Lettera aperta ai socialisti erranti nel panorama politico

Il sistema politico italiano, dal 1994 in poi, non ha più avuto una forza socialista autonomista credibile. La responsabilità politica di ciò è solo dei socialisti. Tra opportunismo e individualismo, nessuno ha avuto la capacità e l’umiltà di voler creare una forza liberal-socialista. Nessun padre nobile della “Prima Repubblica”, se escludiamo il tentativo generoso di Gianni De Michelis, il quale ha avuto il coraggio e l’altruismo di creare le condizioni per la rinascita socialista. Anzi, chi ha tentato è stato osteggiato. In questo scampolo di fine stagione della “Seconda Repubblica”, ecco rifiorire iniziative di socialisti sparsi. Chi a destra, chi a sinistra (se ancora hanno un senso), chi con Matteo Renzi chi con i 5 Stelle e ancora con Liberi e Uguali, Potere al Popolo, con la Lega di Matteo Salvini, chi per conto proprio, con associazioni locali. Possiamo dire che abbiamo contaminato tutto il sistema politico e i corpi intermedi: sindacati confederali e autonomi, le associazioni imprenditoriali e alcune fondazioni. Molto attivi su Facebook ma assenti sul piano politico. Si potrebbe dire, molto rumore per nulla.

Un arcipelago ricco di individualità e specificità che invece di essere una ricchezza sono motivo di contrapposizioni puerili e infantili, “il socialismo è di sinistra”, “il socialismo non può stare con i fascisti”, “il socialismo è accoglienza”, “il socialismo non può stare con Silvio Berlusconi”, “il mio socialismo è più puro del tuo”, dimenticando ciò che disse Pietro Nenni: “A forza di essere puro, troverai sempre uno più puro che ti epura”. Il dato vero è che in tutti i tentativi si è puntato sulla nostalgia, sul cuore, sullo splendido passato dei tempi che furono, per non affrontare la responsabilità, mediante l’elaborazione di contenuti autonomi, tipici della nostra cultura e tradizione, di scegliere con chi stare, di volta in volta, preferendo poltrone sicure, facendo degli schieramenti una giustificazione ideologica per non fare politica. Di fatto, molti socialisti in questi anni sono stati degli utili idioti al servizio dello schieramento scelto. Questo Governo giallo-verde rappresenta sia l’obiettivo di ciò che si erano posti di realizzare, sia la finanza internazionale che il partito dei pubblici ministeri nel 1992, ma anche la fine del sistema nato nel 1992. In questi anni senza la presenza dei socialisti il Paese si è impoverito.

Sono saltate tutte le garanzie e gli approcci riformisti che i socialisti, sia nel campo dell’economia che nei diritti, hanno saputo tutelare, modellandoli alle nuove esigenze di un mondo che cambia, senza cadere in quell’ideologismo centrodestra-centrosinistra che ha prodotto l’attuale antipolitica. Oggi la cultura socialista è agonizzante perché non esiste un centro propulsore che sappia trasferire i valori della vecchia tradizione, ma anche coloro a cui trasmetterli. Se uno dei tanti meriti di Bettino Craxi fu quello di aver definito un confine culturale indelebile tra socialismo e comunismo, tale operazione è necessaria anche oggi, ma difficile da realizzare, tra un socialismo liberale e le visioni illiberali camaleontiche di una pseudo-sinistra che, non avendo fatto i conti con la propria storia, è diventata strumento al servizio dell’antipolitica. Sta avanzando in forma strisciante, ma suggestiva, una cultura illiberale: quella della democrazia diretta, che sembra una scelta definita di sinistra, come anche ”uno vale uno”, il massimo dell’egualitarismo. In realtà sono forme antiche di autoritarismo che l’ignoranza in cui viviamo e l’opportunismo culturale fanno finta di non conoscere.

Il socialismo liberale è quello che esalta l’unicità dell’individuo e la sua socialità. È quello che parla di opportunità eguali per tutti, ma che distingue il bisogno dal merito, la responsabilità e i doveri dall’ignavia. Il socialismo o è liberale o è autoritarismo. C’è spazio per una forza politica con queste caratteristiche? Per quanto necessaria, credo di no. I socialisti hanno perso in questi venticinque anni molte opportunità. Inoltre, è venuto meno un capitale umano con il passare degli anni. I giovani non sanno nulla del socialismo. Anche perché c’è chi ne sa qualcosa o parla del socialismo ottocentesco o del socialismo italiano, sinonimo di ladrocinio. Che fare? Io credo che la prima cosa da fare sia far convergere le varie fondazioni d’origine socialista in un programma comune di diffusione della storia e cultura socialista, nonostante la presenza di vari ex comunisti all’interno di esse, realizzando alleanze culturali con altre fondazioni d’ispirazione liberali e democratiche, sia nazionali che internazionali. Una riforma prioritaria che dovrebbe vedere la convergenza di tutti i democratici è la riforma costituzionale del ruolo e dei compiti della magistratura. Artefice di tutto lo scompiglio istituzionale e responsabile della crisi economica che attanaglia il Paese. Perché i tempi della giustizia civile non danno certezza e garanzia al sistema economico.

Lo scenario politico ha molte incognite, ma esiste lo spazio affinché la politica torni a svolgere il ruolo che le compete. Ma questo sarà possibile solo se il Paese di gloriose tradizioni culturali che molto hanno fatto nella “Prima Repubblica” (Dc, Psi, Psdi, Pri, Pli) avranno la capacità di uscire dai propri steccati culturali per avviare un nuovo corso politico, superando quelle formazioni politiche odierne autoreferenziali. Al fine di inaugurare un nuovo contenitore politico democratico di tutte le tradizioni riformistiche, che esalti le tradizioni culturali e non il servilismo al quale abbiamo assistito nella “Seconda Repubblica”. Sapranno i socialisti essere in grado di non perdere quest’altro appuntamento, superando la falsa dicotomia destra-sinistra?

(*) Associazione Amici del Garofano Rosso

 

 

Aggiornato il 31 luglio 2018 alle ore 16:12