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ITALIA

Intervista all'autore

Martini: la politica è la fabbrica delle “verità”. La propaganda da Mussolini a Grillo

Il bel libro di Fabio Martini, "La Fabbrica della verità. L’Italia immaginaria della propaganda da Mussolini a Grillo" (Ed. Marsilio, pagg.208), è la storia della "macchina" della persuasione e della propaganda politica in Italia. L'arco di tempo che analizza è ampio: dal fascismo a Renzi. Ed è una storia affascinante. Come si sviluppa la propaganda politica nella storia italiana? Quali sono le costanti? Nell’epoca della Rete come si sviluppa? Ne parliamo, in questa intervista, con l’autore. Fabio Martini è cronista politico per il quotidiano “La Stampa" di Torino.

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di Pierluigi Mele
Fabio Martini, pur con mezzi diversi, dalle "veline di Mussolini" ai twitter di Renzi, la propaganda ha delle "costanti" che permangono nel tempo. Quali sono queste "costanti"?
Mussolini aveva una speciale attitudine per la propaganda occulta attraverso i media e ha inventato modalità che sono diventati archetipi in democrazia. L’ottimismo oltre ogni ragionevole riscontro con la realtà. La denigrazione del nemico. E infine la paura, instillata attraverso tanti espedienti: per esempio i Tg ansiogeni di Mediaset, quando al governo c’era Prodi.

La ricerca del consenso attraverso il meccanismo dell’occultamento della realtà, ovvero spargendo ottimismo, con una propaganda rassicurante.  Quali sono stati i "campioni", nel passato?
Nel secondo dopoguerra i governanti democristiani rinunciarono, soprattutto per non riprodurre la retorica fascista, a proporre una rappresentazione eccessivamente ottimistica della realtà, sia nei comizi che nelle trasmissioni radiofoniche che televisive. E loro stessi si presentavano al grande pubblico con affettata impersonalità. I primi a rompere questa auto-rappresentazione, tipica anche dei comunisti, sono stati i milanesi Craxi e Berlusconi. Il primo, proponendo dosi non eccessive di ottimismo della volontà, il secondo con uno sfoggio di promesse, in gran parte non mantenute e questo non è stato del tutto ininfluente nella caduta del suo carisma.

Oggi siamo nel tempo della "post-verità", traduzione italiana di "post-Truth", ovvero  nel tempo in cui i  fatti oggettivi sono meno influenti rispetto all’emozione e ai propri convincimenti. Una mentalità devastante. In questo tempo quali sono le "armi" più potenti?
Le armi sono le stesse di un tempo, perché per far leva sui pregiudizi, anziché sui giudizi, degli elettori, è sufficiente servirsi dei media tradizionali. Se un leader declama una quasi-bugia non gli basta farla passare attraverso la Rete. Anche gli altri media servono.

Una domanda  su  di noi giornalisti: come giudichi il controllo della stampa sulla "post verità" del Potere (politico)? Siamo all’altezza?
Saremmo all’altezza. I giornalisti, in Italia e non solo, hanno perso credibilità per colpe proprie. Ma complessivamente il livello professionale non è così scadente. Almeno non quanto l’etica professionale che invece è modesta, sovrastata da uno spirito gregario e schierato, che rende difficile quel lavoro di smascheramento della post-verità che invece sarebbe decisivo.

Torniamo alla propaganda politica. Dicevamo dell’ottimismo come "ingrediente" necessario per conquistare il "consenso" necessario per il potere. E in questo, in    Italia, abbiamo avuto (abbiamo) due "tipi ideali", direbbe Max Weber: Silvio Berlusconi e Matteo Renzi. Due "narratori" dell’ottimismo…vacuo? Simili e diversi?
L’ottimismo in politica è una "bestia" da alimentare con cura. Se esageri, ben oltre ogni riscontro oggettivo, finisci per pagare quell’eccesso. Per Berlusconi è già accaduto, per Renzi pure. Naturalmente l’ottimismo, a giuste dosi, non fa male, può essere utile soprattutto per controbilanciare gli eccessi di pessimismo.

Parliamo sempre di Renzi. Anche nelle ultime vicende (vedi Banca  Italia) si è voluto trasformare nel paladino dei risparmiatori contro i salotti finanziari. Insomma abbiamo assistito ad una operazione di "post verità"?
No, direi di no. Si può dubitare che, nella battaglia contro il Governatore Visco, Renzi abbia avuto a cuore soltanto gli interessi dei risparmiatori. Ma questo non si può neppure negare e forse un sospetto di questo tipo si può nutrire sui tanti che hanno difeso senza se e senza ma la politica di vigilanza di Banca d’Italia.

ll "renzismo" è post verità?
No. Non confondiamo populismo, bugie e post-verità. Sono tre cose diverse. La post-verità è, da parte dei leader, cavalcare i pregiudizi degli elettori con l’aggiunta di qualche bugia e, da parte degli elettori, dar credito più ai propri pregiudizi che ai fatti. Renzi, da premier, ha prodotto una quantità di misure, che hanno interessato più di venti milioni di elettori. Che però non lo hanno premiato. Più dei "regali" ha potuto il pregiudizio, l’antipatia per il personaggio. Direi che Renzi è "vittima" di un clima da post-verità, più che esserne l’incarnazione.

E veniamo ai 5stelle. Anche loro sono dei campioni di propaganda  in stile "post verità". Nonostante la forza del propagandista della Rete è innegabile. I fatti parlano, la loro difficoltà estrema nel governo di importanti entri locali. Eppure tengono alto il loro consenso politico nazionale. Forza della propaganda?
No. I Cinque Stelle mantengono, pur con qualche flessione, una quota significativa di consenso non perché raccontino bugie, ma per una ragione quasi opposta: perché a dispetto di evidenti difficoltà a livello locale, i loro elettori hanno talmente tanti giudizi e pregiudizi su tutti gli altri che è quasi indifferente quel che fanno o dicono i loro beniamini. Possono permettersi di dire bugie perché non intaccano più di tanto il capitale di consensi, alimentati dalla rabbia oltreché da legittimi ragionamenti.

Ultima domanda, se vuoi ironica e provocatoria, come giudichi la propaganda politica del D’Alema "gruppettaro"?
Massimo D’Alema , dal punto di vista comunicativo, non è molto cambiato, anche se da qualche anno il suo nervosismo affiora alla prima domanda provocatoria o soltanto "giusta". E’ cambiato quel che dice: oggi ha posizioni da sinistra radicale, un tempo era il campione del realismo.