Cronaca

Francesco garzone e calciatore in erba: così la nonna di Bergoglio raccontava il futuro papa

Il romanzo di Marilù Simoneschi basato sul racconto di Rosa Margherita: ritratto inedito di un nipote speciale

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CITTÀ DEL VATICANO - Il racconto di quando da piccolo aiutava il nonno e il padre come garzone nel negozio di generi alimentari che avevano aperto a Buenos Aires. Del momento in cui, anni più tardi, decise di farsi prete e la madre non la prese bene. Fino al giorno in cui mise nel breviario, per non separarsene più, il testamento scritto dalla nonna.
 
È un Jorge Mario Bergoglio a tratti inedito, quello di cui scrive Marilù Simoneschi in Rosa la Luchadora. L’adorata nonna di papa Francesco. Una vita da romanzo (Imprimatur). Un romanzo storico, messo in pagina dopo aver consultato fonti di prima mano in Piemonte, da dove i Bergoglio partirono anni fa, e in Argentina. Un testo in cui è la nonna del futuro Papa a parlare, per tratteggiare il rapporto unico e privilegiato di Jorge Mario con lei. Nonna Rosa Margherita Vassallo Bergoglio, Rosa la Luchadora per il nipote, infatti, è stata la persona che più di tutte ha forgiato la fede di Jorge Mario. È stata lei a insegnargli a pregare da bambino, lei a calmare le acque il giorno in cui la madre scoprì che il figlio stava studiando teologia per farsi prete.
 
Ma facciamo un passo in avanti di parecchi anni. È il 24 marzo 2013 a Roma, domenica delle Palme, quando nella solennità della sua prima omelia papa Francesco decide di non pronunciare parole tratte da un raffinato discorso teologico, né citazioni di un dottore della Chiesa. Ma semplicemente di affermare: "Ho ricevuto il primo annuncio cristiano da una donna: mia nonna! È bellissimo questo: il primo annuncio in casa, con la famiglia!".
 
È in questo momento che tutti percepiscono l’influenza che ha avuto nella sua vita Rosa Vassallo. Una donna fortissima, che ha attraversato infinite avversità, sempre sostenuta da una fede incrollabile e dalla convinzione che "fare del bene è il miglior modo per sentirsi davvero bene".
 
Marilù Simoneschi immagina di incontrare Rosa una mattina, l’ultima della sua vita, sotto il cielo plumbeo di Buenos Aires. È lì per raccogliere il suo addio e seguire, lungo il sentiero dei suoi ricordi, la storia di un’esistenza che ha attraversato due secoli e l'Oceano, ed è stata testimone di incredibili accadimenti. Luci, tenebre e colpi di scena come nel copione di un film. La verità storica, accuratamente cercata, si mischia in questo romanzo al filo di un racconto che riannoda tante vite, tante speranze, tante illusioni. Tutti quei sogni, inseguiti con il rischio dell'estremo pericolo da uomini e donne che, in ogni tempo, non si sono rassegnati, aspirando con un'eterna partenza a un futuro migliore.
 
Tra i ricordi, c’è il suo testamento dato al futuro Papa sul letto dell’ospedale prima di morire. Jorge Mario lo prende e da allora lo conserva nel suo breviario. Vi si leggono queste parole: "Che i miei nipoti, a cui ho dedicato il meglio di me stessa, abbiano una vita lunga e felice. Ma se un giorno il dolore, la malattia o la perdita di una persona cara dovessero riempirli di afflizione, ricordino sempre che un sospiro al Tabernacolo, dove è custodito il martire più grande e augusto, e uno sguardo a Maria ai piedi della croce possono far cadere una goccia di balsamo sulle ferite più profonde e dolorose".
 
Non aveva che dieci o undici anni, Jorge Mario, quando iniziò a voler stare qualche ora al giorno in bottega per aiutare il nonno. Racconta la nonna: "Puliva, passava lo straccio per la polvere, apriva le casse della merce, metteva in ordine nel retrobottega e se lui voleva dargli una mancetta rifiutava: 'Nonno, dalli a un povero i soldi, che ne ha più bisogno. Ti ricordi, nonno, che cosa ha detto Gesù: ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi. Dobbiamo cercare di fare anche noi le stesse cose, vero?'. Rientrando a casa si fermava sempre un pochino in plazoleta Brumana a dare due calci alla pelota, la sua grande passione, poi si rivolgeva ai più piccoli per chiedere: 'Avete fatto i compiti, avete aiutato la mamma?'. Dopo correva da me o da sua madre a far merenda con pane e marmellata".
 
La mamma di Jorge Mario "non era affatto dell’idea che entrasse in seminario per farsi prete, non era contraria in assoluto, ma voleva che proseguisse con gli studi e riflettesse bene". Un giorno, però, "salì a pulire e trovò solo libri di teologia. Capì al volo, era furiosa: 'Per la prima volta mio figlio mi ha mentito e presa in giro. Perché?'. Lo affrontò subito e guardandolo dritto negli occhi glielo chiese. Lui non si scompose affatto. Con un sorriso disarmante si rivolse a sua madre dicendo: 'Non ti ho mentito, mamma, la mia è medicina, ma per le anime!'. Una delle mie nipoti quel giorno stesso venne a raccontarmi della baruffa familiare, chiedendomi di fare da paciere. Mi tolsi il grembiule e corsi su in casa loro. Jorge sorrideva serafico e rivolto a me disse: 'Diglielo tu, nonna, che c’è tanto bisogno di dottori per le anime, tu che lo sai, tu che lo hai imparato bene andando sempre in giro nei posti in cui c’è tanto bisogno'. Meno male che avevo portato gli alfajores, i biscotti che a Jorge piacevano tanto, con quelli e un buon mate sdrammatizzammo. Prima di andarmene, però, lo presi da parte e gli dissi seria: 'Se Dio ti chiama è un’ottima cosa… ma non dimenticare che la porta di casa rimarrà sempre aperta per te soprattutto se cambi idea'".