Non si può insultare l’intelligenza degli italiani (per sempre)

Alle tante e odiose categorie dello spirito cui ci stanno abituando gli improvvisati fan del Governo gialloverde ci toccava di sopportare pure quella di coloro che prendono in giro lintelligenza degli italiani. E quindi anche la nostra. Ad esempio quelli che invocano la “libertà di espressione” per i cosiddetti “troll” che da Milano e San Pietroburgo hanno bombardato il Quirinale di tweet minacciosi che invocavano l’“impeachment”. Senza molto probabilmente neanche sapere bene cosa significasse e cosa implicasse. Il tutto non appena è arrivato il via libera da Luigi Di Maio e associati. E questo quando Sergio Mattarella aveva osato dare l’incarico esplorativo di formare il Governo a Carlo Cottarelli visto il sostanziale stallo delle trattative della prima fase per il varo del Governo Conte. Certo, si può discutere se questa propaganda aggressiva, insultante e ossessiva possa bastare a costituire un reato così grave come attentato alla libertà di un organo costituzionale come la Presidenza della Repubblica. Ma non si può di sicuro spacciare il fenomeno del “trollismo” organizzato e della “disinformatia” come un fenomeno da classificare come della libertà di pensiero. E tanto meno di espressione per mezzo dei media e della stampa. E l’averlo fatto, da parte di alcuni giornali e giornalisti ritenuti vicini al Governo “sovranista de noantri”, denota non solo una certa dose di servilismo in soccorso dei vincitori ma anche una reale propensione alla presa in giro – come si diceva – dell’intelligenza degli italiani. E questa non è cosa buona né giusta. Specie se poi questa “libertà di espressione” posta in pericolo dall’ondata repressiva in atto” è stata messa in pratica dalle centrali di persuasione occulta che hanno sede a San Pietroburgo. E che poi sono le stesse dello scandalo Cambridge Analytica e dintorni.

Fa anche specie che leader come Matteo Salvini e Luigi Di Maio non disdegnino di giovarsi degli aiuti di noti hacker già in precedenza smascherati nella diffusione di false e gravi notizie ai danni di Matteo Renzi, di Silvio Berlusconi, nonché di Forza Italia e del Partito Democratico. Credere che il fine di prendere e mantenere il potere possa giustificare questi e altri mezzi provoca quasi sempre dei processi di nemesi del tutto imprevedibili.

Diceva giustamente Marco Pannella che “certi mezzi prefigurano analoghi fini”. E la parabola per ora ascendente di questo “Governo del cambiamento” sembra dare lui ragione. L’Italia in questo momento vive una doppia transizione: economica e politica. E il caos comunicativo scatenato da queste centrali, russe o italiane che siano, serve per far “vincere facile” chi approfitta di una situazione che un tempo si chiamava del “tanto peggio tanto meglio”. Il “buttarla in caciara” per adesso paga, e paga pure bene. I nodi però vengono presto al pettine. Specie quando c’è una legge di stabilità di mezzo in arrivo e le promesse elettorali subiranno un primo drastico ridimensionamento.

Poi non ci saranno “troll” che tengano: se e quando – ma verrà il tempo, possiamo starne certi – gli italiani si renderanno conto che qualcuno ha reiteratamente preso in giro la loro buonafede e, quel che è peggio, la loro intelligenza, si vendicheranno su quei partiti che hanno permesso, quando non incoraggiato, questo tipo di propaganda. È solo questione di tempo. Come hanno punito Berlusconi e Renzi, castigheranno anche Salvini, Di Maio, i giornalisti che hanno fatto da corifei al “nuovo che avanza” e persino Beppe Grillo e la Casaleggio Associati. Basta solo trovare un comodo posto sulla sponda del fiume dove sedersi e aspettare.

Aggiornato il 07 agosto 2018 alle ore 11:41