caritas, Migrantes, Pastorale Sociale e del Lavoro, Centro Missionario e Pastorale della Salute) attacca il decreto Sicurezza voluto dal vicepremier Matteo Salvini sulla gestione dei richiedenti asilo.

“All’inizio di dicembre è diventato legge dello Stato il «decreto sicurezza», con misure restrittive ben precise nei confronti degli immigrati. Il loro capitolo è stato unificato con altre norme, relative alla polizia o alla gestione dei beni sequestrati alla mafia, come a far passare che gli stranieri fanno paura, perciò vanno trattati come un problema di sicurezza. Per inciso, sono provvedimenti riguardanti i “richiedenti asilo”, cioè il 4-5% degli stranieri attualmente residenti in Italia. E’ un “anticipo” anche per tutti gli altri?”, attacca la Diocesi.

“La cancellazione del permesso per motivi umanitari, che rispondeva all’articolo 10 della nostra Costituzione dando protezione per “gravi motivi umanitari”; la restrizione nell’accesso allo Sprar (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati), che permetteva, insieme ai provvedimenti relativi ai Centri di accoglienza, di provvedere al tempo necessario per l’esame della domanda di asilo e per avviare un minimo di inserimento sociale. Ma in questo modo - avvertono i gruppi diocesani - si creerà anzitutto un considerevole aumento di stranieri irregolari sul territorio, meno controllabili, a rischio di comportamenti devianti. Siamo sicuri di essere in grado di «rimpatriarli tutti»?”.

“I fondi messi a disposizione permetterebbero un rimpatrio di meno di 900 persone in tre anni. Rispetto ai proclamati 500mila irregolari, o, da stime più prudenti, 250mila. Siamo sicuri che sia proprio questo il modo per stare più sicuri?”. E aggiungono:” “I fondi destinati ai rimpatri sembra riducano a nulla i finanziamenti su servizi come i corsi di italiano e l’accompagnamento a formulare la domanda di protezione: rischiamo di ritrovarci con gente ancor più disorientata, alla quale risulterà oggettivamente ben più difficile capire come rispettare le nostre leggi”.

“Questi provvedimenti - affermano i gruppi della Diocesi senza giri di parole - sembrano confermare che per garantire la sicurezza il modo unico e migliore sia usare la forza. Non rischiamo così di legittimare anche nei rapporti sociali quotidiani un’aggressività sempre più spinta? Dove si fermerà questa tendenza? Agli immigrati? O raggiungerà anche tutti gli altri diversi? Diversi per sesso, o nelle abilità fisiche o mentali? Una società dove la sicurezza è affidata solo alla forza, dove aumenta la conflittualità sociale, è davvero una società più sicura? O la sicurezza davvero efficace nasce da rapporti positivi tra vicini di casa, di qualunque nazionalità, disposti ad aiutarsi reciprocamente per migliorare il bene di tutti? Una società che investe nella costruzione più ampia possibile della coesione sociale e del bene comune?”.

 



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