Il re è nudo

Parliamoci chiaro, in fondo Luigi Di Maio sta facendo un gran favore a tutti quelli che immaginavano quanto i grillini fossero “diversi” dagli altri. Per anni Beppe Grillo ci ha assordati sulla indisponibilità assoluta a qualunque contaminazione, al disinteresse alle poltrone, al rispetto degli italiani e al disprezzo dei riti da Prima Repubblica.

Oggi il capo assoluto e vero padrone del Movimento 5 Stelle, si dichiara adattabile, paragona il suo gruppo alla Democrazia Cristiana, tratta su tutto e insegue poltrone e incarichi a gogo. Come se non bastasse, espelle e recupera a piacimento questo o quel rappresentante, cambia continuamente pene e sanzioni a seconda della convenienza, obbliga Di Maio a fare il soldatino dei suoi desiderata.

Insomma, passo dopo passo si svela sempre più non solo la natura vera del Movimento, ma un livello di arroganza, presunzione e un insopportabile mancanza di rispetto degli altri da brividi sulla schiena. Oltretutto Grillo costringe Di Maio a figure ridicole, rispetto sia al dettato costituzionale e sia a quello popolare al quale finge di riferirsi. Del resto fare finta di non capire che non siamo una Repubblica presidenziale, che gli italiani per il trentasette per cento hanno chiesto un Premier di centrodestra, che tutti i partiti in Parlamento abbiano dignità democratica, la dice lunga.

Qui non si tratta solo dei veti ridicoli su Forza Italia e sulle teatrali apparenze da “Operette Morali” di Leopardi, ma di un abito mentale rischioso e piuttosto illiberale. Pretendere la premiership non avendone né i voti né i titoli legislativi (il “Rosatellum” parla di coalizioni), imporre conventio ad excludendum alla sudamericana, affermare una superiorità che fino a ora non esiste, puzza di bruciato e basta. Del resto trascorsi due anni dalla investitura dei pentastellati al governo di alcune grandi realtà urbane, Capitale compresa, i risultati promessi non esistono nemmeno per sbaglio. Come non esiste nemmeno per sbaglio uno straccio di reale pluralismo interno, di autocritica, di libertà d’espressione.

Insomma, dalle parti di Grillo esiste solo lo strombazzamento della superiorità su tutti, della proprietà di una verità assoluta e di una voglia smodata di comando da far tremare i polsi. Si fa finta di non capire che il trentadue per cento è molto meno del trentasette, che siamo una democrazia parlamentare, e che la Costituzione impone delle regole.

Per farla breve, i Cinque Stelle, seppure in una versione 4.0, ricalcano i proclami di una sinistra radicale che aveva della democrazia un concetto personalistico così come dell’uso delle masse. Ecco perché suggerimmo sommessamente a Matteo Salvini di andarci piano ancora prima dell’elezione dei presidenti delle Camere. Fortuna che il capo dello Stato da esperto costituzionalista, non solo non farà sconti a nessuno, ma procederà nell’esclusivo interesse del Paese che di problemi da risolvere ne ha tanti eccome. Se è vero che lo scorso 4 marzo gli italiani abbiano indiscutibilmente richiesto novità e politiche diverse, è altrettanto vero che la coalizione vincente, il centrodestra, abbia tutto il diritto e il dovere di provare ad offrigliele.

 

Aggiornato il 28 marzo 2018 alle ore 17:35