Original qstring:  | /dl/archivio-rainews/articoli/elezioni-no-maggioranza-la-battaglia-si-gioca-al-sud-7aa9e795-1e29-4e02-8ec6-642119c00e4c.html | rainews/live/ | true
POLITICA

L'ultima supermedia dei sondaggi

Elezioni. Non c'è maggioranza, la battaglia si gioca al Sud

Centrodestra in testa con il 37,2%. Seguono M5S con il 27,8% e il Pd con il 22,9%. Secondo il  sondaggio OpinoItalia, presentato oggi ad Agorà, il prossimo 4 marzo il 69% degli italiani afferma che andrà sicuramente a votare. Il 23% ha risposto che andrà a votare con molta probabilità. Il restante 9% risponde che non sa o non andrà a votare. In base a queste dichiarazioni l’affluenza è stimata in una forbice che va dal 65 al 69%

Condividi
L'ultima Supermedia dei sondaggi prima del divieto previsto dalla Par condicio conferma un quadro stabilizzato rispetto alle settimane precedenti. Il centrodestra si conferma in testa ma non in grado di raggiungere la maggioranza assoluta dei seggi, M5S è il partito più votato, il Pd flette ma, grazie ai suoi alleati minori, è ancora in grado di contendere ai pentastellati la palma del gruppo parlamentare più numeroso. La Supermedia settimanale, realizzata da YouTrend, è l'ultima prima del voto del 4 marzo. Dalla mezzanotte di questa sera - venerdì 15 - i sondaggi potranno essere realizzati ma scatterà  il divieto assoluto di pubblicarli.

Non c'è maggioranza, la battaglia si gioca al Sud
La battaglia - come rileva anche il sondaggio Swg - si gioca dunque al Sud dove si trovano tra i 70-75 seggi incerti. Le Camere sono senza maggioranza. Alla Camera (dove per avere la maggioranza servono 315 deputati) il centrosinistra potrebbe oscillare tra i 151 e i 161 onorevoli, il centrodestra tra i 263 e i 273, M5S tra i 174 e i 184, cui vanno sottratti gli espulsi di questi giorni. Il quadro al Senato è leggermente differente. Nella Camera alta i pentastellati hanno minor forza e si fermano a quota 26% mentre il centrodestra appare più forte potendo valicare quota 38%. Il centrosinistra resta invece sulle proprie posizioni con la possibilità di arrivare oltre il 29%.

Primo partito resta M5S: lo scandalo dei bonifici influenzerà l'elettorato?
Vediamo i dati in dettaglio. Primo partito resta M5S con il 27,8%. Certo, permane il dubbio di quanto possa alla fine influire lo scandalo dei bonifici scoppiato in questi ultimi giorni. La risposta non è semplice: è passato troppo poco tempo e le conseguenze nell'opinione pubblica faticano a manifestarsi nelle ultime rilevazioni effettuate. Un indizio di quanto questa vicenda potrebbe influire però ce lo dà una recente indagine dell'istituto Ixè, che ha chiesto agli intervistati quale fosse la priorità da affrontare in Italia: ebbene, alle spalle della questione del rilancio economico (50%), ben il 21% del campione ha risposto "Onestà, etica". Si tratta di un storico cavallo di battaglia storico per il M5S e infatti tra i suoi elettori tale percentuale sale a oltre il 32%. Difficile stimare quanti elettori, anche solo potenziali, si allontaneranno dal Movimento a causa di questa storia, certo è che la base a 5 stelle è tra le più sensibili su questo tema particolare.

M5S: quadro degli ultimi due anni sembra essersi piuttosto stabilizzato
E il Movimento 5 Stelle? Dopo il "boom" delle elezioni politiche del 2013, in cui fu la lista più votata alla Camera sul territorio nazionale, il M5S ha inizialmente sofferto la sua "marginalità" parlamentare e in seguito l'effetto-novità incarnato da Renzi. Il 2015 è stato però l'anno della riscossa per i pentastellati che, incalzando in continuazione il Pd e il suo segretario/premier, si sono arrampicati gradualmente fino alle soglie del 30%, e da lì non si sono praticamente più mossi nell'ultimo anno e mezzo. Una tale stabilità è sorprendente, per un Movimento che si professa post-ideologico. Il quadro degli ultimi due anni sembra comunque essersi piuttosto stabilizzato, prendendo la forma di quel "tripolarismo asimmetrico" cui abbiamo fatto cenno altre volte, caratterizzato dall'anomalia per cui il polo più consistente, il centrodestra, è in realtà diviso in due al suo interno tra due anime profondamente diverse.
 
Nuovo record negativo per il Pd: 22,9%. Male anche Liberi e Uguali 
Brutte notizie a sinistra: Liberi e Uguali scende per la prima volta sotto la soglia del 6%, a quota 5,8%, proseguendo in un trend calante, non troppo netto ma costante nel tempo. Anche per il Pd il bicchiere è mezzo vuoto: il 22,9% costituisce un nuovo record negativo dall'inizio del nostro tracking, ma almeno in questo caso i dem possono guardare con un minimo di ottimismo al risultato delle liste minori alleate: questa settimana + Europa, Insieme e Civica Popolare toccano il 4,5%, un dato che consente all'intera coalizione di centrosinistra di portarsi a pochi decimi punti di distanza da M5S e al Pd di restare in lizza per la palma di primo gruppo parlamentare nella prossima legislatura. Attenzione, però: se +Europa dovesse superare la soglia di sbarramento 3% - e magari, nello stesso tempo, le altre due liste restassero sotto l'1 per cento - il Pd si vedrebbe togliere seggi, e neanche pochi: addirittura fino a 19 seggi, secondo una nostra recente stima basata sulla Supermedia.

Dal 2014 per Renzi 'solo dispiaceri'
Per il partito di Renzi, comunque, dal 2014 la legislatura ha regalato quasi solo dispiaceri: un primo calo, dopo l'incredibile 40,8% delle Europee, è arrivato verso la fine di quell'anno con le polemiche sull'articolo 18 e il Jobs Act. Un secondo calo c'è stato nel 2015, con gli scontenti generati dalla riforma della "Buona Scuola" e con i risultati non proprio entusiasmanti delle Regionali. Il 2016 è stato l'anno della "campagna referendaria permanente" che ha portato alla cocente sconfitta del 4 dicembre. Da lì a poco, un ulteriore smottamento c'è stato in occasione della scissione di Mdp, poi confluito in Liberi e Uguali, e il clima arroventato dei mesi successivi all'estate, con la sconfitta pesante del centrosinistra in Sicilia e le polemiche sulla nuova legge elettorale, hanno completato l'opera.

Centrodestra al 37,2% dei voti: dato troppo basso per puntare alla maggioranza assoluta
Nel centrodestra si sorride ma anche qui non troppo: la coalizione è nettamente in testa con il 37,2% dei voti, quasi 10 punti in più dei suoi avversari. Ma è un dato ancora troppo basso per poter puntare alla maggioranza assoluta. Nella battaglia tutta interna tra Forza Italia e Lega per la palma di primo partito della coalizione, è Berlusconi a essere nettamente favorito con oltre 3 punti sul rivale (16,8% contro 13,2%). La strategia dell'ex premier di premere sull'acceleratore nelle settimane che hanno preceduto lo scioglimento delle Camere, insieme alla composizione delle liste, sembra aver dato i suoi frutti. Dopo essere rimasta alle spalle della Lega per quasi 3 anni, nell'ultimo periodo Forza Italia ha scalzato l'alleato/avversario, in modo sostanzialmente speculare alla perdita di consensi fatta registrare dal Pd, in ultimo sulle vicende legate alle banche e al lavoro della relativa commissione parlamentare d'indagine.

E gli elettori? Cosa voterebbero nel caso di un governo a larghe intese?
Secondo il  sondaggio OpinoItalia, presentato oggi ad Agorà, il prossimo 4 marzo il 69% degli italiani afferma che andrà sicuramente a votare. Il 23% ha risposto che andrà a votare con molta probabilità. Il restante 9% risponde che non sa o non andrà a votare. In base a queste dichiarazioni l’affluenza è stimata in una forbice che va dal 65 al 69%.

Il Premier indicato dalla maggioranza degli intervistati per un governo di larghe intese nel caso in cui non ci sia un vincitore, è Paolo Gentiloni indicato dal 27% degli italiani. Gentiloni spodesta così Luigi Di Maio che la settimana scorsa era in prima posizione e oggi lo segue con il 23% delle preferenze, davanti a Matteo Salvini con il 14%. Seguono Mario Draghi (9%), Matteo Renzi e Pietro Grasso (6%), Giorgia Meloni e Emma Bonino (4%), Antonio Tajani e Carlo Calenda (2%), Marco Minniti (1%).