IL RICORSO
Investì e uccise Giada: eviterà il carcere
Il legale di Flavio Jeanne ricorre in Cassazione: pena illegittima, detenzione ingiusta
La difesa di Flavio Jeanne, il “pirata della strada” che il 14 settembre del 2016 investì e uccise la 17enne varesina Giada Molinaro mentre attraversava in viale dei Mille, ci riprova con la Cassazione.
Per sollecitare, da un lato, la concessione delle attenuanti generiche a favore del venticinquenne cuoco varesino figlio di genitori originari di Mauritius, condannato in abbreviato in primo e in secondo grado a sei anni di reclusione (con l’aggiunta del cosiddetto “ergastolo della patente” e dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici) e, dall’altro, il «difetto di motivazione» che grava sulla sentenza della quinta Corte d’Appello di Milano in ordine alla questione di costituzionalità - sollevata e rimasta inevasa - rispetto all’omicidio stradale.
La norma in questione, a parere del legale dell’imputato - da quasi un anno e sette mesi agli arresti domiciliari - avrebbe introdotto un trattamento sanzionatorio ingiusto e irragionevole in relazione, soprattutto, ad altre fattispecie analoghe o anche in ipotesi di reati dolosi percepiti peraltro dalla collettività con connotati di grave disvalore sociale (rapina, violenza sessuale, estorsione, prostituzione minorile).
La linea difensiva dell’avvocato Alberto Talamone (la collega, avvocato Cinzia Martinoni, ha nel frattempo dismesso il mandato) non introduce particolari elementi di novità di fronte alla Cassazione e si ripropone «di ridurre la pena sulla base di un principio di proporzionalità» e di considerare «il grado di colpa non elevato dell’imputato», che investì sulle strisce - «senza per altro andare a velocità elevata» - la sfortunata Giada, quando però «quest’ultima stava attraversando senza guardare perché distratta dal telefonino».
Di più, per quel che concerne l’ipotesi della concessione delle generiche, se è vero che Flavio Jeanne «non prestò soccorso e scappò perché temeva il linciaggio, in quanto scuro di pelle», è altrettanto vero che «confessò tutto, ancora prima che arrivasse il suo legale», una volta messo di fronte all’evidenza dei fatti dai carabinieri, e ha inoltre risarcito le parti civili (che hanno ritirato la propria costituzione).
L’udienza in Cassazione, originariamente prevista per fine marzo, è saltata per malattia del difensore, che ha chiesto e ottenuto un rinvio (ma l’udienza non è stata fissata).
Un rinvio provvidenziale per l’imputato che, anche con sentenza passata in giudicato, non dovrebbe più ritornare in carcere perché la pena residua sarebbe ormai inferiore ai quattro anni.
Fatto questo che, con il nuovo ordinamento penitenziario, potrebbe permettergli di accedere alle misure alternative alla detenzione come l’affidamento in prova ai servizi sociali.
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