Elezioni: Italia, paese dei balocchi

Non c’è niente da fare, è il paese dei balocchi. Carlo Calenda, appena eletto, ammannisce subito con un nuovo mantra: convinto di essere il catalizzatore dei voti del “centro”, annuncia che prima o poi darà vita a un nuovo partito (se ne sente davvero il bisogno). Matteo Renzi torna a fare la mosca cocchiera e cerca di intestarsi il merito per la tenuta e l’incremento del Partito Democratico. La promotrice di “Più Europa”, Emma Bonino, reduce dall’ennesimo vistoso flop già annuncia che si prepara alle prossime politiche (accetterà questa volta college sicuri del PD, ammesso che vengano offerti?); Massimo D’Alema, stanco evidentemente di far vino, riprende a dispensare consigli e analisi: ora scopre che la sinistra non sa parlare con gli operai. Buongiorno! Luigi Di Maio si affida a un referendum farlocco attraverso la piattaforma private e incontrollabile della Casaleggio; per decider che Di Maio può continuare a far danni al paese, lo decidono pochi iscritti, i risultati elettorali non bastano…

Gli assenti, si dice, hanno sempre torto; vecchio adagio, più che mai quando si vota per qualche assemblea parlamentare: sono i voti a “pesare”, non i non-votanti. Tuttavia anche chi ha scelto per qualche ragione di non scegliere, merita attenzione.

Dunque: su 100 con diritto di voto ben 56,10 non si sono “espressi”. Poi c’è una percentuale di votanti che ha annullato la scheda o votato bianco. Per pochi che possano essere, saranno almeno il 2,90? Sommati ai non votanti fa 59. Su 100 elettori, 59 hanno detto: questo o quello pari sono, vi rifiutiamo in blocco. “Solo” in 41 hanno votato.
Il 34,33 per cento ottenuto dalla Lega è relativo a quel 41 su 100. Ecco dunque che se Matteo Salvini dice che il Carroccio ora è il primo partito, ha ragione; tuttavia non può sostenere che la maggioranza del paese sia con lui.

Non sono con lui quel 59 per cento di corpo elettorale che non ha votato. Di quei 41 che l’hanno fatto, è il 34,33 per cento a seguirlo. Ovviamente il discorso vale anche per le altre organizzazioni politiche, dal M5S al PD, ecc.
È bene tenerlo a mente perchè nessuno si monti la testa; come fece a suo tempo Renzi con il suo 40 e passa per cento alle Europee; non volle tener conto del partito degli astenuti. Solo Marco Pannella, in quei giorni glielo ricordò ammonendolo che rischiava di andare a sbattere, e con lui il paese. Cosa puntualmente avvenuta.

Lo stesso errore fatto, fin da subito, con Macron: al primo turno raccolse una percentuale di voti maggiori, assieme a Marine Le Pen, ma non di molto superiore al candidato gollista e a quello della sinistra estrema; e anche al primo turno tanti furono gli astenuti. Al secondo turno tantissimi non andarono a votare: per loro Macron o Le Pen erano la stessa cosa. Tanti votarono Le Pen; tanti Macron, ma non per adesione, piuttosto come male minore. Dunque Macron vince, ma è comunque minoranza rispetto all’intero corpo elettorale del paese. Cosa poi puntualmente confermata in altre occasioni elettorali e dai risultati dei sondaggi.

La prudenza non è virtù di Renzi e di Macron; e infatti “sbattono”. Forse Salvini - che da una vita mangia, con pane e nutella, la politica politicante - è da questo punto di vista più attrezzato. Forse: perchè a giudicare quello che dice e fa, promette di fare, si direbbe il contrario. Affidarsi ai ruggiti, ai rosari, alle Marie, non risolverà i tanti problemi: quelli lasciati incancrenire, quelli che incombono.

Le soluzioni finora vagheggiate sono confuse e molto discutibili. Salvini, come chiunque fa politica, dovrebbe sempre tenere a mente una massima di Abramo Lincoln: si può ingannare tutti per qualche tempo, e qualcuno per sempre, ma non si può ingannare tutti per sempre.

Soprattutto ognuno dovrebbe ricordare che 59 elettori su 100, a torto o a ragione che sia, hanno detto: NO a tutti. E non è saggio liquidarli come finora si è cercato di fare. E neppure è giusto.

 

Aggiornato il 30 maggio 2019 alle ore 12:21