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Veneto. Piano socio sanitario, il testo all’esame dell’Aula. Opposizioni critiche

Per il relatore Fabrizio Boron (Zp) si tratta di “una sfida importantissima”. Ma per Piero Ruzzante (Liberi e Uguali) e Patrizia Bartelle (Italia In Comune) il Piano “è tutto da rifare”. Critico anche il Pd che, tra le altre cose, evidenzia come la discussione avvenga in assenza dell’assessore regionale, dopo che Coletto è stato nomina sottosegretario del ministero della Salute. “Non è possibile esaminare il nuovo Piano in assenza dell’assessore. Manca così la regia politica della programmazione sociosanitaria”, dichiara Sinigaglia (Pd). IL TESTO


19 DIC - Non è stato un inizio semplice per l’esame del nuovo Piano socio sanitario regionale del Veneto (Pssr 2019-2023) da ieri sul tavolo dell’Aula del Consiglio regionale. Anzitutto per l’assenza dell’assessore alla Salute. Il posto, infatti, è vacante da quando, pochi giorni fa, Luca Coletto è stato chiamato a Roma a fare il sottosegretario della Salute del ministro Giulia Grillo.

Nella Regione, però, le cose devono andare avanti. È così ieri è iniziata la maratona per la discussione del nuovo Piano Socio Sanitario Regionale. “Una sfida importante” per il relatore, Fabrizio Boron (ZP), che spiega come il Piano, dopo la riforma della sanità veneta, con la Legge 19, rappresenti il completamento del percorso di trasformazione della Sanità regionale.

Al centro del Piano anche la questione dell’autonomia. Il Veneto, infatti, è tra le Regioni che ha iniziato un percorso per chiedere maggiore autonomia dal Governo su alcune materie, tra cui la sanità. “Il Veneto – ha detto Boron - deve poter decidere di migliorare il proprio Sistema Socio Sanitario, facendo conto non solo sulla programmazione pratica, di risorse, ma anche su una programmazione di personale e di formazione in ambito sanitario. Ho portato a conoscenza che, da uno studio predisposto dall’Università Cà Foscari, emerge come il Veneto, ogni anno, perde circa 78 euro pro capite su costi standard nazionali, oltre 300 milioni di euro che vengono sottratti, annualmente, al Sistema Sanitario Regionale. Anche su questo fronte, l’autonomia del Veneto saprà dare risposte e soluzioni convincenti”.

Per il correlatore, Claudio Sinigaglia (PD), il nuovo Piano “preoccupa molto in quanto si pone in netta discontinuità con quello precedente, sia per quanto riguarda l’organizzazione ospedaliera, in cui vengono introdotte delle novità che non ci convincono e di cui non riusciamo a comprendere bene quali potranno essere le conseguenze, soprattutto per quanto riguarda l’organizzazione degli ospedali territoriali, i cosiddetti Spoke, che vengono accentrati notevolmente in Ospedali Hub. Non ci convince, in particolare, l’organizzazione del territorio, con i Distretti che hanno sostituito i naturali punti di riferimento costituiti dai Medici di Medicina Generale. Non capiamo il motivo per cui siano state smantellate le Medicine di Gruppo Integrate, che rappresentavano un insostituibile punto di riferimento per circa 700 mila cittadini e che erano la vera novità del modello veneto di integrazione socio sanitaria. E inoltre, è irrisolto il fondamentale tema della non autosufficienza, manca la riforma delle Ipab, c’è una drammatica carenza di personale medico e infermieristico e non sono stati approntati quei provvedimenti in grado di offrire soluzioni a questa grave lacuna, soprattutto nel territorio, con riferimento ai minori, alla psichiatria, ai livelli educativi che invece vanno assolutamente preservati”.

Sinigaglia ha quindi espresso la volontà del Pd di avere comunque un atteggiamento “costruttivo” per migliorare il testo. Ma ha anche rimarcato il problema dell’assenza di un assessore alla Sanità con cui interloquire. In Aula, peraltro, a quanto si apprende dalle note diramate dall’ufficio stampa del Consiglio Regionale, non era presente neanche il presidente della Regione Luca Zaia che, non avendo ancora nominato un erede di Coletto, ha in questo momento le deleghe della Sanità. “Non è possibile esaminare il nuovo Piano Socio Sanitario Regionale in assenza dell’Assessore regionale alla Sanità. Manca così la regia politica della programmazione sociosanitaria. Una assenza, questa, che ha dell’incredibile, per quanto la Giunta sia organo collegiale”.

Per Piero Ruzzante (Liberi e Uguali) e Patrizia Bartelle (Italia In Comune) il Piano “è tutto da rifare”. “Partiamo da un dato – affermano in una nota comune -, 749.437 persone hanno rinunciato a curarsi, in Veneto, nel 2016. Un veneto su 7, il 15%: un numero impressionante, che vogliamo ridurre, determinato dalle scelte sbagliate promosse da chi governa la regione da vent'anni senza soluzione di continuità. È ora di voltare pagina”.

Per i due consiglieri “un segnale di sofferenza viene anche dagli operatori del settore: non si può far finta di non vedere che il Veneto è l’unica regione che ha assistito non solo allo sciopero unitario dovuto alle carenze di personale nella sanità pubblica, ma anche ad un lunghissimo sciopero dei medici di base. Anche da parte di questi lavoratori, la spina dorsale della sanità veneta ai quali va il nostro ringraziamento, c’è un giudizio negativo delle politiche perseguite finora e la richiesta di un netto cambiamento”.
 
Ruzzate e Bartelle propongono, tra le altre cose, “l’abolizione dell'Azienda Zero”, che  un “carrozzone” che “ha espropriato il territorio delle scelte fondamentali”. E poi “bisogna puntare sulle strutture intermedie e difendere il modello delle medicine di gruppo integrate, funzionali alla presa in carico delle cronicità in una prospettiva di prossimità al territorio”. Ruzzante e Bartelle chiedono anche l’abolizione del superticket e interventi sulla salute mentale e la cannabis terapeutica”. Ultima proposta: “Secondo noi i direttori delle Ulss non possono essere pagati più del Presidente della Regione, perciò proponiamo un tetto massimo in modo tale che le retribuzioni non possano superare tale cifra”.
 
Nicola Finco (LN) è però intervenuto a difesa del Piano: “E’ stato redatto sulla base di una serie di analisi puntuali, con particolare riferimento alla popolazione del Veneto, che sta invecchiando ma lo sta facendo bene, e dei principali fattori di rischio, come l’incidenza di tumori e delle malattie cardiovascolari. Il Distretto diviene un vero e proprio regista dove opererà un team di multi professionisti specialisti per la presa in carico del paziente. Viene affrontata la problematica della rete ospedaliera, con la conferma della distinzione tra Hub e Spoke, ma specializzando gli ospedali di periferia per contenere la fuga di medici dai territori. Alcune professionalità vanno quindi dislocate nei territori”.

Per Finco va poi “regolamentato l’accesso ai Pronto Soccorsi in base all’età e all’eventuale disabilità dei pazienti, al precedente percorso di cura seguito. Preciso che la differenza non la fa il numero delle Ulss, ma la programmazione che viene portata avanti, soprattutto nei territori. Vanno affrontate con ancora più decisione le malattie psichiatriche, in aumento negli ultimi anni, soprattutto tra i giovani, penso in particolare al bullismo, all’anoressia. La Regione sa sicuramente guardare al futuro, la sanità pubblica trova anche il sostegno del privato nell’ambito di una fattiva collaborazione”.

In Aula è intervenuta l’Assessore regionale al Sociale Manuela Lanzarin: “Con umiltà voglio replicare ad alcune affermazioni sentite prima. Ho assistito sempre ai lavori della Quinta Commissione, ho sentito tutte le audizioni con i soggetti portatori di interesse, credo quindi di avere oggi tutti gli elementi per dare risposte alle molte sollecitazioni ricevute. Il Piano è in assoluta continuità con quello precedente, il quale si era molto concentrato sulla rete ospedaliera e la distinzione tra Ospedali Hub e Spoke. Con questo Piano, confermiamo assolutamente quella rete ma cerchiamo anche di dare risposte ai rinnovati bisogni assistenziali della popolazione, alla luce delle novità legislative nel frattempo intervenute, in primis la Legge 19 che ha istituito Azienda Zero e ha riformato le Ulss riducendone il numero”.

“Altre Regioni – ha proseguito Lanzarin - ci hanno copiato e vuol dire che il Veneto ha fatto da apri pista a una nuova gestione della materia sociosanitaria. Avremo tempo e modo per rivedere alcune criticità e per migliorare. Le Aziende Sanitarie sono state liberate da incombenze amministrative e burocratiche per concentrarsi sulla salute e il benessere della popolazione. I 26 Distretti diventano il fulcro del territorio, un territorio che diventa quindi protagonista del Piano. I comuni hanno un ruolo importante e continueranno ad averlo, con i Piani di Zona e il coinvolgimento su tematiche importanti quali disabilità, povertà, servizi alla persona, agli anziani e sulla non autosufficienza. Sicuramente va affrontato il problema dell’invecchiamento della popolazione. Non dobbiamo solo riformare le Ipab, ma l’intero servizio della residenzialità, che coinvolge pubblico e privato. Ci sarà una Legge Quadro sulla non autosufficienza, sulla residenzialità e la presa in carico degli anziani”.

L’assessore ha evidenziato la necessità di affrontare “la sfida della cronicità, con scelte lungimiranti che investano la carenza dei medici, degli infermieri, degli OSS, con un tentativo di richiamare il Governo Nazionale a ripensare a queste problematiche. Il vero problema è infatti il reperimento del personale e il passaggio di risorse umane tra una struttura e un’altra. Non abbiamo smantellato le Strutture intermedie, ma le abbiamo riviste e riprogrammate, anche alla luce delle novità legislative. Non abbiamo neppure smantellato le Medicine di Gruppo, che hanno incontrato notevoli difficoltà nei territori, soprattutto legate al lavorare assieme. Ma non abbiamo cambiato idea, non le vogliamo certo smantellare, rimaniamo convinti che siano un presidio importante, rimettendo al centro la persona. Nessun licenziamento di personale. Le Medicine di Gruppo avranno caratteristiche diverse e saranno presenti nei territori là dove saranno veramente necessarie. Non vogliamo mettere in discussione l’universalità delle cure. Do atto del positivo apporto garantito dalle opposizioni, perché alla fine abbiamo un obiettivo unico, in comune: migliorare i servizi socio sanitari e riportare al centro la cura della persona”.

19 dicembre 2018
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