Le indecenti gambe dei tavoli

Non ce ne siamo ancora accorti, ma, in forme diverse dal passato eppure altrettanto (se non maggiormente) incisive, sta tornando, passo dopo passo, la vecchia, occhiuta e non rimpianta sessuofobia.

Dopo il bikini e Mary Quant e un ’68 un po’ schizofrenico, che alle ideologie totalitarie unì però anche una forte pulsione verso la liberazione del costume, gli anni Ottanta, in Occidente, sono stati uno dei periodi più liberi di tutti i tempi e in tutti i campi. Incluso il sesso. La deregulation e la detassazione in economia, la diffidenza verso lo stato padrone in politica, la filosofia individualista nel privato, si unirono (oltre alle nuove tecniche contraccettive) alla considerazione che nessuno può essere padrone del proprio partner e il risultato fu uno dei periodi più liberi (e divertenti) della storia sul piano dei comportamenti sessuali.

Per carità non è stata la prima volta, non a caso, ad esempio, il Settecento illuminista fu detto il secolo dei libertini, tuttavia stavolta il fenomeno non era solo limitato alle classi alte, ma anche a molti del cosiddetto proletariato (anche per la diffusione della scolarità superiore) e a quasi tutta la classe media. Un periodo migliore anche della belle époque o dei “rombanti anni Venti” americani, con un recupero del divertimento e una contemporanea (e fortunata) diminuzione dei furori ideologici integralisti e dei loro drammatici esiti. La gente pensava un po’ più di oggi a divertirsi e meno a come accoppare gli altri. Le chiese, specie delle religioni monoteiste, deprecavano la situazione, ma non potevano farci molto, perché la libertà di costume (incluse le minoranze prima discriminate, come gli omosessuali) poggiava su di un più generale principio di libertà, come valore, in tutti i campi. Il crollo del comunismo, col rientro della Russia e dell’est europeo nell’alveo e nel costume occidentale, sembrò il suggello di questa evoluzione storica. Ma già era cominciata una reazione, perché coloro che consideravano l’amministrazione della morale come un fondamentale strumento di potere e le libertà individuali fonte di disordine, non potendo di colpo restaurare le ormai logore consuetudini (come l’ostentazione del pudore o il mito della verginità), cominciarono a reagire in modo nuovo, facendo campagne su singole deviazioni, in sé certo molto gravi e pericolose (come le aggressioni sessuali o la pedofilia), ma presentandole come molto diffuse e quasi paradigmatiche di una situazione di generale degrado da sanare con nuove leggi di emergenza, il cui raggio d’azione tendeva però ad andare oltre i casi veri per assumere un significato molto più esteso.

Il contemporaneo risorgere di un nuovo attivismo religioso di carattere integralista, intimamente legato a forme di nuovo nazionalismo in molti Paesi emergenti, si prestava poi molto a fare di ogni erba un fascio e ad attribuire tutti i mali del mondo alla “corruzione e decadenza” del mondo libero, visto in quest’ottica proprio perché libero. E anche da noi alcune istituzioni religiose si accodarono contro lo “sfrenato individualismo”, perché troppo indipendente e troppo libero, dimenticando completamente che il Cristianesimo, in sé, dovrebbe avere più a che fare con la libertà che con l’Inquisizione.

Altri fattori contribuirono a generare una reazione, come il contemporaneo presentarsi di nuove malattie (l’Aids, di cui oggi si parla assai poco, ma che all’apparire atterriva perché completamente sconosciuto) che spinse verso forme di prevenzione contro la promiscuità sessuale con la conseguente chiusura di molti pubblici locali (come il Plato’s Retreat, oggetto all’epoca di diffusissime analisi sociologiche e mediatiche) che erano sembrati emergere dalla semiclandestinità cui la società li aveva tradizionalmente condannati. Ma era ancora una reazione relativa, una reazione che ancora non intaccava i comportamenti di massa privati, la libertà sessuale era vista sempre come un valore, mentre il culto di castità e fedeltà al matrimonio indissolubile, continuava a essere considerato come un retaggio dei secoli bui.

Poi si cominciò a esagerare, quando, inopinatamente, una certa cultura di sinistra, che tradizionalmente era stata invece assai aperta, cominciò a scoprire i “rapporti di classe” sul luogo di lavoro, considerando le avances tra dipendenti, se avvenute all’interno di un rapporto gerarchico, come una sorta di costrizione sempre e comunque esistente, anche quando non imposte, anche se magari sollecitate dalla parte non dominante, per voglia di vantaggi o vero sentimento, con la conseguenza di una campagna nelle strutture pubbliche e nelle aziende private di criminalizzazione dei comportamenti affettivi al loro interno. Ricorressero seduttori e seduttrici, anziché alle conoscenze nel loro normale ambiente di vita, alle rubriche di cuori solitari. Poi la cosa ha cominciato a estendersi a dismisura, la vecchia morale bacchettona si è riproposta e rivitalizzata nell’unione con la critica ideologica al denaro (il denaro sterco del demonio, detto che però anziché al sesso applicherei alle istituzioni bancarie religiose) fino quasi a considerare tutto mercificazione, fino quasi all’assurdo di considerare una sorta di stupro virtuale qualsiasi iniziativa sentimentale di persona ricca e potente o di implicita disposizione alla prostituzione se di persona meno abbiente.

L’antica disposizione delle sinistre a voler costruire con divieti e regole “l’Uomo nuovo” (che oggi, tramontato ormai l’ingenuo operaio Stakanov, deve essere ecologico, altruista, legalitario e salutista) si è sposata col concetto classico dell’uomo peccatore, per dar vita ai nuovi Savonarola, che vogliono redimere e soprattutto controllare tutti, uomini e donne, che, così come naturalmente sono, a loro proprio non piacciono. E anche alcuni gruppi più radicali e militanti, tra quelli che pure avevano beneficiato della liberazione dei costumi anche per gli omosessuali, hanno avuto una parte (inavvertita?) nell’ondata di nuovo e aggressivo moralismo, nel contribuire a esagerare il mito del maschio predatore e della femmina vittima o profittatrice. L’eguaglianza degenerata in egualitarismo tende poi a considerare ogni caratteristica di spicco, come ricchezza, influenza o semplicemente fascino, anche quando legittima e generata dal proprio merito, come qualcosa di gravemente condizionante, se rapportata ai rapporti personali.

Insomma, è una campagna per un nuovo proibizionismo dei costumi che minaccia, con argomentazioni apparentemente politically correct, libertà che credevamo conquistate. Ed è difficile opporsi o anche solo mantenere il sangue freddo, la campagna è così virulenta che si vedono persone, anche colte e con la testa sulle spalle, cedere ai nuovi dogmi, astenersi dal criticarli e magari anche sacrificare la loro vita privata, piaceri, amori o anche solo simpatie e tenere consuetudini, per paura del moderno “che cosa dirà la gente”.

E così, per scansare voci, critiche o anche solo equivoci, molte persone normali subiscono involontariamente una sorta di nuova intimidazione, non molto dissimile da quelle di una volta, con argomenti apparentemente diversi, ma che finiscono per unirsi con quelli vecchi, perché alla fine la cosa da vietare è sempre quella conosciuta come amore libero. È sempre stato difficile essere liberi e liberali, per gli altri e per se stessi e sta tornando a esserlo, in questo come in tutti gli altri campi. Così un nuovo moralismo senza etica, ci sta riportando lentamente verso i secoli della chiusura, del sospetto, dell’intolleranza, dei guardiani della fedeltà e della temperanza, del potere clericale e togato. Avrà forme diverse dall’antica pruderie Vittoriana, che fasciava le gambe dei tavoli, perché le “gambe nude” potevano far pensare alle gambe femminili, troverà le sue di forme, nuove e stringenti, ma saranno comunque regole contro la gioia della libertà. Perché per costoro in realtà non è il denaro ad essere sterco del demonio e neanche il potere o il piacere, quello che realmente non tollerano è la felicità.

 

Aggiornato il 03 maggio 2018 alle ore 15:34