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ITALIA

Gestivano centinaia di migliaia di euro di fondi europei

Mafia. Le mani di Cosa Nostra sui parchi siciliani, 12 arresti e sequestri per 7 milioni di euro

Il provvedimento richiesto dalla Direzione distrettuale antimafia nissena ed emesso dal gip, ha fatto scattare 6 ordinanze di custodia cautelare in carcere, 5 arresti domiciliari e una misura di interdizione dall'esercizio dell'attività professionale. Disposto anche il sequestro di immobili, aziende, beni e disponibilità finanziarie 

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"Terre emerse" dai meandri oscuri degli affari di Cosa nostra, con la complicità di colletti bianchi. E' stata battezzata così l'operazione della Guardia di finanza di Caltanissetta e del Servizio centrale investigazioni sulla criminalità organizzata. Dodici le misure cautelari eseguite a carico di coloro che gestivano illecitamente terreni demaniali e contributi agricoli comunitari. Arrestati 11 esponenti legati a Cosa nostra e interdetto un notaio compiacente.

Sequestrati beni per 6 milioni e mezzo di euro. Il provvedimento richiesto dalla Direzione distrettuale antimafia nissena ed emesso dal gip, ha fatto scattare 6 ordinanze di custodia cautelare in carcere, 5 arresti domiciliari e una misura di interdizione dall'esercizio dell'attività professionale. L'indagine, che vede coinvolti allo stato attuale 23 indagati, trae origina da altra attività investigativa - l'operazione "Nibelunghi" condotta sempre dai finanzieri del Gico di Caltanissetta tra il maggio 2017 e il gennaio 2018 - e ha disvelato un sistema di gestione di terreni e contributi agricoli da parte di Cosa nostra nella zona delle Madonie e dei Nebrodi. Metodi mafiosi utilizzati dalla famiglia dei Di Dio, originari di Capizzi, nel Messinese, ma stanziatisi nella provincia di Enna.

Nei loro confronti (tutti destinatari di ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere) è stato contestato il delitto di concorso esterno in associazione mafiosa con riferimento ai rapporti con numerosi esponenti mafiosi, tra cui quelli con i fratelli Virga, inseriti nel mandamento di San Mauro Castelverde.I Di Dio si sono dimostrati particolarmente attivi nel settore delle agromafie, agevolando la mafia, in modo tale, sottolineano gli inquirenti, da determinarne un significativo incremento del potere di infiltrazione in attività economiche collegate allo sfruttamento di vaste aree agricole collocate nei territori del Parco delle Madonie, di Capizzi, e della provincia di Enna, per l'ottenimento di contributi comunitari i quali venivano poi, in parte, versati ad elementi di vertice del gruppo mafioso, fornendo in tal modo un indispensabile apporto, anche economico, al mantenimento ed al rafforzamento delle cosche.

Gli indagati utilizzavano aziende agricole intestate a loro o a loro stretti congiunti al fine di concludere contratti fittizi di compravendita o di locazione di terreni, in realtà, direttamente riconducibili a soggetti mafiosi, consentendo mediante questo meccanismo di interposizione fittizia, di dissimulare l'effettiva disponibilita' dei cespiti in capo ai coindagati al fine di sottrarli alla possibile emissione di provvedimenti di sequestro o a misure di prevenzione patrimoniali.

Gli indagati utilizzavano i terreni e le aziende per presentare domande finalizzate all'ottenimento di contributi comunitari di sostegno all'agricoltura, utilizzando anche terreni di proprietà demaniale e versando parte dei corrispettivi ottenuti ai componenti del clan mafioso. In alcuni casi i terreni demaniali venivano sfruttati dagli indagati e rivenduti, pur senza alcun titolo (trattandosi di beni di proprietà dello Stato), all'Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) - a sua volta un ente pubblico - attraverso l'utilizzo di atti falsi che hanno consentito di incamerare ingenti somme di denaro. Una parte di tali beni, sottratti allo Stato, sono poi stati ricomprati da altri membri della famiglia Di Dio che hanno continuato a sfruttarli fino ad oggi risultando, agli atti di registro, quali proprietari di beni che, in realtà, rientrano nel patrimonio dello Stato.

Tra gli indagati, particolarmente significativo il ruolo svolto dai fratelli Rodolfo e Domenico Virga di Gangi, legati da vincoli di parentela ad altre storiche famiglie palermitane, i quali, grazie alla loro appartenenza alla mafia e al loro ruolo di spicco nel mandamento di San Mauro Castelverde, riuscivano a mantenere la gestione di terreni e imprese agricole con fittizie locazioni, in capo sia ai Di Dio sia a prestanome. Le  indagini hanno accertato anche il ruolo svolto da un notaio catanese per la stipula di atti falsi necessari alle truffe all'Agea, consentendo ai Di Dio di accaparrarsi circa 600 ettari di terreno all'interno del Parco delle Madonie, di proprietà del demanio.

Gli indagati sono riusciti in questo modo a percepire illecitamente, dal 2014 al 2018, circa 430 mila euro di contributi pubblici.  E' stato disposto, contestualmente, il sequestro di 900 ettari di terreni, fabbricati, beni, 9 aziende agricole per un valore complessivo di circa 6,5 milioni di euro ed è stato effettuato il sequestro per equivalente su disponibilità finanziarie degli indagati per un totale di circa 430 mila euro. I militari del Gico del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria hanno a lungo seguito tutti gli spostamenti degli indagati, documentando i passaggi del denaro in contanti. Questi gli indagati a vario titolo, per i reati di concorso esterno in associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni, aggravata dall'utilizzo del metodo mafioso e truffa per l'erogazione di pubblici contributi: custodia cautelare in carcere per Antonio Di Dio, 31 anni, Domenico Di Dio, 60 anni, Giovanni Giacomo Di Dio, 25 anni, Giacomo Di Dio, 35 anni, Giuseppe Fascetto Sivillo, 41 anni, e Caterina Primo, 61 anni; ai domiciliari Salvatore Dongarrà, 57 anni, Carmela Salerno, 48 anni, Rodolfo Virga, 58 anni, Ettore Virga, 26, e Domenico Virga, 56.