Cronaca

Federico Cafiero de Raho: "Cosa nostra e ’ndrangheta, ecco la grande alleanza su droga, appalti e rifiuti"

Il nuovo procuratore nazionale antimafia: "Contatti con narcos colombiani e messicani per il traffico di cocaina"

2 minuti di lettura
ROMA. È il nuovo procuratore nazionale antimafia, nominato dal Csm: Federico Cafiero de Raho, dall'inizio degli anni Ottanta impegnato in tante difficili indagini che hanno svelato i segreti delle mafie. La sua ultima trincea, dal 2013, è la guida della procura di Reggio Calabria, un osservatorio importante per analizzare i movimenti delle cosche. "Negli ultimi mesi - dice - almeno in due indagini è emerso che elementi vicini a Cosa nostra operavano con la 'ndrangheta nel traffico di stupefacenti".
 
Le mafie italiane sembrano tornate alle grandi manovre, nonostante l'azione incessante di magistratura e forze dell'ordine. La sfida per il nuovo procuratore nazionale: capire cosa sta accadendo.
"Il collegamento fra la mafia siciliana e quella calabrese è quarantennale. La nostra recente indagine "ndrangheta stragista" ha ricostruito quanto siano stati forti quei legami. Ora, abbiamo l'evidenza di altri segnali: riunioni, incontri frequenti, legami stretti. Frequentazioni che dimostrano la trattazione di affari in comune".
 
Come si fronteggia questa vecchia nuova alleanza fra le mafie?
"La Direzione nazionale diretta da Franco Roberti è stata promotrice di numerose riunioni di coordinamento fra le varie procure".
 
Oltre alla droga, quali altri affari condividono Cosa nostra e 'ndrangheta?
"Abbiamo verificato che spesso imprese siciliane lavorano in Calabria, soprattutto nel settore della bonifica dei rifiuti, e imprese calabresi operano in Sicilia. Un dato su cui riflettere".
 
Nel corso di incontri di mafia sono apparsi anche alcuni emissari dei narcos colombiani. Cose interpretare questa presenza?
"Di frequente i colombiani vengono nel nostro territorio. In un'indagine abbiamo accertato che il fornitore colombiano è stato ospitato in un bed and breakfast della Locride. L'organizzazione voleva essere garantita dall'arrivo della droga: l'ospitalità era un sequestro. In altri casi, gli incontri a Roma e a Milano erano per la consegna del denaro".
 
Nei traffici di droga sembra ormai delinearsi un dominio dei messicani.
"I cartelli messicani si pongono come intermediari fra i produttori e gli acquirenti: raggiungono i mercati nord americani, ma proiettano la vendita anche verso l'Europa, dove la 'ndrangheta detiene un ruolo di rilievo, per la capacità di muoversi come protagonista nei vari porti, da Anversa a Rotterdam, ad Amsterdam".
 
Le mafie italiane dove comprano la droga?
"Soprattutto in Colombia, in Costarica, in Perù, paesi che preferiscono utilizzare i porti panamensi".
 
Quali sono i nostri porti più infiltrati dalle mafie?
"Gioia Tauro continua ad essere la meta preferita, lì la 'ndrangheta ha un'organizzazione ormai stabile, può contare su un gran numero di addetti alle banchine. Altrettanto abbiamo riscontrato a Genova e Livorno".
 
Ritiene sufficienti gli strumenti in campo per la lotta al narcotraffico?
"Le nostre forze di polizia possono contare su rapporti diretti con le polizie di Stati Uniti, Colombia, Panama, Venezuela. Basta avere anche solo la traccia di un carico: si alza il telefono e si fanno subito gli accertamenti, così abbiamo eseguito arresti importanti. È come se si accorciasse il mondo".