Ritorna anche in questo week-end di ottobre la rubrica con la quale “L’Opinione delle Libertà” dà voce e spazio ai volti noti e meno noti della letteratura italiana. Questa settimana vi consigliamo “Leone” di Paola Mastrocola (Einaudi). 

Paola Mastrocola risiede a Torino. Ha insegnato Letteratura italiana all’Università di Uppsala in Svezia, docente poi presso il liceo scientifico di Chieri (Torino). Premio Italo Calvino per l’inedito 1999 per La gallina volante; Premio Selezione Campiello 2000 per La gallina volante; Premio Rapallo-Carige per la donna scrittrice 2001 per La gallina volante; finalista al premio Strega 2001 con Palline di pane; Premio Campiello 2004 per Una barca nel bosco; Premio Alassio Centolibri - Un autore per l’Europa 2004 per Una barca nel bosco. Del 2015 è il romanzo L’esercito delle cose inutili, per Einaudi; ha poi pubblicato L’anno che non caddero le foglie (Guanda, 2016), L’amore prima di noi (Einaudi, 2016) e Leone (Einaudi, 2018).

La Storia

Ci sono gesti semplici ed essenziali, come quello di una preghiera, capaci di rassicurare, di comprendere e di spronare; capaci di ricongiungere la caducità umana all’eternità divina. E non importa se ad invocare la preghiera sia un adulto oppure un bambino, ciò che conta è aprire il cuore e l’anima.

In una società dominata dall’incertezza, votata ai miti del consumo, dell’efficienza e della felicità a tutti i costi, non c’è spazio per le preghiere di Leone, bambino di sei anni solitario e timido. Per lui, quello della preghiera, è un bisogno tanto spontaneo quanto puro, sia che si trovi in mezzo ad una folla frettolosa, al cinema, o nel bagno di casa sua. La Vergine Maria, il Padre Nostro, o l’Angelo di Dio, sono quasi degli amici in cui trovare rifugio nei momenti di sconforto, a cui confidare le proprie paure e la propria solitudine.

C’è la mamma, Katia, donna separata di trentasei anni, troppo presa dal lavoro e dalle difficoltà quotidiane per considerare quei gesti altro da una stramberia infantile. “Il bambino che prega” diventa per il quartiere e per la scuola motivo di derisione, ma, per alcuni, si traduce in motivo di speranza e di fede. E quando si scatena il diluvio, l’evento che non si può dominare, quando tutto si paralizza e le paure riaffiorano dirompenti come l’acqua, quella che sembrava la stravaganza di un bambino diventa il bisogno primordiale di tutti.

“Lo spettacolo del mondo nelle mani di un bambino. Leone ha sei anni e ogni tanto, senza una ragione, si mette a pregare nei luoghi più impensati. Lo fa perché ha paura, perché desidera, perché si sente solo? Sua madre, che non crede, continua a interrogarsi, mentre vive la sua vita frenetica di donna separata, tutta presa dal lavoro e dalle fatiche quotidiane. Leone prega, e le cose che chiede un po’ si avverano. Si sarebbero avverate comunque? E quanto conta il filo segreto che lega una nonna e un nipotino? L’unica certezza è che il mondo intorno cambia, e nessuno sarà più com’era”.

Paola Mastrocola crea un mosaico emozionale in cui ogni tassello narrativo brilla di luce propria. Ci apre gli occhi, come un pugno di velluto, su degli spaccati sociali drammatici, dalla totale eclissi del cristianesimo e dei valori umani più essenziali, alla disperazione nascosta di molti bambini, figli di genitori separati, spesso parcheggiati qua e là dopo la scuola, bisognosi di quei rituali tanto ricorrenti quanto rassicuranti, come il bacio della nonna o il gioco del comò. “Leone”, nel nome e nell’animo, costringe a riflettere sull’importanza di credere in qualcosa, sull’esigenza di ritrovare il sacro che si cela sotto il manto di superficialità che avvolge il mondo. Una storia ristoratrice come la pioggia dopo un periodo di secca, che restituisce colore agli animi più sbiaditi.

 

 

 

 

Aggiornato il 19 ottobre 2018 alle ore 19:22