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Combattere il razzismo. Ma come?

(10 Febbraio 2018)

Combattere il razzismo. Ma come?
Di fronte ai molti, continui fatti recenti di razzismo aperto (le ripetute cariche di polizia ai picchetti di lavoratori della logistica in grande maggioranza immigrati, il tentato omicidio di sei immigrati da parte del nazista di Macerata, gli schifosi rigurgiti di demagogia pre-elettorale) è bene ribadire alcune cose.
Il razzismo non si combatte con i “buoni sentimenti” o il “multiculturalismo”, né tanto meno con gli appelli a Stato e istituzioni. Il razzismo è uno degli strumenti con cui le classi dominanti di ogni Paese cercano di dividere e quindi indebolire il fronte proletario: giovani/anziani, uomini/donne, “garantiti”/precari, occupati/disoccupati, e per l’appunto lavoratori “nazionali” e lavoratori immigrati. I flussi migratori sono una costante nella storia del capitalismo mondiale: ad alimentarli sono il suo sviluppo ineguale, la miseria che affama vaste aree (frutto di colonialismo e imperialismo), le guerre incessanti che massacrano intere popolazioni (e di cui lo Stato italiano è diretto responsabile, a fianco degli altri Stati, sia con la vendita d'armi sia con l'invio di truppe), gli effetti dell’attuale crisi sistemica da cui il capitale non riesce a uscire e che anzi è destinata ad aggravarsi e approfondirsi, avvelenando oggi, in ogni modo, la vita sociale e creando i presupposti tutt’altro che ipotetici di un futuro nuovo conflitto mondiale.

Il razzismo dunque si può combattere solo comprendendo il suo stretto legame con queste dinamiche, materiali e ideologiche, e dunque disponendosi a combattere il capitalismo, in tutte le sue manifestazioni, materiali e ideologiche. Ma combatterlo non vuol dire solo operare contro il divide et impera. Vuol dire anche abbandonare ogni “speranza illusoria” che Stato e istituzioni siano al di sopra delle parti, che rivolgendosi a essi e facendo pressione su di essi si possa in qualche modo “migliorare” la condizione di masse proletarie e proletarizzate in fuga da ogni parte del mondo: Stato e istituzioni (sia quelle legali e ufficiali, sia quelle illegali e mafiose) sono strumenti della dittatura della classe dominante e difenderanno sempre i suoi interessi, immediati e storici. I partiti e i sindacati ufficiali, insieme ai mezzi di comunicazione, ne sono i docili servi, con il ricorso (specie nelle settimane che precedono l'ennesima buffonata elettorale) agli strilli osceni sulla necessità per lo Stato di mantenere in esercizio le “forze dell’ordine”, anche a fronte di possibili minacce future sul terreno sociale. Quanto ai fascisti, nazisti e altri patriottici idioti che oggi inneggiano e scatenano la caccia al “nero”, essi sono solo crudeli e pericolosi strumenti della dittatura democratica borghese, oggi tollerati o tenuti sotto controllo da quelle stesse istituzioni che, in un domani di inasprimento delle lotte sociali, li lasceranno scatenare contro ogni proletario “rosso”.

E’ necessario rendersi conto di tutto ciò. E, se davvero si vuole combattere il razzismo, tornare a combattere contro il sistema capitalistico che lo produce, lo alimenta e se ne serve. Altrimenti, lo si voglia o no, si è soltanto dei miserabili complici.
Milano, 10/2/2018

Partito comunista internazionale (il programma comunista)

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