Una chiesa sorge in Libano grazie ai soldati italiani

Ho un caro amico impegnato militarmente in Libano, il Paese dei cedri che ha visto sorgere e mantenersi il Cristianesimo sin dai primi anni ad oggi, in un paesaggio splendido illuminato dal fragore delle battaglie lungo i secoli e che – nel rispetto delle regole militari – ogni tanto mi racconta, perché lo fa come si fa tra amici, della sua vita in quei territori.

Ma oggi i nostri soldati sono lì anche per un compito che va oltre le regole d’ingaggio. Gli italiani, i soldati d’Italia, preservano e curano l’importante patrimonio culturale ed artistico di quelle terre incastonate tra il mare e le montagne. Grazie a loro, a pochi passi dalla grande moschea dalle azzurre cupole che sorge nel centro di Beirut, adesso si erge una chiesa cattolica, a sua volta vicino alle vestigia d’un tempio pagano. È la prima chiesa cattolica sorta tra Sidone e il confine Sud, ed è merito del Quartier generale italiano della missione Unifil, comandata dal generale Stefano Del Col. La brigata Garibaldi ha compiuto un miracolo, a Dio piacendo, costruendo un edificio sacro che porterà anche un esempio dell’arte sacra italiana con la Via Crucis dell’artista Antonio Tafuro.

Se il Paese è oggi in lenta ma costante ripresa, è anche un po’ merito di uomini di valore che non soltanto imbracciando le armi, ma anche con la “buona volontà”, compiono queste imprese che riguardano l’arte e la cultura, dunque la civiltà italiana che da quelle sponde, un tempo lontano, è sorta con Enea e poi con il Cristianesimo ed i Crociati.

Soldati che salvaguardano beni senza prezzo, resti archeologici, preservandoli da distruzione e furti, e che così facendo garantiscono il turismo e anche la crescita economica e sociale di quelle popolazioni, sostenendo così anche chi ha meno e dando loro una vita dignitosa. Questa è l’Italia che pochi conoscono, che opera silenziosamente e con efficacia lontano dai riflettori, dalle luci delle ribalte televisive. Non ci sono inviti ai talk-show per questi uomini, silenti, sorridenti, umani nel senso migliore del termine seppur con la vita a rischio in ogni istante. Anche a loro, lontani e al tempo stesso così vicini, dobbiamo dire grazie se il mondo riesce ancora ad evitare la lunga notte.

Aggiornato il 09 marzo 2019 alle ore 15:25