Da Pericle a Grillo, la democrazia è una cosa seria

Il problema con Beppe Grillo è che i giornalisti, italiani e esteri, continuano ad intervistarlo. A considerarlo uno che ha cose innovative da dire. E a cercare di fare notizia con le sue sparate da comico di strapaese. Tracciando persino improbabili fili rossi che collegano Pericle a lui a proposito della involuzione della democrazia. Questa nobilitazione filosofica di idee bislacche, per niente originali e semplicemente autoritarie (in maniera vagamente furbetta), fa parte del problema. Anzi è il vero problema.

Con queste persone, pur non potendo ignorarne il successo e l’ascesa per motivi strettamente cronachistici, bisognerebbe usare la tattica che si ipotizzò con i terroristi brigatisti: staccare la spina. Anzi fare in modo che se la stacchino da soli. Con le rispettive incongruenze, con le panzane di cui riempiono il paese, le tv, i giornali e i talk show. Nonché il sacro blog e in genere tutti i social media che servono solo ad amplificare una eco di per se già distorta. Purtroppo però l’informazione italiana, malata di protagonismo e provincialismo come lo erano i pm d’assalto dei primi anni ’70, non perde un’occasione di perdere un’occasione. Per citare le parole di Ben Gurion e di Golda Meir riferite alle dirigenze arabo palestinesi che rifiutavano la mano tesa dello stato ebraico quando ancora la pace sembrava possibile.

Così come negli anni ’70 eravamo costretti a leggere su giornali e settimanali interminabili comunicati brigatisti pieni di idiozie e di analisi marxiste mal digerite – per non parlare delle esegesi del nulla che facevano i vari filosofi del momento – oggi siamo altrettanto costretti a leggere non solo le idiozie di Grillo, Di Maio, Toninelli, Bonafede e Di Battista, e spesso anche di Salvini, ma pure a sorbirci le analisi degli pseudo think tank che li fiancheggiano. O a sorbirci in tv e altrove le banalità di filosofi come Diego Fusaro che ha un cognome dalla rima assai facile. Insomma stiamo nobilitando il nulla assoluto per tentare di capirlo. Come se ci trovassimo di fronte a pensatori come Giovanni Gentile o Martin Heidegger. Così però quello che si sta ottenendo è solo di nobilitare idee che di per sé sono ignobili (“superamento della democrazia”, “abolizione del Parlamento”, “democrazia diretta”) e di presentarle alla massa pseudo acculturata che tracima dai social network come se avessero la stessa dignità di quelle liberali e democratiche. O persino marxiste. Non è così. Grillo non è Hegel e Di Maio non sarà mai De Gasperi. Come Salvini al massimo può essere un ducetto in sedicesimo. Se si comincia a capire questo, ecco fatto il primo passo per ridicolizzare chi da mesi sta ingannando un intero paese con profondo cinismo, senza curarsi di eventuali conseguenze economiche. Che purtroppo ci saranno. E pagheranno anche quelli che agli asini che volano non ci credono. Gli italiani però non possono sottrarsi a un giudizio negativo sulle proprie scelte elettorali e culturali: nessun alibi del tipo “e allora il Pd?” o “ancora con Berlusconi?”.

Aver voluto provare anche questa formula politica per reazione alle delusioni precedenti è solo un alibi. Anche i tedeschi votarono Hitler per disperazione dopo i disastri di Weimar. Ma non per questo vennero assolti quando arrivò il processo di Norimberga. Se un intero popolo impazzisce dietro una classe dirigente criminale – come in quel caso – o dietro un circo Barnum di ignoranti o una manica di “pifferai” – come nel nostro – dopo non si venga a dire “io non avevo capito”. Se il popolo sceglie di essere plebe dopo è giusto che ne paghi le conseguenze.

Aggiornato il 30 luglio 2018 alle ore 11:51