Cronaca

Il vigile del fuoco che accompagnò il papa tra le macerie di Amatrice

E' uscito "Maledetto Appennino" di Luca Cari, responsabile della comunicazione in emergenza. Da Amatrice a Rigopiano, storie di terremoti, valanghe e pompieri

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ROMA - Luca Cari arriva dove gli altri giornalisti non possono. Poche ore dopo il disastro: una valanga su un albergo isolato, un terremoto che azzera una città conosciuta nel mondo per un piatto di pasta, un'altra scossa che apre una basilica patrimonio dell'umanità. Sale sul "bruco" dei fratelli pompieri ed è davanti all'albergo sdraiato, di notte. Sale sulla jeep ed è dentro la zona rossa. Sotto la basilica.

Luca Cari è il responsabile della comunicazione dei vigili del fuoco in emergenza e ha un punto di vista privilegiato. Da privilegiato. Ha 52 anni, è un umbro vissuto a Siena. È laureato in Giurisprudenza. Collabora con giornali e riviste dai diciannove. Luca Cari, ecco, è entrato nel mondo in continua tensione dei vigili del fuoco nel 2006, undici anni fa, e ne ha abbracciato la causa. Nel tempo, ha imparato a custodire la loro fiducia e a tirare fuori storie che gli affidano perché si fidano.

Di questo, di storie ancora inedite dentro un cratere straraccontato, è fatto il libro "Maledetto Appennino - Da Amatrice a Rigopiano". Dal 24 agosto 2016 al 18 gennaio 2017. "Cinque mesi che hanno segnato l'Italia centrale". Cinque mesi di scosse sei punto quattro, bambini salvati e bambini che non ce l'hanno fatta: "La piccola, nove anni appena, non è sopravvissuta".
 

Luca Cari ha visto e vissuto l'ingresso della prima autopompa dei vigili del fuoco nell'Amatrice non raggiungibile dai mezzi di terra. Lo racconta, citando tutti i colleghi, nessuno escluso: "L'autista prende la rincorsa, pigia sull'acceleratore facendo esplodere i giri del motore e lancia l'autopompa dall'altra parte del viadotto sperando che non ceda. Il colpo alla fine è grande. Uno dei pilastri ha ceduto e lo scalino che si è creato fa sobbalzare il grande mezzo che schizza in aria, gli ammortizzatori si comprimono, gli pneumatici assorbono. Il mezzo sbanda ma è fatta". Il Ponte Tre Occhi, che da lì a poco sarà definitivamente chiuso, è superato: ecco, si può andare a vedere che cosa è rimasto di Amatrice.

A Luca Cari la divisa da vigile del fuoco ha concesso un regalo che oggi trattiene in una fotografia appesa in salotto, a Roma: papa Francesco e lui. Lo scortò, quasi per caso, tra le macerie di Corso Umberto I, ad Amatrice: "Lei mi può accompagnare?", gli chiese Bergoglio. Il volto aquilino di Cari fece il giro del mondo, creandogli qualche problema al ministero dell'Interno.

"Maledetto Appennino", in verità, preferisce fermarsi "sulla polvere che ti invade i polmoni e il gas che ti perfora le narici". Preferisce raccontare i compagni d'emergenza, "razza a parte i pompieri, cui piace lavorare in silenzio". Lino Coltellese, per esempio, vigile del fuoco che abita ad Amatrice, "cioè, abitava". Si legge: "Lui si ritrova, alle 3 e 36, sbalzato in fondo al letto, in piedi, in maglietta e mutande". E quando scende correndo dalle scale, per mettere in sicurezza le figlie sotto la volta in cantina, "a terra i detriti gli tagliano i piedi nudi senza impedirgli di proseguire".
 


Luca Cari ti svela che per estrarre un uomo vivo incastrato sotto la rete di un letto i compagni pompieri prendono in considerazione, "ipotesi estrema", la possibilità di tagliargli una gamba. Non accadrà, questa volta.

Si scopre, leggendo questo racconto dall'interno di un disastro, che sì, ad Amatrice e poi a Rigopiano la macchina dei soccorsi ha inciampato: "Il sistema sui numeri del primo terremoto sbanda, molte persone che non si trovano all'improvviso saltano fuori e vengono depennate, stavolta la lista è confusa, più del solito, le indicazioni fornite a chi cerca sono approssimative, a volte contraddittorie". Ancora: "Nei primi giorni ci sono in giro per il cratere un'infinità di segugi che sembra di stare a un'esposizione internazionale. Sul terremoto si cimentano tutti e a un certo punto dico a mia madre di mettersi una tuta colorata addosso e di portare il suo Chuck".

C'è il tempo, tornati in caserma dopo il lunghissimo straordinario delle ultime due stagioni, di farsi domande assolute sul lavoro dei vigili: "Rischiare la vita per salvarne un'altra siamo d'accordo, ma per recuperare un corpo che l'ha persa, ad esempio?". E sulla società intorno che osserva le tragedie: "Perché il salvataggio del cane Romeo viene ritwittato settantanovemila volte e quello della bambina di Pescara del Tronto solo cinquecento?".