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9 maggio 2018

News

Peppino Impastato, 40 anni fa l’assassinio del giovane siciliano che si ribellò alla mafia


9 maggio 1978: nello stesso giorno del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro, la notizia della morte di Peppino Impastato, trentenne attivista di Democrazia Proletaria dilaniato dal tritolo sui binari della linea Palermo Trapani, passò quasi inosservata.

A distanza di quarant’anni la storia del giovane siciliano che si ribellò alla mafia con le sole armi dell’intelligenza e dell’ironia e che per questo fu ucciso, la cui morte ottenne giustizia dopo molto tempo grazie alla battaglia condotta dalla madre e dai tanti suoi amici, continua ad ispirare tanti giovani ed è diventata memoria ed esempio.

Peppino Impastato nasce a Cinisi il 5 gennaio 1948 da Felicia Bartolotta e Luigi Impastato. La famiglia Impastato è bene inserita negli ambienti mafiosi locali: si noti che una sorella di Luigi ha sposato il capomafia Cesare Manzella, considerato uno dei boss che individuarono nei traffici di droga il nuovo terreno di accumulazione di denaro.

Frequenta il Liceo Classico di Partinico ed appartiene a quegli anni il suo avvicinamento alla politica, particolarmente al Psiup, formazione politica nata dopo l’ingresso del Psi nei governi di centro-sinistra.

Assieme ad altri giovani fonda un giornale, L’Idea socialista che, dopo alcuni numeri, sarà sequestrato: di particolare interesse un servizio di Peppino sulla Marcia della protesta e della pace organizzata da Danilo Dolci nel marzo del 1967: il rapporto con Danilo, sia pure episodico, lascia un notevole segno nella formazione politica di Peppino.

Nel 1975 organizza il Circolo Musica e Cultura, un’associazione che promuove attività culturali e musicali e che diventa il principale punto di riferimento por i giovani di Cinisi. All’interno del Circolo trovano particolare spazio ìl Collettivo Femminista e il Collettivo Antinucleare.

Il tentativo di superare la crisi complessiva dei gruppi che si ispiravano alle idee della sinistra rivoluzionaria, verificatasi intorno al 1977 porta Giuseppe Impastato e il suo gruppo alla realizzazione di Radio Aut, un’emittente autofinanziata che indirizza i suoi sforzi e la sua scelta nel campo della controinformazione e soprattutto in quello della satira nei confronti della mafia e degli esponenti della politica locale.

Nel 1978 partecipa con una lista che ha il simbolo di Democrazia Proletaria, alle elezioni comunali a Cinisi. Viene assassinato il 9 maggio 1978, qualche giorno prima delle elezioni e qualche giorno dopo l’esposizione di una documentata mostra fotografica sulla devastazione del territorio operata da speculatori e gruppi mafiosi: il suo corpo è dilaniato da una carica di tritolo posta sui binari della linea ferrata Palermo-Trapani.

Le indagini sono, in un primo tempo orientate sull’ipotesi di un attentato terroristico consumato dallo stesso Impastato, o, in subordine, di un suicidio eclatante.

Nel gennaio 1988 il Tribunale di Palermo invia una comunicazione giudiziaria a Badalamenti. Nel maggio del 1992 il Tribunale di Palermo decide l’archiviazione del caso Impastato, ribadendo la matrice mafiosa del delitto ma escludendo la possibilità di individuare i colpevoli e ipotizzando la possibile responsabilità dei mafiosi di Cinisi alleati dei corleonesi.

Nel maggio del 1994 il Centro Impastato presenta un’istanza per la riapertura dell’inchiesta, accompagnata da una petizione popolare, chiedendo che venga interrogato sul delitto Impastato il nuovo collaboratore della giustizia Salvatore Palazzolo, affiliato alla mafia di Cinisi.

Nel marzo del 1996 la madre, il fratello e il Centro Impastato presentano un esposto in cui chiedono di indagare su episodi non chiariti, riguardanti in particolare il comportamento dei carabinieri subito dopo il delitto. Nel giugno del 1996, in seguito alle dichiarazioni di Salvatore Palazzolo, che indica in Badalamenti il mandante dell’omicidio assieme al suo vice Vito Palazzolo, l’inchiesta viene formalmente riaperta.

Nel novembre del 1997 viene emesso un ordine di cattura per Badalamenti, incriminato come mandante del delitto. Il 10 marzo 1999 si svolge l’udienza preliminare del processo contro Vito Palazzolo, mentre la posizione di Badalamenti viene stralciata.

I familiari, il Centro Impastato, Rifondazione comunista, il Comune di Cinisi e l’Ordine dei giornalisti chiedono di costituirsi parte civile e la loro richiesta viene accolta. Il 23 novembre 1999 Gaetano Badalamenti rinuncia alla udienza preliminare e chiede il giudizio immediato.

Nell’udienza del 26 gennaio 2000 la difesa di Vito Palazzolo chiede che si proceda con il rito abbreviato, mentre il processo contro Gaetano Badalamenti si svolgerà con il rito normale e in video-conferenza.

Il 4 maggio, nel procedimento contro Palazzolo, e il 21 settembre, nel processo contro Badalamenti, vengono respinte le richieste di costituzione di parte civile del Centro Impastato, di Rifondazione comunista e dell’Ordine dei giornalisti.

Nel 1998 presso la Commissione parlamentare antimafia si è costituito un Comitato sul caso Impastato e il 6 Dicembre 2000 è stata approvata una relazione sulle responsabilità di rappresentanti delle istituzioni nel depistaggio delle indagini.

Il 5 marzo 2001 la Corte d’assise ha riconosciuto Vito Palazzolo colpevole e lo ha condannato a 30 anni di reclusione. L’11 aprile 2002 Gaetano Badalamenti è stato condannato all’ergastolo. Badalamenti e Palazzolo sono successivamente deceduti.

Il 7 dicembre 2004 è morta Felicia Bartolotta, madre di Peppino.
(Fonte: www.peppinoimpastato.com)


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