Omelia del Cardinale Petrocchi su Rai1

L'Aquila. L'occasione data dalla festa dell'epifania

07.01.19 10:49
By La Redazione PagineAbruzzo

Omelia del Cardinale Petrocchi su Rai1

L'Aquila. Faccio una premessa che reputo importante: i brani biblici, che sono stati proclamati, non solo parlano “a” noi, ma parlano “di” noi. Perciò è importante riconoscerci nei personaggi che compaiono nel racconto. Siamo chiamati ad entrare nella scena, da protagonisti, e non restarne fuori, con l’atteggiamento distaccato degli spettatori. Dunque, l’evento narrato ci riguarda e ci chiama in campo.

Epifania, vuol dire manifestazione di un mistero, che prima era nascosto. Il messaggio centrale di questa festa sta nell’annuncio di un Amore infinito, che interviene nella storia per offrire a ogni uomo la liberazione dal peccato e la partecipazione alla stessa vita di Dio (cfr. Ef 3,2-3.5-6). 

La liturgia della Parola si apre con un prorompente canto di gioia, da interpretare in chiave ecclesiale e personale: «Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te» (Is 60,1). Questa esortazione ci raggiunge in prima persona: abbiamo perciò il compito di scandagliarla, secondo la Sapienza dello Spirito. 

Dei Magi non conosciamo i nomi: proprio per i contorni identitari poco definiti essi possono diventare personaggi “collettivi”, cioè simbolo dell’umanità che cerca la Verità (At 17,26-28) e rappresentanti di tutti i credenti, che si fanno pellegrini verso il Signore.

Anche il loro numero è imprecisato: si tratta, in ogni caso, di un gruppo stabile e non di singoli temporaneamente “aggregati”. Erano astronomi, perché studiavano il movimento dei pianeti, ma erano anche persone sagge e generose. 

Per imitare i Magi occorre scrutare il cielo della storia personale e collettiva; inoltre bisogna che questa esplorazione venga fatta “al plurale”, insieme ad altri, nel segno del “Noi-buono”: cioè, intellettualmente onesto e moralmente coerente. 

Lo sguardo va rivolto verso l’Alto, perché la “stella” - di cui parla il Vangelo -  non si vede se si procede a faccia in giù. Se uno si guarda addosso oppure osserva solo l’ambiente circostante, non si accorgerà delle “novità” che Dio suscita sulla volta celeste dell’anima e nella comunità sociale, popolata di eventi.

Infine, per essere fruttuosa la ricerca deve essere perseverante, e non occasionale o intermittente.


C’è una frase della Bibbia che mi ha fortemente colpito, ed ha rappresentato per me un varco sicuro anche nelle situazioni più dure. Sta scritto, infatti, che Dio è fedele e, insieme con la prova (che vuole o permette), ci dà la via d’uscita e la forza per sopportarla (cfr. 1Cor 10,13). Questo vuol dire che quando ci sembra di restare intrappolati nei labirinti dell’esistenza e ci sentiamo sfiniti, Dio accende sempre una “stella” nel nostro cielo interiore o nell’orizzonte spirituale della comunità in cui siamo. Sta a noi saperla riconoscere e seguirne il corso con fedeltà: non solo ci porterà fuori dai grovigli esistenziali in cui siamo scivolati, ma ci condurrà verso una pienezza che neppure possiamo immaginare o sperare (cfr. Ef 3,20). La “stella” per noi può essere costituita da persone sapienti, da eventi provvidenziali, da ispirazioni che vengono dal Signore. Nella Chiesa di oggi, una stella luminosa è certamente il magistero e la testimonianza di Papa Francesco, così come rappresentano astri luminosi i profeti del nostro tempo.

Il Viaggio dei Magi è lungo, faticoso ed esposto a pericoli: è tutto poggiato sulla fiducia in Dio. Per applicare la loro lezione, non basta vedere la “stella”, ma bisogna mettersi in cammino, con prontezza e perseveranza. Occorre superare i rinvii pretestuosi e le indolenze inconcludenti, che ci chiudono nel perimetro delle nostre precarie sicurezze. Se non diventiamo come i Magi restiamo ostaggi di noi stessi: così ci vengono a mancare la luce e la forza di cui abbiamo bisogno per affrontare i passaggi difficili della nostra vita. Va detto che gran parte del nostro malessere - che imputiamo ad altri o a fattori esterni - in realtà dipende dal fatto che le nostre idee sono confuse e le scelte fatte risultano sbagliate. Infatti, niente e nessuno può scipparci la pace, senza la nostra complicità.


Seguendo la traiettoria tracciata dalla stella i Magi giunsero a Betlemme; nel luogo dove era ospitata la Sacra Famiglia. Abbiamo ascoltato, dal racconto di Matteo, che «entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono» (Mt 2,11). Maria e la casa, sono simbolo della Comunità ecclesiale, dove Gesù abita. Può essere una casa povera e dimessa, forse non rispondente alle nostre attese, ma è il luogo dove il Signore dimora. Se vogliamo incontrare Gesù, dobbiamo andare dove Lui sta e ci attende, non lasciandoci deviare da prospettive artificiose, che non corrispondono ai disegni di Dio. Va evitato l’errore in cui sono incappati i Magi, che, pensando di trovare il Messia in una reggia splendida, finiscono per infilarsi nel palazzo di Erode, che è un odioso e militante “anti-Messia”.  

I Magi, giunti a destinazione, «provarono una grandissima gioia» (Mt 2,10): questa felicità traboccante fa eco al giubilo annunciato dal profeta Isaia. Conosciamo i motivi di questa esultanza: l’incontro con Colui che è Via, Verità e Vita (cfr. Gv 14,6). È la stessa gioia, riservata anche a noi, se impariamo a incontrare e a vivere Gesù nella Chiesa: infatti, solo in Lui trovano risposta piena e certa le nostre domande radicali, come solo il dono della Sua grazia può riscattarci dal male e renderci capaci di amare, da veri figli di Dio (cfr. 1Gv 3,1-3).

I Magi, dopo aver adorato Gesù, «aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra» (Mt 2,11). Sono simboli di una dedizione totale, che offre le proprie ricchezze (l’oro), la devozione e il culto (incenso), la fedeltà fino alla morte (mirra).

Anche noi, sull’esempio dei Magi, siamo chiamati a riconoscere in Gesù il nostro Salvatore e a consegnarGli, con abbandono confidente, la nostra storia, ciò che abbiamo, ma soprattutto ciò che siamo. 


Il Vangelo ci parla pure di un personaggio sempre attuale: Erode, che, dentro questo scenario di luce, proietta un’ombra malefica. La sua strategia di morte è sempre la stessa: l’inganno subdolo e ammantato di falsa amicizia. «Allora - dice il testo di Matteo - Erode, chiamati segretamente i Magi…li inviò a Betlemme esortandoli: “andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo”» (Mt 2, 7-8).

Erode ha un profilo che non resta confinato in un’epoca, ma costituisce una figura emblematica che attraversa tutta la storia: l’ “Erode” del nostro tempo agisce come l’Erode di ieri. Anche oggi opera con scaltrezza insidiosa. È abile nel ricorrere al fascino perverso della menzogna: così il male viene spacciato come bene e il bene denunciato come male. Cambiano le maschere che assume e le modalità con cui mette in cantiere la sua ostilità, ma il fine è sempre lo stesso: estromettere Gesù, dalla società come dal cuore della gente. 

Non c’è solo l’ “Erode” esterno, ma c’è anche quello interiore, perché l’ “Erode”, che infesta la convivenza ecclesiale e civile, ha aperto una succursale anche in ciascuno di noi. Bisogna vigilare attentamente perché l’ “Erode-fuori” si allea con l’ “Erode-dentro” (l’ “uomo vecchio” secondo s. Paolo - cfr. Ef 4,20-24), e insieme provocano gravi danni.

I Magi non si accorgono da soli delle cattive intenzioni di questo tiranno e avrebbero rischiato di essere complici inconsapevoli dei suoi raggiri: ma «avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese» (Mt 2,12).

Anche per noi è di primaria importanza ricorrere al “discernimento comunitario”, fatto in sintonia con il Magistero della Chiesa, per dotarci degli “attrezzi critici” necessari per smontare gli ingranaggi ideologici ed emozionali di cui “Erode” si serve per le sue macchinazioni. 

In Maria, donna dell’Epifania, troviamo, compendiate e attuate al vertice della perfezione, tutte le virtù cristiane ed umane che consentono di accogliere la verità che libera; irradiare la carità che pulsa con un cuore universale, perché ama tutti nessuno escluso; e comunicare la speranza che ci rende - già da ora - riflessi vivi del mondo che verrà. 


A tutti e a ciascuno rivolgo l’augurio che, alla Scuola di Maria, impariamo a vivere con gioia e fedeltà ogni “Epifania” di Dio nella nostra vita e, formati dallo Spirito del Risorto, possiamo anche noi diventare “epifania” evangelica per coloro che la Provvidenza rende nostri compagni di viaggio, nell’avventura - entusiasmante ed impegnativa - di costruire una Chiesa sempre più-Chiesa e promuovere una società più aperta a Dio e, proprio per questo, più degna dell’uomo. Amen!


Giuseppe Card. Petrocchi   

07.01.19 10:49 - La Redazione PAGINEABRUZZO