Egitto
Strage jihadista in Sinai, ministro Esteri Shoukry a Roma: l'unica risposta è "militare"
Egitto: "Regione in pericolo. Ad alleati chiediamo tecnologia"
Roma, 1 dic. (askanews) - Le politiche "nocive" attuate negli ultimi sette anni in Medio oriente hanno infiammato la regione, mai così in pericolo come adesso, e "guerre intestine" hanno aumentato "la minaccia terroristica e l'ideologia fondamentalista" anche in Egitto dove, dopo la recente strage nel Nordest del Sinai, non può esserci risposta al di fuori di quella "militare". Sameh Hassan Shoukry, il ministro degli Esteri del Cairo, non vede altra soluzione. Al "barbaro e inaccettabile" attentato che ha causato la morte di 311 cittadini egiziani riuniti in preghiera si risponde con "la forza necessaria". "Con l'attività militare si può debellare questa minaccia, questa ideologia esclusiva e violenta. Non c'è altro modo di affrontarla se non con la forza militare", ha commentato durante il suo intervento al Forum Med 2017, la conferenza internazionale che riunisce a Roma capi di governo, ministri, esperti e organizzazioni non governative di circa 56 Paesi.
Un intervento che l'Egitto "è in grado" di poter svolgere da solo, senza un contributo "diretto" degli alleati internazionali. A loro, però, il Cairo chiede comunque collaborazione. Si tratta di "un pericolo collettivo" e "i nostri partner tradizionali" possono fornire un contributo in termini di "tecnologia per la sorveglianza e il monitoraggio" delle aree più a rischio, ha sottolineato Shoukry, dopo avere ricordato che "l'intervento di poteri extra regionali" ha reso "il quadro della regione più complesso, creando il pericolo di una escalation del conflitto".
Un quadro che, nell'opinione del ministro egiziano, dovrebbe favorire "un maggiore sforzo per la collaborazione tra le sponde Nord e Sud del Mediterraneo", allo scopo di "ripristinare l'equilibrio strategico perduto". Quanto fatto contro il terrorismo in Siria e in Iraq non è sufficiente, secondo Shoukry. I profughi fuggiti da questi due Paesi, per scampare al pericolo dello scontro militare portano con sé "il rischio di una rinnovata minaccia terroristica nel Nordafrica, in Libia, in Mali". A questo proposito, il capo della diplomazia del Cairo ha ricordato le notizie sui foreign fighters e i loro campi di addestramento nell'Africa subsahariana: "sono causa di forte preoccupazione per noi e rappresentano una grande minaccia per l'Egitto e per i nostri fratelli africani", ha sottolineato.
Ma se "lo scontro militare" è l'unica via per sradicare l'ideologia jihadista, per recuperare "sicurezza e tranquillità" occorre anche intervenire a sostegno di economia e sviluppo. Su questo punto, Shoukry ha detto che "il governo egiziano ha progetti importanti per lo sviluppo del Sinai" colpito dal recente attentato. "Il terrorismo", ha concluso, "non si può certo affrontare sulla base dei progetti economici, che sono destinati alla popolazione. Ma questi servono per migliorare le condizioni di vita delle persone, in modo che non siano più attirate da ideologie sbagliate e radicalismi".
Il presidente Abdel Fatah al Sisi mercoledì scorso ha dato tre mesi all'esercito egiziano per ripristinare la sicurezza e la stabilità nel Sinai, mettendo in conto "l'uso della forza brutale" contro i terroristi.
© Riproduzione Riservata