La memoria della memoria

La memoria deve essere memoria. L’Italia è stata liberata dagli alleati, la storia non si inganna. E chi ci prova commette il reato dell’ipocrisia. La lotta partigiana, della resistenza, alla quale senza il minimo dubbio, va riconosciuto onore e gloria, certamente contribuì, ma non fu solamente rose e fiori di purezza, non lo fu nel mentre e non lo fu nell’immediato dopo. Basterebbe per questo leggere i tanti e puntuali libri di Giampaolo Pansa, sull’argomento, per farsene un’idea compiuta.

Insomma in Italia, nessuno avrebbe dovuto mai appropriarsi di quella gloria e di quell’impeto eroico, non fosse altro perché una reazione morale e gloriosa, non si misura in percentuali di partecipazione. Eppure da noi non è stato così, nella narrazione, nei libri, nei discorsi, sembra che la resistenza e la lotta partigiana, fosse quasi una esclusiva comunista, come se dentro quel passaggio storico, non vi fossero altri e altro, da una parte e dall’altra.

Insomma il 25 aprile, passo dopo passo, è stato trasformato, in un giorno non solo dell’Italia e degli italiani, liberati dagli orrori nazifascisti, ma di esaltazione del Pci. E qui nasce la prima falsificazione, perché la resistenza ebbe una partecipazione molto vasta, come scrisse magnificamente Calamandrei, da un patto giurato fra uomini liberi che volontari si adunarono, per dignità e non per odio, decisi a riscattare la vergogna e il terrore del mondo.

Oltretutto, l’aver voluto dare da parte della sinistra comunista, al 25 aprile, un significato politico anziché storico, ha di fatto cancellato le ragioni di tanti altri, che in quella fase furono tragiche e gloriose contemporaneamente. Nella storia, infatti, tra le ragioni dei vinti e quelle dei vincitori, c’è sempre un confine che seppure inequivocabile e netto, conserva inevitabilmente tratti dolorosi dell’animo e della coscienza.

Ecco perché trasformare il 25 aprile, in giorno di vittoria politica anziché storica e morale dell’Italia, è stato da parte del Pci non solo un falso oggettivo, ma un torto nei confronti di tanti italiani. Gli anni che vanno dal ‘43 al ‘45 e poi, a guerra finita sino al ‘46, sono stati drammatici, anche e soprattutto dentro la storia della resistenza, per questo meriterebbero un approfondimento storico definitivo e condiviso finalmente.

Vincitori e vinti non rappresentano solo i volti di una medaglia, ma anche la tragicità della storia, che oltretutto insegna quanto spesso il destino sia beffardo. Basterebbe pensare alla liberazione dei paesi dell’est Europa dal nazifascismo, passati da Hitler a Stalin. Del resto anche da noi, nella resistenza, c’era chi aspirava alla libertà e alla democrazia, e chi invece, avrebbe voluto consegnare il paese alla rivoluzione comunista, insomma luci ed ombre da chiarire e approfondire.

Ecco perché è stato male fare del 25 aprile una data politica, segnata ed orientata in esclusiva. Il 25 aprile doveva invece, restare un simbolo della libertà restituita all’Italia e agli italiani, dopo gli orrori della guerra e del nazifascismo. È un segno di onestà intellettuale insomma, quello che è mancato, l’onestà intellettuale per superare e condividere insieme, le ragioni i torti i pensieri i dolori, le tragedie, di una Italia devastata ma finalmente liberata. Viva L’Italia, viva gli italiani.

Aggiornato il 26 aprile 2019 alle ore 16:56