INTERVISTA – Taccagni (Pd): “La sezione del partito rimane la cellula fondamentale: tutto parte da lì”

Cosa sta succedendo dentro il Pd? L’organizzazione del partito è ancora adeguata ai tempi? Come rilanciarsi? Lo abbiamo chiesto a Marco Taccagni, segretario uscente del circolo del Pd di Salsomaggiore e presidente del Consiglio comunale. Salsomaggiore è stato uno dei pochi Comuni importanti nei quali il centrosinistra ha vinto alle ultime amministrative a livello nazionale. Nelle prossime settimane chiederemo il parere di altri segretari del Pd.

Nell’era del disimpegno politico e dei social network ritieni che la “forma partito” abbia ancora un senso?

È fondamentale. Disimpegnarsi è un verbo che, declinato in politica, mi fa piuttosto paura. Ci possono essere momenti più o meno positivi e avere una struttura e delle regole interne serve anche per gestire le fasi negative e aiutare a ripartire. Avere un’articolata democrazia interna non occorre solo a legittimare un gruppo dirigente o l’altro, ma anche, e soprattutto, a strutturare il cambiamento che si vuole raggiungere.

Il Pd è in crisi, calano gli iscritti e calano i votanti. Da più parti si imputa la situazione alla scarsa presenza del partito sul territorio. Tu sei d’accordo? 

Bisogna distinguere le due cose: la militanza è un impegno molto più gravoso, seppur non meno intenso, dell’esercizio del diritto di voto ed è dunque normale che in un momento di disimpegno generale rispetto alla politica non ci si rifugi solo nell’astensionismo, ma anche nella diserzione delle sezioni di partito. Gli ultimi anni ci hanno dimostrato che i voti si muovono, tanto, e molto velocemente rispetto ai cicli politici dei decenni passati e, come le elezioni di Salso hanno in parte dimostrato, le persone del territorio hanno ottenuto, con alle spalle lo stesso simbolo, un risultato nettamente diverso a quello delle politiche.

A fronte del notevole calo di iscritti, quali azioni avete messo in campo per arginare tale fenomeno?

Tante, e la spinta della campagna elettorale ci ha aiutati molto in questo senso. Oltre a incontri interni con vari mondi della nostra città, negli ultimi tempi abbiamo dialogato con personalità di calibro regionale e nazionale, come Gianluca Benamati, Vasco Errani e Stefano Bonaccini.

Nell’ultimo anno quali iniziative sono state promosse dal tuo circolo? 

Le azioni messe in campo sono state, innanzitutto, iniziative mirate al tesseramento, che, tra l’altro, nel corso del mio mandato da segretario è stato proficuo, tant’è che solo Fidenza e Sala Baganza hanno registrato esiti migliori. Inoltre, grazie al circolo PD locale e a quello di Fidenza, Salso ha vantato (e spero di cuore tornerà   vantare) una splendida Festa dell’Unità. E’ un momento di aggregazione comunitaria e presidio del territorio sempre più necessario.

Quante volte si riuniscono gli organi dirigenti locali?

Il direttivo si riunisce mensilmente. L’attuale gruppo di reggenza è piuttosto attivo e si incontra quasi settimanalmente per gestire la fase di transizione al congresso di circolo che dovrebbe essere il prossimo mese.

In sezione avete discusso la situazione del Pd nazionale?

Sì, ma non troppo. Le elezioni amministrative ci hanno assorbito molto e la decisione di puntare soprattutto sulle persone, sulla squadra e sulla continuità con l’Amministrazione uscente piuttosto che sul simbolo in quanto tale ha spinto il dibattito interno in un’altra direzione.

Ritieni che il rafforzamento delle attività di sezione possa servire al rilancio del Pd anche su scala nazionale?
Assolutamente. Personalmente penso che un partito debba avere un certo peso specifico e una certa forma che può, ovviamente, evolversi ma che deve rimanere immutata nei suoi caratteri essenziali. E la cellula di questo sistema è la sezione territoriale: da lì parte tutto.

Quando proponi a una persona fuori dal giro tradizionale del partito di iscriversi al Pd che faccia fa? 

Più o meno questa: :-O. Scherzi a parte, percepisco uno scatto positivo in reazione alle politiche di questo Governo, e questo mi fa ben sperare. Diverse persone si sono avvicinate dopo il referendum costituzionale e dopo il 4 marzo, ossia nei momenti in cui il nostro partito era dato per spacciato dai più.

Nella tua sezione c’è una minoranza?

La nostra sezione ha vissuto una fase di strappo molto profonda nel 2013 e da lì il gruppo rimasto si è molto consolidato. Una reale minoranza non c’è, ci sono semmai alcuni iscritti che hanno sostenuto mozioni uscite sconfitte dalle fasi congressuali, ma non è identificabile una minoranza strutturata.

Tra questi temi quali ritieni prioritario: sicurezza, immigrazione, lavoro, fisco?

Lavoro.

Come vedi il rapporto con il M5S?

Reputo giusta la posizione del partito, in questa fase, alla minoranza. Nel movimento 5 stelle è confluita una parte di nostri elettori e penso che anche a una buona parte di quelli del movimento questa fase politica stia dando molto da pensare. Tra tutte penso al caso della Diciotti: ciò che è accaduto e certe dichiarazioni contro la magistratura da parte di esponenti della maggioranza sono senz’altro pesanti da digerire per una parte del loro elettorato.

Come vedi il rapporto con Leu?

Penso che il PD sia il naturale e principale contraltare di questo Governo. Se ci sono dei punti che possono essere programmaticamente similari il dialogo deve esserci, ma scevro da tatticismi. Agli elettori, come si è visto, questo non interessa.

Dando per scontata l’adesione all’Europa, su cosa punteresti per rafforzarne l’identità?

Io faccio parte della cosiddetta generazione Erasmus e il senso di Europa che questa ha saggiato è senz’altro più accentuato rispetto a quello di altre. Per affermare la propria identità l’Europa deve iniziare davvero a fare l’Europa. Fumoso, forse, ma deve trovare la forza per superare la troppa timidezza che ha avuto fin’ ora e scongiurare il rischio di trasformarsi in quell’Europa che il gruppo di Visegrad rappresenta. Lì sarebbe ridotta così tanto ai minimi termini che sarebbe irriconoscibile rispetto all’idea originaria della stessa.

GT

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