Oddio, mi scappa il voto!

Votare è sinonimo di “svuotare”. Per la legge dei vasi comunicanti, infatti, le elezioni reiterate nel breve termine sono finalizzate a far scendere più rapidamente il livello dei consensi delle formazioni rivali per innalzare i propri.

Sembrerà paradossale, ma puntare sul voto balneare in pieno solleone significa, per un banale calcolo delle probabilità, andare a incidere sull’astensionismo più o meno necessitato (prenotazioni da non perdere, last-minute da cogliere) di classi di votanti che vanno dai ceti borghesi della maggioranza silenziosa che votano Partito Democratico o Forza Italia, a quelli delle fasce giovanili abituate a viaggiare in economy. Questi ultimi sono statisticamente molto più presenti al centro-nord, rispetto al Sud che, invece, è più stanziale da quel punto di vista, approfittando della stagione turistica estiva che mette a disposizione moltissimi lavori stagionali nell’alberghiero, nella ristorazione e nei servizi collegati all’accoglienza turistica. Questo per dire come la data del voto non sia poi del tutto neutrale sotto ogni punto di vista.

Altra questione: perché, in fondo, se si ritiene questa legge elettorale a impianto prevalentemente proporzionale la causa di tutti i mali attuali non la si provvede a correggere tempestivamente, visto che da sole Lega e M5S hanno la maggioranza assoluta in Parlamento e possono procedere senza colpo ferire a votare un maggioritario che, effettivamente, insedi il giorno dopo il voto un “vincitore” al governo di questo Paese? Il mistero è, in realtà, presto chiarito: politicamente, Di Maio va subito al voto perché il tasso di logoramento del M5S sarebbe rapidissimo in caso che si consolidasse un governo senza di loro. Quindi, la mossa sembra studiata da molto tempo tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini: recitare la parte dei Ladri di Pisa, che litigano di giorno ma vanno assieme a rubare la notte, proprio per smantellare definitivamente il potere coalizionale di Forza Italia e Pd, usciti decimati dal risultato elettorale del 4 marzo 2018. Se così fosse però, perché non prendersi un minimo di tempo per evitare seri rischi di gestioni provvisorie di bilancio e fare una nuova legge elettorale?

La risposta è semplice: per sventare qualsiasi opposizione e fronda interna dei parlamentari uscenti (“sloggiati”, sarebbe meglio dire) del M5S, Di Maio ha bisogno di riconfermarli tutti nei precedenti listini proporzionali e collegi uninominali, mantenendo quindi intatto il tanto biasimato “Rosatellum”. Beppe Grillo, in previsione, ha rimesso il turbo sul suo famoso “Vaffa” a Europa senza popolo ed Euro, soprattutto a seguito del scontatissimo, avvenuto rinnovo del mandato presidenziale a Putin. L’ambizione dei “garanti” del Movimento è, in fondo, quella di fare l’Italia il vero ago della bilancia nei nuovi rapporti internazionali, con spostamento dell’asse delle alleanze verso la Russia che, guarda caso, è l’unica e detenere per i prossimi cinquanta anni il destino futuro del nostro approvvigionamento energetico. Tanto più che Vladimir Putin domina in Medio Oriente, mentre gli Usa isolazionisti sono troppo sbilanciati nel sostegno ai sunniti sauditi contro gli sciiti, quando servirebbe una mediazione occidentale ad altissimo livello per evitare l’implosione di quella regione troppo strategica e vitale per tutti noi. Se dovessi fare una notazione del tutto personale, tenderei a condividere la riflessione di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera del 9 maggio, che parla per i tre giovani leader (Renzi, Salvini e Di Maio) di un’acuta mancanza di capacità dialettiche, di cultura e, soprattutto, di vere esperienze nel mondo del lavoro e che, ahimè, spesso confondono “Arbitro con arbitrio”!

 

Aggiornato il 10 maggio 2018 alle ore 15:58