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POLITICA

#Elezioni2018

M5s continua a guardare al Pd. A patto che sia senza Matteo Renzi

Di Maio tiene lo sguardo sui dem per raggiungere quella maggioranza assoluta che il voto con il Rosatellum non gli ha consegnato. Emiliano: "Ok a un appoggio esterno". La Lega: spartiamoci presidenze Camere

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In attesa dei festeggiamenti questa sera alle 20.30 in piazza nella sua Pomigliano D'Arco, dove ha trionfato con il 63,41% contro il candidato del centrodestra Vittorio Sgarbi, Luigi Di Maio ha trascorso la mattina nel suo ufficio di vicepresidente della Camera a Montecitorio seguendo soprattutto ciò che sta accadendo nel Pd in queste ore. Perché, come è emerso a partire dalle ore immediatamente successive al voto che ha premiato M5s come primo partito, è soprattutto ai dem che il candidato premier pentastellato guarda per raggiungere quella maggioranza assoluta che il voto con il Rosatellum non gli ha consegnato.

Di Maio continua a confidare nella 'derenzizzazione' del Pd
Le vicende di oggi sembrano dargli ragione. Viene accolta con favore la dichiarazione di Francesco Boccia, deputato dem vicino a Michele Emiliano: "Se Mattarella dovesse dare l'incarico a Luigi Di Maio, io penso che, pur restando all'opposizione, si debba poter valutare un appoggio esterno per fare nascere il governo". Il governatore della Puglia, Michele Emiliano, non ha mai fatto mistero della sua posizione pro dialogo con i 5 stelle. L'ha confermata oggi in una intervista al Fatto. Un governo Di Maio-Pd è "l'unica strada per ripartire. Dobbiamo dare l'appoggio esterno a un governo dei 5Stelle, che con questa vittoria hanno diritto di governare. E dobbiamo esercitare la funzione di controllo sul programma. Altrimenti si salderanno alle destre".

Dopo il disappunto con cui i 5 stelle ieri hanno accolto le dichiarazioni di Matteo Renzi, che ha congelato le sue dimissioni da segretario, oggi il clima è più disteso. Aveva già aiutato la dichiarazione di Luigi Zanda che si era decisamente smarcato da Renzi subito dopo la conferenza stampa al Nazareno, dichiarazione che aveva fatto dire ad Alessandro Di Battista, con una certa sicumera, davanti alle telecamere: "Il Pd è già senza Renzi". Se così è effettivamente lo si scoprirà lunedì in direzione.

M5s, dai contatti già in corso con le aree di minoranza di Emiliano e di Andrea Orlando, scommette che Renzi in quella sede sarà messo in minoranza. È difficile che prima di quel momento parta una trattativa realistica sull'elezione dei presidenti delle Camere su cui Di Maio ha detto ieri di essere aperto "al confronto con tutte le forze politiche". Difficile quindi che prima di lunedì arrivi la rosa di nomi di cui ha parlato ieri Danilo Toninelli da offrire ai partiti.

Non risultano contatti con Leu, non vengono trascurati i movimenti nella Lega
Di Maio guarda soprattutto al Pd anche se non vengono trascurati i movimenti nella Lega, l'altro vincitore di questa tornata elettorale. Ieri sera il leghista Giancarlo Giorgetti a Porta a Porta osservava: "Il buonsenso vorrebbe che le presidenze delle due Camere fossero date alle forze più votate, quindi una a M5s e una al centrodestra". E stamattina, il capogruppo uscente del Carroccio al Senato, Gian Marco Centinaio, seppur osservando che sarebbe più naturale un governo Pd-M5s, ammette che c'è una certa vicinanza di programmi tra Lega e pentastellati.