Professor Salzarulo, dopo la fase delle polemiche seguita alla scelta delle candidature, il Pd irpino prova a serrare i ranghi in nome di un’unità che, per la verità, sembra più necessaria che desiderata. Che idea si è fatto lei di quanto sta accadendo e di come sta procedendo questa campagna elettorale sulla sponda del centrosinistra?

«Io non ero ieri mattina ad Avellino, ma c’ero nel pomeriggio a Sant’Angelo dei Lombardi e, in verità, nella penultima settimana di campagna elettorale, percepisco un livello un po’ sotto tono. Il sindaco di Sant’Angelo costretta ancora una volta a rimarcare a quello di Nusco che il Progetto pilota sarebbe dovuto essere già partito, e invece è partita solo l’attribuzione al pilota. Forse perchè pensa che quella designazione tocchi a lui per investitura divina. E non è proprio il massimo se poi anche Famiglietti richiama la necessità di affrontare il problema. Che la presidente D’Amelio ancora parli del suo passo indietro nobile, che lo è sicuramente, e ribadisca che è stato fatto sull’altare di una grande alleanza, che porterà tanti consensi al Pd, un po di tristezza la mette. Forse la chiamata alle armi dovrebbe essere più sostanziosa, non fatta di lagnanze e di imperfetti congiuntivi o di piucheperfetti, che consegnano alla storia della grammatica quello che non si riesce a fare con la storia della politica. Paris ci mette del suo, ma quando parla degli ultimi che il partito ha voluto soccorrere con le leggi, si dimentica che le amministrazioni territoriali del Pd sono molto escludenti e non inclusive, che gli ultimi addirittura li producono, per questo connubio tra De Mita e D’Amelio, che crea una linea di demarcazione tra chi sta con loro e chi no. Io, dal 2007, sono un dirigente del Pd e l’ultima volta non mi sono candidato per questa grande alleanza di tutti i renziani. Farò il mio dovere. Ma che si debbano affidare al papa straniero Del Basso De Caro le uniche parole sul territorio è un fatto legittimo, perché effettivamente l’unico richiamo degno ti tale nome viene da lui».

Una delle novità sostanziali di questa campagna elettorale è senza dubbio l’intesa inedita tra De Mita e Famiglietti. I diretti interessati sostengono che dietro ci sia finalmente un progetto e che il vero confine è la destra. Condivide?

«Francamente questo non lo capisco. L’ alleanza De Mita-Famiglietti, di fatto, non c’è. L’elettore non è chiamato a votarli insieme. Per cui, che Famiglietti si stracci le vesti non lo capisco. Che faccia tandem e accarezzi questa alleanza perché necessaria, perchè comprendo che lo sia a livello nazionale, è da accettare perché è nelle cose. Ma sul territorio proprio non è spendibile. Se non la spende De Caro, che ha tutto l’interesse a prendere i voti con De Mita, perché lo fa Famiglietti? Non deve chiedere il voto per sé e De Mita. Che queste alleanze abbiano ricadute poco consolanti, anzi devastanti sui territori, sarà un problema con cui dovremo fare i conti dopo il voto. Abbiamo una sola grande motivazione. Non si vota per il Consiglio comunale di Lioni ma per il governo del Paese. Agli elettori dovrò chiedere di fare un sacrificio ideologico per questo. Ma ricordo che a Lioni hanno negato la candidatura a Salzarulo e Pezzella per allearsi con De Mita e D’Amelio, e per distruggere le possibilità politiche di un pezzo del Pd».

Una candidatura come quella di Giuseppe De Mita, secondo lei, offre garanzie all’Alta irpinia?

«C’è una domanda di riserva? Preferirei non rispondere, proprio per non entrare nella discussione. Altrimenti non riuscirei a sostenere con gli elettori la necessità di un voto al Pd. Ho avuto un’esperienza nel 1996 con Ciriaco De Mita, che dice sempre di aver dato ma non ricorda di aver avuto. Quando l’Ulivo dell’epoca non candidò nessuno in questo collegio, io ero un estremista pericolosissimo, ma mi assoggettai e feci campagna elettorale per l’Ulivo. Iscrivere De Mita al centrosinistra e all’Ulivo, all’epoca, avrebbe potuto avere un senso. Poi si è visto che ha avuto una sorte più legata agli interessi di De Mita, ma ci sta. Non mi vergognai di sostenerlo allora, spero di non farlo oggi. Ma c’è un limite alla capacità di sopportazione degli elettori».

Chi si è rimangiato le sue idee? Il rottamatore Renzi, con gli adepti come Famiglietti, o il controrottamatore De Mita?

«Quando ci si sposa, ci si incontra sempre a metà strada».

Questo Pd sembra decisamente schiacciato verso l’ala più moderata? Lei avrebbe preferito altre sclete?

«Assolutamente sì, ma le altre sul tappeto nemmeno erano molto gloriose. In ogni caso, il se non è dato e la storia è questa. Il problema sarà uno solo: mettere mano a questo Pd in questa provincia dopo le elezioni. Certo, Enzo de Luca in questo ha una grossa responsabilità. Ha cooperato con gli altri tre del Direttorio a 2 anni di gestione chiusa a chiave, impenetrabile. E il Pd si è incamminato su questo crinale. Il problema ritorna. Se a Roma è arrivata la voce che qui i consensi ce li ha De Mita, poi l’alleanza te la tieni. Al Pd converrà recitare tutto quello che occorre per vincere, ma poi mettere mano a via Tagliamento, per una direzione provinciale che sia in grado di dire basta, perchè le candidature si fanno in base a scelte che provengano e abbiano ricadute sul territorio, sarà fondamentale. Nel 2008, De Luca fu l’unico candidato al Senato e ha perso. Questa volta il Pd ha rinunciato alle primarie ed è stato grave. Io spero che vinca un’ idea di partito diverso da quello che è in voga oggi a via Tagliamento».

Il risultato finale potrebbe risentire comunque di episodi pesanti come l’ultimo che sta interessando la Regione di De Luca sul delicatissimo crinale della gestione dei rifiuti. Cosa ne pensa e teme che inciderà negativamente?

«Io penso di no, perché il giovane De Luca ha fatto una mossa che avrebbe dovuto fare anche la Boschi: si è dimesso per tutelare la sua onorabilità e lasciare a riparo le istituzioni. Io spero che questo gesto sia più significativo dell’altro nella testa degli elettori. Se ha sbagliato, spero che paghi insieme a tutta la filiera che avesse eventualmente commesso questo delitto, ma aver tirato fuori l’istituzione ed essersi dimesso per difendersi come persona è un fatto positivo. Non credo che inciderà, anche perché la gente si è così assuefatta all’idea che al peggio non c’è mai fine, che queste notizie ormai scivolano lentamente e la moralità e l’etica non sembrano avere confini. Oggi la moralità è scomparsa del tutto. Ma l’etica no. Piuttosto credo che inciderà il fatto che la Regione Campania sta trascurando le aree interne. I fondi di Azione e Coesione sono fermi, quelli per l’ agricoltura sono stati indirizzati solo su quella ricca. C’è un deciso supporto all’industria, ma da noi tolte le due mobilissime eccezioni, per altro usate strumentalmente, non c’è molto. Io dico che in Campania sarà una grande vittoria stare a cavallo del 25 per cento. Il 33 è un sogno che non raggiungeremo. Ma ovviamente ci impegneremo».

Grazie Salzarulo.

«A lei».