INTERVISTA – Andrea Davolo (Sinistra Rivoluzionaria): “Non riconosceremo il pagamento del debito alle banche”

Andrea Davolo

Intervista ad Andrea Davolo, candidato al collegio uninominale del Senato per la lista Sinistra Rivoluzionaria.

Alle prossime elezioni politiche si presenteranno tre partiti che si rifanno alla sinistra cosiddetta radicale o comunisti: Sinistra Rivoluzionaria, Partito Comunista, Potere al Popolo. Poi c’è anche Liberi e Uguali. Perchè tanta frammentazione, a dire il vero non una novità nella sinistra italiana? In poche parole, puoi aiutare i lettori a capire le differenze tra queste diverse opzioni di sinistra in campo?

Questa frammentazione è figlia dello screditamento che ha colpito la sinistra negli ultimi anni. Quando un partito di sinistra si carica di responsabilità pesantissime, approvando leggi che peggiorano la condizione dei lavoratori e che attaccano lo stato sociale, è normale che poi non goda più del sostegno delle classi popolari.

La frammentazione diventa quindi inevitabile quando i vecchi gruppi dirigenti, quelli di sempre, basti pensare a D’Alema, ripropongono con Liberi e Uguali il vecchio schema del centro-sinistra, magari semplicemente epurato dalla figura di Matteo Renzi.

Ma anche la lista di Potere al Popolo non costituisce una novità, dato che si caratterizza con il solito profilo politico della sinistra radicale. Sto parlando delle politiche che in questi vent’anni sono state proposte da Rifondazione comunista e che ritroviamo integralmente in Potere al Popolo; politiche che hanno seminato illusioni sulla possibilità di riformare questo sistema, salvo poi partecipare agli attacchi portati avanti dal centro-sinistra all’epoca di Prodi. Quella sinistra ha fallito perché le sue utopie di riforma si sono scontrate con la dura realtà di una crisi del capitalismo che non consente riforme in favore dei lavoratori, a meno che un governo non decida di rompere con le regole di funzionamento di questo sistema economico.

Ecco qual è il punto: per noi, oggi, una sinistra può esistere solo se si presenta con un programma anticapitalista. Oggi non si può ottenere non dico il progresso sociale, ma nemmeno la difesa delle condizioni sociali esistenti se non si rompe con le regole economiche e di bilancio che ci vengono imposte dalla finanza internazionale e dall’Unione Europea.

L’unità della sinistra è un miraggio?

Il problema dell’unità a sinistra è reale. Ma nelle attuali condizioni, meglio non confondere programmi diversi perché la possibilità di ricostruire la sinistra in questo Paese, passa anche dalla capacità di aprire una discussione vera sul programma e sugli obiettivi politici. Quindi, “marciare separati, ma colpire uniti”. E l’unità la realizzeremo nei conflitti sociali che ci vedranno dalla stessa parte, quella dei lavoratori e dei giovani: saranno loro a giudicare e mettere alla prova i diversi programmi nel concreto delle lotte.

A livello di contenuti, qual è la proposta specifica di Sinistra rivoluzionaria per costruire la rottura anticapitalista di cui parli?

Sinistra Rivoluzionaria è l’unica che pone al centro del suo programma la necessità di non riconoscere il pagamento del debito alle banche, alle assicurazioni e alle finanziarie. Noi questo debito lo abbiamo ampiamente ripagato.

Confartigianato ha stimato che lo stato italiano negli ultimi vent’anni ha restituito 1.700 miliardi di euro. Eppure questo debito non accenna a ridursi nonostante, nel frattempo, il bilancio dello Stato sia stato sempre in attivo. Va certamente riconosciuta solo quella piccola parte del debito, circa il 6%, che si trova nelle mani dei piccoli risparmiatori. Ma per il resto stiamo parlando di una tassa di 70-80 miliardi di euro l’anno, di soli interessi sul debito, che noi regaliamo agli strozzini della finanza internazionale. Una cifra pari a 3 manovre finanziarie. Sono risorse immense che devono essere subito messe a disposizione delle necessità sociali.

Con quei soldi si potrebbero, ad esempio, raddoppiare i finanziamenti destinati alla sanità pubblica, in un paese in cui 12 milioni di persone rinunciano a curarsi o perché nel loro territorio mancano i presidi sanitari o perché i costi, anche nella sanità pubblica, o le liste d’attesa sono tali da scoraggiare la gente a prendersi cura della propria salute. Con una parte di quelle risorse, sottratte alle dinamiche del debito pubblico, si potrebbe finanziare una legge che riduce l’orario di lavoro a parità di salario. In Italia 5 milioni e mezzo di persone non lavorano o non cercano più un lavoro. Eppure un lavoratore italiano mediamente lavora il 25% di ore in più rispetto ad un lavoratore francese o tedesco. Per lottare contro la disoccupazione sarebbe quindi necessario distribuire il lavoro fra tutti.

Ma non pagare il debito non significherebbe una dichiarazione di default e una fuga dei capitali?

Noi proponiamo di accompagnare il rifiuto del pagamento del debito a misure anticapitaliste come la nazionalizzazione del sistema bancario, utile a controllare i capitali ed evitare un’insolvenza gigantesca. In default dobbiamo mandarci i capitalisti, non i lavoratori. Gentiloni ha trovato nel giro di una giornata 26 miliardi di euro da destinare alle banche venete e a Monte dei Paschi di Siena, mentre salari e pensioni continuano a piangere miseria. Le banche devono essere messe nelle mani dello Stato, controllate pubblicamente e tornare a rispondere a criteri di utilità pubblica e non essere funzionali a mantenere i privilegi di una élite finanziaria.

Vi considerate di matrice trotskista?

Sinistra Rivoluzionaria è l’aggregazione di due organizzazioni, Sinistra Classe Rivoluzione (Scr) e Partito Comunista dei Lavoratori (Pcl), che si ispirano al trotskismo. Per Scr, a cui io appartengo, questo vuol dire innanzitutto che il socialismo non è una caserma burocratica come era la vecchia Urss dai tempi di Stalin in avanti, una dittatura di una burocrazia di partito contro i lavoratori. Al contrario, socialismo per noi significa autogoverno dei lavoratori sull’economia e sullo Stato, in un regime di piena libertà politica.

Che tipo di campagna elettorale stai conducendo?

Non ci spaventa il silenzio mediatico che colpisce la nostra lista. Noi stiamo continuando a fare quello che abbiamo sempre fatto e quello che continueremo a fare anche dopo il 4 marzo. Andiamo là dove possiamo incontrare i giovani e i lavoratori, azienda per azienda, scuola per scuola, facoltà per facoltà. Ai giovani e ai lavoratori non chiediamo un voto sulla base di promesse elettorali. Proponiamo un programma rivoluzionario, coscienti che per poterlo affermare nella società ci sia bisogno dell’impegno attivo e militante per ricostruire un partito di tutti gli sfruttati.

Ciò che a noi interessa, in campagna elettorale come in qualsiasi altro momento della nostra attività politica, è riannodare i fili, raccogliere ed organizzare i settori più arrabbiati e coscienti. Oggi la crisi di credibilità della sinistra è tale da aprire una voragine nel campo della rappresentanza e dell’organizzazione degli interessi dei lavoratori e degli sfruttati. Fuori da questo non rimangono che le commedie parlamentari recitate da partiti che interpretano in modo diverso gli interessi di quel 10% della popolazione già ricco e che da questa crisi ne sta uscendo più arricchito. Non è un problema che si può risolvere nel giro di una campagna elettorale o di un’elezione politica. Ogni giovane o lavoratore che sta cercando un modo per cambiare le cose, deve sapere che ci troverà in prima fila anche e soprattutto dopo il 4 marzo per costruire il partito rivoluzionario e le lotte sociali di cui abbiamo bisogno.

Andrea Marsiletti

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