IL VOTO
Fusione Verbania-Cossogno: un flop
Proposta di unione dei Comuni, vincono no e astensionismo
A Cossogno trionfa il no alla fusione con Verbania: 220 voti contrari, 183 i sì. A Verbania prevale l’astensionismo: solo in 3.222 (il 12,13% degli aventi diritto), domenica scorsa, si sono recati alle urne sugli 8.796 richiesti per il quorum del referendum consultivo: 2.884 i sì (89,87%), 325 i no (10,13%), nove le schede nulle.
Il sindaco del centro collinare, Doriano Camossi, a spoglio ultimato, voleva dimettersi. Ieri, lunedì 14 maggio, il ripensamento.
«Lasciare, a un anno dalle elezioni, il Comune in mano ad un commissario, non mi sembra nell’interesse del paese. Però devo sentire gli altri. Se dovesse prevalere la scelta di dimissioni sufficienti a far venir meno il numero legale, non potrei che adeguarmi».
Lo invita a restare il portavoce del Comitato del no, Pietro Morelli.
«Non l’avevamo chiesto fin dall’inizio, quando lo stesso Camossi prometteva le dimissioni in caso di sconfitta. Porti a termine il mandato, consenta alla comunità d’esprimere una nuova amministrazione».
Tutt’altro clima si respira a Verbania dove il centrodestra ha vissuto la campagna referendaria come il primo tempo delle amministrative del prossimo anno.
Lo sfidante in pectore di Silvia Marchionini nel 2019, Giandomenico Albertella, si compiace per l’esito che confermerebbe «le ragioni per le quali avevo annunciato la non partecipazione al voto».
Un avvio ufficioso di campagna elettorale?
«Assolutamente no ma mi avevano tirato impropriamente in ballo sia Camossi sia il Comitato per il sì», spiega il sindaco di Cannobio.
«Leggo - commenta Marchionini - di “ceffoni” e altre dure accuse in alcuni comunicati del centrodestra verbanese. Vorrei invitarli a riflettere come lo stop al “matrimonio” tra lago e monti sia un fatto negativo. Festeggiare appare un controsenso per chi si vuole candidare al governo della città».
«Sulla fusione - replica il segretario cittadino, Nicolò Scalfi - nel Pd non c’erano dissensi. Lo dimostra la partecipazione alla campagna referendaria dei due esponenti di maggior peso istituzionale: l’onorevole Enrico Borghi e il vicepresidente della Regione Aldo Reschigna».
Per Forza Italia, sindaco e Pd dovrebbero prendere atto «dell’avviso di sfratto da Palazzo di Città che, con il voto, i verbanesi hanno recapitato loro».
Secondo Fratelli d’Italia, «per il sindaco si tratta di una sconfitta politica pesantissima, che dà l’esatta dimensione di quanto la sua azione sia ormai scollegata dai problemi della città».
Per il club Forza Silvio, «Marchionini deve dimettersi» e il Pd deve «decidere al suo interno cosa fare».
Si stacca dal coro l’ex leghista Stefania Minore.
«Qualcuno si vanterà d’aver raggiunto un risultato elettorale, e che questa sia una sconfitta politica del Pd. Ma la verità è che su temi importanti come la salute, legati alla privatizzazione del forno crematorio, i cittadini si sono recati a votare con responsabilità».
Sara Bignardi (Fronte nazionale) osserva: «Il vero smacco giunge dalle urne di Cossogno (Comune di residenza di Marchionini, di cui è stata sindaco per dieci anni, ndr)». Frenano gli entusiasmi del centrodestra i 5 Stelle: «Faccia autocritica chi ha proposto il referendum, calandolo dall’alto, ma si eviti di esultare per meriti non propri su questo fallimento bipartisan».
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