Consigliere regionale FrancescoTodisco, le elezioni amministrative sono ormai vicine. Lei, in qualità di leader provinciale di "Mdp Articolo1", all’indomani della sconfitta elettorale di “Liberi e Uguali”, propose la ricostruzione del centrosinistra in città, con un messaggio rivolto anche e soprattutto al Pd. Proprio ieri, il centrodestra ha decretato la fine dell’ipotesi larghe intese. E’ dunque pronto a rilanciare?

«La ricostruzione del centrosinistra non rappresenta la necessità di mettere insieme un po’ di sigle che non riescono a dialogare. Questa città ha bisogno di un contenitore politico, culturale e valoriale, che dia rappresentanza ai bisogni, alle sofferenze ed ai disagi degli avellinesi. Non è affatto banale pensare che, senza alcun tipo di orizzonte valoriale, potremmo trovarci di fronte ad aggregazioni civiche che diano risposte amorfe. Io immagino un’aggregazione politico-culturale che dia risposte rispetto ai temi dell’uguaglianza, della giustizia sociale, del corretto utilizzo dei beni pubblici e comuni, dell’efficienza dei servizi. E’ notizia di ieri che la forbice tra i più ricchi e i più poveri si allarga sempre di più anche da noi. Dobbiamo rispondere con le proposte adeguate e realizzare giustizia sociale».

D’accordo, ma come immagina di costruire il percorso con questo Pd?

«Ovviamene, ci sono due grandi rischi. Da un lato, una frammentazione incredibile di tutto il sistema politico, dettata dal fatto che molti protagonisti politici di questa città non guardano al miglior governo possibile ma solo a come entrare in consiglio comunale. Tanti fanno una lista e si candidano a sindaco per arrivare alla poltrona. E questa degenerazione, purtroppo, riguarda anche soggetti alla sinistra del Pd. Dall’altro, c’è il secondo problema, che è il Partito democratico. E’ stato ed è il grande malato in questa città, protagonista del suo governo da quando è nato. Lo è anzitutto perché non ha mai elaborato un pensiero per la città. In questo momento, è un partito che no ha una testa, una guida e un gruppi dirigente, ma solo tanti frammenti confliggenti. E’ questo rende difficile un’interlocuzione».

Appunto, quindi cosa intendete fare?

«Da dirigente di un alto soggetto politico, già costretto dalla politica renziana a tenermi distante dalle logiche del Pd, avverto tuttavia la necessità che trovi una sintesi e una voce. Una capacità di interlocuzione. Non mi permetto di entrare nelle loro logiche interne. Ma trovino un modo di avere una voce autorevole e legittimata per dialogare. Ripeto, non per mettere insieme le varie sigle, ma per vedere come si possa trovare un pensiero e un orizzonte comune dal quale possa nascere la candidatura a sindaco più autorevole e legittimata».

E se l’interlocutore non ci sarà?

«Ovviamente, non aspetteremo all’infinito le logiche conflittuali del Pd. Diciamo con grande forza che sarebbe sbagliato non trovare le ragioni per cui le forze del centrosinistra facciano sintesi. Quindi il Pd faccia in fretta, non può giocare con le sorti della città. Se si sottrarrà a queste responsabilità, faremo quel che dobbiamo, ma non con uno spirito settario e di bandiera. Bensì cercando di aggregare quante più forze di centrosinistra possibile».

Come dovrebbe essere individuato il sindaco?

«Non rinnego quello che ho detto nel passato. Se si mette in moto il processo a cui ho fatto riferimento, è molto più facile individuare il candidato. Una persona che abbia contezza della sua funzione, quella di coinvolgere le migliori energie intorno ad un progetto di città. E siccome ho sempre pensato che le Primarie abbiano un senso rispetto alle figure apicali, se non si dovesse trovare una figura condivisa, a patto che siano rigorose e regolamentate, potrebbero certamente tornare utili».

La sensazione è che questo percorso sia ancora tutto da costruire.

«Non siamo nemmeno in questa fase, ma in un’altra, ancora più delicata, in cui ci sono soggetti politici e pezzi autorevoli della sinistra riformista e di governo che chiedono un’unità di intenti e di elaborazione. Soprattutto al Pd, che è l’interlocutore indispensabile per dimensioni e consenso per la costruzione di un contenitore ampio».

Entriamo nel merito: sareste disponibile a dialogare con chi, nel Pd, ha governato con Foti e Galasso?

«No, ed è un’esigenza che riguarda noi e la capacità di rappresentanza stessa del Pd. Se è vero che è stato il grande malato in questa città, ora ha la necessità di rinnovarsi nella propria rappresentanza. Per me, questo spazio largo di centrosinistra non può che nascere da una discontinuità netta e rigorosa con ciò che ha rappresentato il governo del Pd in Irpinia, in termini di approccio alla modalità pubblica, alle idee di governo, alle azioni amministrative messe in campo. Credo che questa consapevolezza di un’esigenza di cesura pervada anche ampi spazi di gruppo dirigente del Pd. Il Pd deve trovare la capacità di sapersi rappresentare in termini di discontinuità e rottura assoluta con chi ha governato in questi anni».

Anche l’area popolare di Ciriaco De Mita propone al Pd di costruire un’alleanza per Avellino. Lo fa per bocca di Maurizio Petracca, oggi consigliere regionale come lei, ma al tempo assessore del Tunnel nel primo Galasso. Vale lo stesso?

«Io l’ho sempre detto nel passato e credo sia ancora attuale in questa fase storica: dobbiamo avere la capacità di costruire un campo largo di centrosinistra, che possa coinvolgere tanto il pensiero popolare e cattolico democratico, quanto quello di matrice socialista e di sinistra, ma riformista. E così tanti altri pezzi di impegno laico, civile e del volontariato. Se vogliamo costruire un campo largo, dobbiamo sapere che l’orizzonte è questo. Ma il mio ragionamento vale per tutti. Ci vogliono rappresentanze capaci di esercitare una rottura con ciò che è stata la storia recente di questa città. Un gruppo dirigente rinnovato che sappia anche coinvolgere energie nuove. A prescindere dai volti, è necessario che chiunque venga coinvolto abbia maturato un giudizio sulla storia della città, dall’ultima fase della sindacatura Di Nunno a quelle di Galasso e Foti. Tutte caratterizzate dall’assenza di un pensiero rispetto alla città. Alcune persone, per il grado di rappresentanza che hanno avuto, non sono compatibili con il progetto».

Veniamo invece a “Leu”. Al suo interno ci sono anche Sinistra Italiana e “Possibile”. Ma i riferimetni in Irpinia dei due soggetti, Giancarlo Giordano e Nadia Arace, hanno già detto chiaramente no al Pd. Dunque sareste ancora divisi.

«Leu è stata un‘ esperienza che spero possa diventare una soggettività politica. Nel frattempo, tutti i suoi soggetti costituenti conservano la propria autonomia. Il mio auspicio è che tutti quelli che hanno guardato a “Leu” sentano la medesima necessità. Una necessità che nasce da una lezione della storia, che ci dice che l’elettorato ha bocciato il gruppo dirigente dell’intero centrosinistra. Anche perché, a partire dall’ arroganza di Renzi, non ha saputo trovare ricette credibili al governo del Paese. Credo che questa necessità valga anche per la città. Non voglio credere che in “Leu” ci siano soggettività e personalità politiche che preferiscono guardare alla necessità del posto in consiglio comunale piuttosto che al dovere di costruire un campo largo di forze progressiste e democratiche».

D’altro canto, potreste essere facilmente accusati da entrambi di voler tornare con il Pd, dopo la batosta delle politiche, per puro tornaconto. Cosa è cambiato, oltre al fatto che Renzi non è più segretario?

«Siamo stati costretti a chiudere la nostra esperienza nel Pd per l’arroganza di un segretario che ha reso quel luogo politico impraticabile. Ma quando siamo usciti e abbiamo fondato “Articolo 1”, abbiamo sempre affermato la necessità di essere strumento di ricostruzione di un nuovo centrosinistra. Siamo consci del fatto che non siamo autosufficienti e dobbiamo coinvolgere tutti quelli che si riferiscono a quel campo. Compreso il Pd, ma facciamo valere il nostro punto di vista, come sempre. Dopo il 4 marzo, il Pd dovrà mostrare più umiltà con le altre forze. In quello che proviamo a fare, insomma, non c’è nulla di incoerente. Per il resto, io ho sempre avuto un pensiero critico anche in consiglio comunale. Altri hanno preferito non sedere tra i banchi del Consiglio, ma nella giunta, come protagonisti di una stagione lunga di governo del centrosinistra in città, rispetto alla quale sentiamo la necessità di voltare pagina».

Grazie Todisco.

«A lei».