Lunedì 6 Maggio 2024

Dai 5Stelle a Mdp: piazze vuote come le urne

Nella Prima Repubblica Berlinguer e Almirante riempivano gli spazi urbani. Oggi raduni per pochi intimi

Bersani e Fava a Paternò (Catania)

Bersani e Fava a Paternò (Catania)

Roma, 25 ottobre 2017 - Si torna sempre lì. Alla celebre (e amarissima) frase del socialista Pietro Nenni all’indomani delle rovinose elezioni del 1948: «Piazze piene, urne vuote». Archeologia politica di prim’ordine. Dov’è – domanda retorica diretta – la piazza piena? Eppure, nonostante tutto, viene ancora percepita come luogo temuto e sperato al tempo stesso. Il tutto mentre la gente non va più a votare.  Nei Palazzi prevale un riflesso condizionato. In Transatlantico, un renziano di quasi stretta osservanza, mormora preoccupato: «Ecco, e ora sinistre e grillini scendono in piazza contro il Rosatellum». Più comicamente c’è chi sbaglia piazza. Vedi Alessandro Di Battista, detto ‘Dibba’, er mejo dei grillini, che salta, come nella famosa pubblicità dell’olio con Nino Castelnuovo, una transenna. Comincia a comiziare e si becca pernacchi a raffica. Dibba si rende conto che a manifestare non sono i ‘suoi’ indignati, ma ex Forconi, autonomisti lombardo-veneti, qualche no-vax di passaggio e i fantastici neoborbonici che rivogliono il Regno delle Due Sicilie.  Anche in questo caso, increscioso equivoco a parte (Dibba fa parte di un movimento il cui leader fatica a distinguere il Cile dal Venezuela), la piazza urlante è composta da poche decine di persone. E dire che i grillini di piazze vorrebbero intendersene. Parlano a quella virtuale – e anche lì le cifre sono bassine e sempre sospette: si chiamano ‘contatti’ – e a quella reale. Però, anche ammesso che a stendere lo striscione Tagliatevi lo stipendio, la vera riforma è questa ci fossero tutti i parlamentari non si raggiunge quota 150. Che differenza con i capi carismatici di epoche lontane e l’uso politico dello spazio urbano. Esempio: l’Eroe dei Due Mondi nel 1867 in piazza Santa Maria Novella a Firenze. Garibaldi si affaccia dalla terrazza dell’albergo e la gente, tantissima e trepidante, rabbrividisce al suo grido di «Roma o morte!». Oppure, nel secondo dopoguerra, la piazza cattolica – ricolma – che acclama Alcide De Gasperi o l’anticomunistissimo Luigi Gedda, leader dei Comitati civici.    Fino alla metà degli anni Ottanta il comunista Enrico Berlinguer (eloquio serio e incisivo, poco spazio alla battuta facile, che in piazza praticamente ci morì nel 1984) e il missino Giorgio Almirante (sommo oratore, non a caso la sua era famiglia di attori) son capaci di riempire le piazze San Giovanni e del Popolo a Roma – 33mila metri quadri la prima, 18mila la seconda. Altri tempi, è vero. Quando la Dc diffonde opuscoli su «10 domande da farsi nei comizi» e i comunisti «il quaderno dell’attivismo». Quest’ultimo servirebbe ancora. Dalle piazze se sono grandi, tutti si tengono lontanucci. Oppure riempiono di bandiere in primo piano (Pd docet) per avere le inquadrature giuste e sembrare di più. O, furbizia suprema, prendono una sala di 200 persone e poi, viso grave, scandiscono: «Vogliamo scusarci, ma non ci aspettavamo una simile partecipazione». Già, chi l’avrebbe mai detto?  Eppure, ogni tanto una fiammella si riaccende. Leggi che «per una sera Paternò (Catania) si è trasformata in un campo di battaglia politica». Caspiterina. Da una parte Bersani (Mdp). Dall’altra Di Maio (M5S). Sostanziale pareggio: 80 persone in piazza conto 80. La fiammella si spegne. Certo, nessuno pretende i 400mila che, a sedere!, festeggiarono il primo anno della Rivoluzione francese. Correva l’anno 1790. Altro mondo.