E meno male che all'ultimo secondo hanno deciso di ritirarla quella mozione che chiedeva di allestire un presepe in un luogo istituzionale e raccomandava agli istituti scolastici e ad altre “location”, di piazzare bene il bambinello, la Madonna, Giuseppe, il bue e l'asino in luoghi pubblici e di pregio. Meno male che la pluriconsigliera Lilli Lauro e i suoi compagni di partito hanno rinunciato nell'ultima seduta di consiglio comunale, quella degli auguri di Natale, a sei giorni esatti dalla augusta ricorrenza, a chiedere un impegno simile al consiglio comunale.
Già la leader nazionale di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, si era scatenata sul tema, rinnegando il suo talebanismo a favore dell'Albero di Natale per convertirsi in una crociata ( è il caso di usare questo termine) a favore del presepe, simbolo, emblema del cristianesimo-cattolicesimo da testimoniare contro le persecuzioni subite nel mondo, a favore della pace dei popoli.
Ma secondo voi il consiglio comunale si deve occupare di queste cose o piuttosto di come sta la città? Sono tanto vecchio e “datato” come cronista da ricordare le estenuanti sedute a Palazzo Tursi, quando qualche ordine del giorno imponeva altolocate discussioni sulla guerra nel Vietnam. Certo era un tema bruciante e quella guerra sconvolgeva non solo il lontano paese asiatico, ma anche le coscienze nord occidentali. Ma che ci azzeccava Tursi, Genova degli anni Sessanta-Settanta e anche un po' Ottanta e perchè sfinirsi in dotte disquisizioni pro e contro Ho-Ci-Min, il generale Giap e gli yankees invasori con il loro napalm?
Allora Genova era già una città piena di problemi, magari non emergenti come oggi, con le sue roccheforti ideologiche, le grandi fabbriche, il porto i partiti storici, con i loro apparati solidi come molock. Oggi il Pd mette in cassa integrazione il suo ultimo funzionario, altro che gli storici uffici del fu PCI, delegati a studiare la politica estera!
Allora l'ideologia contrapposta poteva spiegare, non certo giustificare, quelle notti insonni a Tursi intorno al Vietnam e magari sul libretto di Mao. Ma oggi cosa può convincere gli elettori sempre più disinteressati all'agone politico che i consiglieri comunali si devono occupare di presepi, così come un mese fa si erano occupati, con successo, del crocefisso da piazzare nell'aula consiliare?
La ggente, detto alla romanesca, si aspetta che i consessi politici come il consiglio comunale, sacra funzione sempre meno frizzante a Tursi, affrontino i nostri grandi problemi di sviluppo, le difficoltà, le aziende che se ne vanno, i treni lenti che ci isolano, i deficit delle aziende pubbliche, i servizi pubblici da far funzionare e le nostre quotidiane emergenze.
Nessuno si nasconde che nella nostra cultura, nella nostra storia profonda, i “segni” della tradizione, anche di quella cattolica, hanno un valore, un'importanza. Sono un segnale della nostra civiltà, che nella globalizzazione è minacciata, tenuta in scacco, perseguitata con il terrore che arriva nelle nostre strade, nelle nostre città.
Nel giorno della mozione abortita proprio a Genova è stato arrestato un militante dell'Isis. “Era pronto ad agire.”_ hanno spiegato gli inquirenti. Non lo avrebbe fermato un presepe, ma lo hanno beccato i nostri efficienti servizi di polizia. Allo stesso modo qualche decina di anni fa una discussione di ore a Tursi non ritardava o cancellava i bombardamenti a Hanoi.
Fatte salve le buone intenzioni dei proponenti di quella mozione pro-presepe e le discussioni interne al centro destra, che l'hanno stoppata, sembra che in questi casi la politica voglia svicolare dalle urgenze, magari con l'alibi dei sacri principi da difendere.
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Presepi e crocefissi a Tursi, la politica che svicola
Sempre vivo il dibattito sui simboli natalizi
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