L'Hotel House di Porto Recanati, da complesso residenziale a ghetto. Salvini: "Servono le ruspe"
Costruito nel 1967, era stato concepito come esempio di edilizia a uso turistico residenziale nella riviera Adriatica, il grattacielo sull'Adriatico. Adesso versa in stato di degrado ed è ritrovo di pregiudicati e spacciatori. Oggi la visita di Matteo Salvini insieme ai rappresentanti delle istituzioni locali: "Voi continuate a fare le vostre analisi ma qui, secondo me, servono le ruspe, non altre soluzioni"
L'Hotel House di Porto Recanati, visitato oggi dal ministro dell'Interno Matteo Salvini, è un complesso residenziale costruito nel 1967: era stato concepito come esempio di edilizia a uso turistico residenziale nella riviera Adriatica, il grattacielo sull'Adriatico. Adesso versa in stato di degrado ed è ritrovo di pregiudicati e spacciatori.
Ha 17 piani (ma l'ultimo è solo una grande terrazza), 480 appartamenti: ci vive un sesto della popolazione di Porto Recanati. All'inizio gli appartamenti erano stati acquistati come case vacanze da famiglie di tutta Italia, in particolare del nord e delle province di Ancona e di Macerata. Con il passare del tempo ha però perso valore e ha attirato molti lavoratori extracomunitari, soprattutto maghrebini e centroafricani, seguiti da asiatici. Ora la situazione è fuori controllo.
In tre appartamenti è stata realizzata una moschea e più di 80 alloggi sono pignorati. Attualmente ci sono 1.711 residenti ufficiali, tra cui un centinaio di italiani. Dal primo gennaio 2018, avvalendosi anche di monitoraggio aereo e di unità cinofile antidroga, le forze dell'ordine hanno eseguito ben 295 interventi operativi, alcuni dei quali ripetuti nella stessa giornata e a orari diversificati, procedendo all'identificazione di 2.557 soggetti, residenti all'interno dell'Hotel House o comunque presenti nell'area. Contestualmente, si è proceduto a continue e pressanti perquisizioni domiciliari, di veicoli e personali. Fin dal 2017, la Guardia di Finanza ha, inoltre, controllato i flussi finanziari relativi ai cinque operatori money-transfer presenti nel complesso, identificando oltre 2.300 cittadini di provenienza non europea, che hanno movimentato verso paesi esteri circa 5 milioni di euro (di cui l'80% verso Senegal, Pakistan e Bangladesh). Il flusso di denaro è regolare.