politica

Renzi dal palco di Orvieto: "C'è bisogno di esperienza popolare, non di populismo"

domenica 1 ottobre 2017
Renzi dal palco di Orvieto: "C'è bisogno di esperienza popolare, non di populismo"

“Nei prossimi sei mesi di campagna elettorale, ci giochiamo il futuro dei prossimi anni. Ragioniamo sulle proposte, lontano dalle proteste”. Lo ha detto nel pomeriggio di sabato 30 settembre il segretario del Pd Matteo Renzi dal palco del palazzo del Capitano del Popolo di Orvieto, in occasione dell'annunciata convention promossa dal Centro studi “Aldo Moro” di Viterbo sul tema “L'Europa delle regioni, della città, della solidarietà. I cattolici, la politica, le speranze degli ultimi”.

“Sono qui – ha esordito l'ex premier – per provare a declinare un'idea di futuro, per imporlo nell'agenda politica. Rivendicare un passato senza proiettarlo nelle difficoltà della società di oggi non ha senso. L'immagine di Repubblica democratica fondata sul lavoro è un principio che viene quotidianamente messo in discussione da chi dice di voler fare assistenzialismo. L'Italia deve essere capace di ragionare di nuove democrazie. C'è bisogno di esperienza popolare, non di populismo. Se viene meno il Partito democratico, è l'argine. La polemica costante che va contro un partito che è la casa di tutti non aiuta”.

“In Europa – ha fatto eco il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani – troppo spesso manca la politica che affronta situazioni. Servono leader che abbiano una visione e permettano di fare un salto di qualità. Occorrono comparazione, controllo e una strategia generale. L'obiettivo deve essere sviluppare un mercato per fare economia sociale. I nazionalismi non servono. Certo è che l'Italia deve giocare un ruolo più importante. Io, figlio di militare, mi sento europeo perché sono italiano e in questa terra si è sviluppata la mia identità. Le opere d'arte che ci circondando ce lo ricordano”.

Ricco di spunti e di chiari segnali politici, anche l'intervento di Lorenzo Guerini, coordinatore della segreteria nazionale del Pd. “Con i governi tecnici – ha messo in chiaro – abbiamo già dato. Crescita vuole dire lavoro. L'economia può andare bene, ma è la società che sta ancora male e dobbiamo occuparcene. Dobbiamo lavorare sui servizi, ragionare per sostenere la famiglia”.

“O le famiglie”, nella declinazione plurale suggerita dall'onorevole Giuseppe Fioroni, presidente della Commissione d’inchiesta sul rapimento e la morte di Aldo Moro. A lui, il compito di tirare le fila di un lungo pomeriggio di riflessioni aperto dal sottosegretario di Stato al Ministero degli Interni Gianpiero Bocci.

Citando don Primo Mazzolari e il suo “A cosa serve avere le mani pulite se poi le tiene in tasca? Bisogna usarle, le mani”, Fioroni ha sottolineato come le mani possano rimanere pulite, anche sporcandole con i problemi. “La presenza dei cattolici – ha detto – è indispensabile. Il cardinale Bassetti l'ha detto: va superata la distinzione tra cattolici morali e sociali. Sta a noi unire centralità dell'uomo e dignità.

Da ex ministro all'istruzione, sono convinto che educare i giovani all'idea che l'università sia un parcheggio e che il lavoro arrivi per raccomandazione condanna ad un'esistenza di precariato. Il merito è una parola di sinistra, un ascensore sociale avviato dalla Costituzione”. Quindi, lo Ius soli. “Abbiamo fatto tanti passi avanti grazie a questo Governo. Puntiamo ad un accoglienza sicura”. I grillini? “Non li capiamo non perché sono strani ma perché sono proprio diversi. Non parlano con la gente, ma con il web. E con l'algoritmo non si governa, al massimo si sta all'opposizione”.