Cronaca

Massoneria, la Commissione antimafia: "Rilevate infiltrazioni delle cosche nelle logge"

Una seduta della Commissione antimafia (imagoec)
La relazione dopo le audizioni e i contestati sequestri delle liste di affiliati: quasi 200 'fratelli' sono stati coinvolti in inchieste sulla criminalità organizzata. E non tutti i condannati sono stati espulsi
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Quasi 200 "fratelli" toccati o lambiti da indagini di mafia. Sei condannati per associazione mafiosa, di cui due ancora attivi. Più di 130 logge calabresi e siciliane abbattute dal 1990 dalle quattro principali obbedienze massoniche in Italia, il Goi, la Gran Loggia degli Alam, la Gran Loggia regolare d'Italia, la Serenissima Gran Loggia d'Italia-Ordine generale degli Alam.

Sebbene l'analisi del fenomeno sia stata solo parziale e nessun nome venga esplicitamente fatto, è un quadro inquietante quello ricomposto dalla Commissione parlamentare antimafia nella relazione appena approvata su "Mafia e massoneria". "L'esistenza di forme di infiltrazione delle organizzazioni criminali mafiose nelle associazioni a carattere massonico - si legge - è suggerita da una pluralità di risultanze dell'attività istruttoria della Commissione, derivante dalle audizioni svolte, dalle missioni effettuate e dalle acquisizioni documentali". I rapporti fra mafie e massonerie ci sono. E la Commissione ne ha la prova concreta.

Dalle audizioni dei magistrati calabresi e siciliani sono emersi dati allarmanti. Gli inquirenti  trapanesi e palermitani hanno infatti evidenziato "un filo conduttore che ipotizza come le logge coperte si annidino ancora all'ombra delle logge ufficiali; come gli uomini, pur risultati iscritti alle logge coperte, abbiano continuato a far carriera sia nel mondo politico, sia nel mondo degli affari, non essendoci mai stata un'efficace reazione delle Istituzioni per isolarli anche dopo che i loro nomi e la loro appartenenza fosse divenuta palese; come vi sia riscontro che già appartenenti a logge segrete e irregolari siano poi trasmigrati in altre logge; di come sia possibile passare da una loggia regolare a una coperta e viceversa". Una situazione delicata soprattutto nel trapanese, "regno" di Matteo Messina Denaro. Nell'area, in cui si concentra un numero di iscritti, soprattutto provenienti dalla borghesia cittadina, assolutamente sproporzionato rispetto ad altre zone d'Italia - hanno riferito in commissione i magistrati -  c'è il rischio che le logge si trasformino in comitati d'affari. Ancor più compromessa, se possibile, sembra la situazione in Calabria, dove - hanno riferito i magistrati - la massoneria, tramite la Santa (la direzione strategica dell'organizzazione, ndc)  "si è piegata alle esigenze della 'ndrangheta, così creando all'interno di quel mondo in cui convivevano mafiosi e società borghese professionale, all'ombra delle logge, un ulteriore livello ancor più riservato formato da quei soggetti che restano occulti alla stessa massoneria. Si tratta di coloro che, dovendo schermare l'organizzazione ed essendo noti soltanto a determinati appartenenti ai vertici più elevati, non si possono esporre a nessuna forma evidente, quali possono essere le organizzazioni massoniche".

Indicazioni importanti, sebbene necessariamente generiche a causa di indagini e accertamenti in corso. Ma la commissione non si è fermata qui. Il lavoro principale è stato fatto sugli elenchi sequestrati alle quattro obbedienze con decreto firmato dalla presidente della commissione Rosy Bindi e affidati allo Scico per i controlli sulla fedina penale degli iscritti. Un'indagine che dimostra come i Gran Maestri, che si sono avvicendati in Commissione per giurare di non avere condannati o indagati per mafia tra i propri ranghi, abbiano mentito.

 Sono 193 - è emerso dal lavoro dei parlamentari - gli affiliati alle logge massoniche di Sicilia e Calabria coinvolti o lambiti da inchieste di mafia. In molti casi, si tratta di procedimenti conclusi con decreto di archiviazione, proscioglimento o sentenza di proscioglimento per morte del reo, ma si tratta - si sottolinea nella relazione - di "un consistente numero di iscritti che è stato coinvolto in procedimenti per gravi delitti". Non per tutti però le inchieste si sono concluse con un nulla di fatto. In 6 sono stati condannati per associazione mafiosa piena, mentre altri 8 sono stati puniti per traffici di stupefacenti, ricettazione, falso, bancarotta fraudolenta o sono stati destinatari in via definitiva di misure di prevenzione personali e dunque indicative della pericolosità sociale (semplice o qualificata). E non tutti sono stati espulsi dalle logge a cui appartenevano. Tanto meno sono stati tutti allontanati gli ulteriori 25 massoni che risultano condannati per altri reati gravi o sono tuttora sotto processo per associazione mafiosa o per intestazione fittizia di beni.

Al contrario, 12 sarebbero ancora iscritti e attivi, di cui "10 presso logge del Grande oriente d'Italia, uno con una domanda di regolarizzazione presentata presso una loggia calabrese del Goi e membro del consiglio regionale della Calabria dal 2005 al 2010, il che fa desumere che fosse a quei tempi quantomeno pienamente iscritto ad altra obbedienza; uno, imprenditore agricolo, presso una loggia calabrese della Glri". E fra i fratelli che frequentano regolarmente le logge ci sarebbero anche i due, un commercialista e un pensionato, condannati definitivamente per mafia. "Tale dato - si legge nella relazione - che si riferisce ai soli nominativi compiutamente identificati assume significativi profili di inquietudine considerato che 193 soggetti, così come segnalati dalla Direzione nazionale antimafia, hanno avuto modo di operare nelle obbedienze massoniche e così segnalando una mancata o quanto meno parziale efficacia delle procedure predisposte dalle varie associazioni per la selezione preventiva dei propri membri".

 Ma per i parlamentari c'è un altro dato preoccupante. "Al di là delle condanne o dei procedimenti in corso per gravi reati e al di là dell'appartenenza alle singole obbedienze - si legge nella relazione  non può sottacersi che nell'ambito dei 193 soggetti segnalati, molti dei quali incensurati, a fronte di 35 pensionati e otto disoccupati, vi sono numerosi dipendenti pubblici. Le categorie professionali prevalenti sono avvocati, commercialisti, medici e ingegneri. Presenti in numero rilevante anche soggetti impiegati nel settore bancario, farmaceutico e sanitario, nonché imprenditori dei più diversi settori, in primis quello edile".