«Una situazione da tenere sotto controllo» quella nel Vallo di Lauro, dove si è tornati a sparare: così l’ex referente provinciale di Libera Avellino, Francesco Iandolo, che ha ricordato come, in quei territori, «sia oggettivamente necessario fare di più, né si può pensare di ridurre tutto alle sole operazioni di polizia e magistratura. Serve uno sforzo maggiore per far sì che quelle comunità ritrovino una serenità persa da tempo», a prescindere da quelle che possono essere le motivazioni alla base di certe manifestazioni. «Non importa che la matrice sia politica, o di natura personale. È, invece, necessario imparare a risolvere le questioni in modi differenti, costruendo percorsi condivisi che creino sviluppo e legalità».

Percorsi che possano liberare le comunità dalla morsa del bisogno e dalla stretta del malaffare. Un filo rosso che dall’Irpinia porta direttamente a Terra di Lavoro, la terra dei Casalesi, che fa da sfondo all’interrogativo che si pone Gianni Solino, referente provinciale di Libera Caserta, nel suo libro “Il Cratere. Che fine fanno i ragazzi della Camorra”, presentato questa mattina presso il Circolo della Stampa di Avellino, con la moderazione della giornalista Rossella Fierro.

«I ragazzi della camorra continuano a far parte della camorra senza delle alternative. In questi anni lo Stato ha combattuto duramente i clan del casertano, mettendo in carcere larghissima parte dei boss, ma i ragazzi, i figli, i familiari e tutti coloro che in qualche modo appartenevano a quel mondo non ne usciranno se non troveranno altre strade da percorrere e continueranno a vivere col mito della camorra». La scuola e un’aggregazione sana sono, per Solino, l’unica strada possibile che richiede uno sforzo che non può venire solo dal basso. «Servono investimenti. Quanti milioni di euro lo Stato ha investito – si chiede il referente di Libera – per combattere i casalesi? E poi non si riescono mai a trovare risorse a sufficienza per tenere aperte le scuole nei quartieri e nei comuni più difficili. È lo stesso discorso dei terremoti: la prevenzione antisismica non si fa, però poi si buttano fiumi di denaro nelle ricostruzioni, molto spesso finendo per alimentare le casse del malaffare. Di questo passo no si va da nessuna parte, anzi: entreremo in una nuova era di dittatura camorristica come negli anni Ottanta e Novanta».

I ragazzi, per Solino, ci interpellano tutti. I figli della camorra e quelli che con la camorra, i giovanissimi delle baby gang, che con essa non hanno nulla a che vedere essendo, piuttosto, «una esasperazione del bullismo: bisogna fare attenzione a distinguere i due piani. Non regaliamo alla camorra anche questo. Il dato comune, però, è l’assenza di punti di aggregazione. Nelle grandi metropoli non c’è niente, a parte le parrocchie, per quel poco che possono fare. Questi ragazzi interrogano noi adulti a fondo: noi e tutte le agenzie educative a partire, ribadisco, dalla scuola che arranca non poco per l’assenza di risorse. I Pon e tutti i progetti sulla legalità non bastano, anche perché con quel target si mettono insieme i ragazzi più bravi e non quelli difficili che hanno realmente bisogno di essere coinvolti per essere tolti dalla strada».

Un richiamo alla responsabilità che tocca prima di tutto le istituzioni. «In questo momento il primo passo lo sta facendo quella che noi definiamo la società responsabile, il mondo dell’associazionismo e del volontariato, nell’ambito del quale Libera, negli anni, è riuscita a conquistarsi un posto di tutto rispetto, divenendo una voce importante, senza che nessuno, però, ci abbia mai regalato niente. Ma non basta. Il volontariato, le associazioni fanno quello che possono, ma il potere di agire sta in capo ad altri, alle istituzioni che, sì, ci ascoltano, ma non di rado, alla prova dei fatti, intraprendono tutt’altra strada».