Per un pugno di voti

Ci perdonerà il grande Sergio Leone per l’utilizzo seppure arrangiato del titolo di uno dei suoi film, ma è calzante. Nel caso dei grillini infatti, anziché del dollaro, siamo di fronte alla trilogia del voto.

Decreto dignità, pensioni di cittadinanza e reddito sono le tre pietre per la ricerca del consenso dei pentastellati, un’ossessione che viene da lontano. Perché di questo parliamo, di una spasmodica rincorsa all’elettore e basta, insomma si parla di tutto tranne che di cambiamento e di rilancio serio, dell’economia e del lavoro. Luigi Di Maio è ipnotizzato dal consenso, una patologia trasmessa bene ai suoi ragazzi, da quel maestro di nome Beppe Grillo, un bravo comico che di applausi e teatro se ne intende. Come se non bastasse, alla patologia si aggiunge altro, perché sentiamo odore d’esaltazione, autoesaltazione e la cosa, specie da noi, non suona bene.

Sia chiaro, noi non pensiamo nemmeno per idea alla ridicola scena del balcone, alle allusioni che le stanno intorno, ma il compiacimento su troppa acclamazione non piace e non va bene. L’economia del resto non viaggia per proclamazione, servono numeri, progetti e indirizzi chiari, perché la crescita non è fatta di chiacchiere, ma di lavoro, quello generato dagli investimenti e dagli stimoli alla produzione. Ecco perché col reddito di cittadinanza si parte male, anzi malissimo, l’assistenza si sa non stimola nessuno, è dimostrato ovunque è in ogni modo, figuriamoci quando è fatta male o solo per la ricerca elettorale. L’Italia è impantanata d’assistenzialismo, di statalismo e d’apparato pubblico invasivo, è bloccata da un impasto di burocrazia, giustizia lenta, fisco, scartoffie e carte da firmare. È impantanata dai timbri necessari, dall’assenso di enti che non servono, dai certificati per il peso e per l’altezza, dai mille uffici nati solo per l’impiego pubblico, dalle file in ospedale per strappare il numeretto necessario. È impantanata, insomma, perché c’è troppo Stato, troppa amministrazione assistenziale, troppi furbetti che ci campano sopra, troppo paga pantalone.

Ecco perché serve l’accetta per tagliare quello che non serve e per liberare la gente e le aziende dai mille lacci che hanno messo ovunque, che uccidono la voglia e la speranza di riuscire. Altro che reddito di cittadinanza. Con tutti quei miliardi spesi bene, messi sul fisco e sul disboscamento, sulla chiusura degli uffici inutili, sugli stimoli a partecipare, sulla semplificazione dell’accesso al credito, sull’autocertificazione per tutto, l’Italia ripartirebbe a razzo, statene certi. I veri leader non amano i balconi e nemmeno le verande per la tinta, preferiscono piuttosto una scrivania, per studiare e studiare bene, per capire e capire meglio, ciò che davvero è utile al Paese.

Aggiornato il 05 ottobre 2018 alle ore 10:42