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'Ndrangheta, arrestato in Calabria Giuseppe Pelle: è figlio del superboss e reggente del clan

 L'arresto del boss Pelle 
Aveva trovato rifugio in un'abitazione nascosta in una contrada impervia e priva di strade d'accesso
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REGGIO CALABRIA - È finita la latitanza del boss Giuseppe "Peppe" Pelle. Il figlio 58enne di 'Ntoni Pelle Gambazza, storico patriarca che ha scritto di proprio pugno la storia della 'ndrangheta calabrese, è stato individuato dagli uomini della Squadra Mobile di Reggio Calabria, con il supporto dei colleghi dello Sco, in un'abitazione isolata, nei pressi di Condufuri, a pochi chilometri dalla "sua" San Luca. Il boss si nascondeva in una delle contrade più impervie di tutta la provincia, lì dove le prime pendici dell'Aspromonte iniziano ad arrampicarsi verso le vette, le strade diventano mulattiere di montagna, difficilmente percorribili, e le fiumare si trasformano in trincee naturali. Quasi un bunker naturale, in larga parte vigilato da sentinelle dei clan, assediato questa notte da cinquanta uomini della Squadra mobile di Reggio Calabria, che solo grazie a fuoristrada sono riusciti ad avvicinarsi al covo del boss. A fari spenti si sono avvicinati alla casa, poi è scattata l'operazione. Cinquanta agenti si sono avvicinati rapidamente alla casa, hanno buttato giù la porta e sono entrati, mentre altri agenti cinturavano l'intera zona per scongiurare eventuali tentativi di fuga. Nulla doveva andare storto. Nessun imprevisto doveva rovinare l'operazione finale arrivata all'esito di oltre due anni di indagini. Sorpreso all'interno della casa con altri uomini, il boss dormiva su un divano. Era completamente vestito, pronto alla fuga, ma il blitz della Mobile è stato troppo rapido e silenzioso per accorgersi di alcunché. Quando ha aperto gli occhi, Pelle era già circondato e non ha potuto fare altro che arrendersi senza fare resistenza alcuna. "Mi arrendo, non sono armato". Su di lui pendeva un mandato di cattura per associazione mafiosa spiccato l'estate scorsa, più un residuo di pena di due anni e cinque mesi da scontare relativo ad una precedente condanna per mafia. Un risultato importante - sottolinea il Questore Raffaele Grassi - "nella guerra di liberazione dalla 'ndrangheta che magistratura e forze dell'ordine portano avanti in questi anni. Pelle è il tredicesimo latitante individuato dalla polizia negli ultimi tre anni. E questa è una guerra di liberazione del territorio".

Reggio Calabria, il boss sorpreso nella notte: blitz della polizia nel bunker di Giuseppe Pelle


Attuale capo politico, strategico e operativo di una delle più importanti famiglie di tutta la 'ndrangheta calabrese, e al vertice della Provincia, l'organismo di raccordo di tutta l'ala operativa di tutti i clan del reggino, Pelle non è stato per decenni semplicemente il regista delle strategie economiche e criminali del proprio clan. Per i magistrati, il boss è stato anche per anni l'abile tessitore di importanti carriere politiche. "Giuseppe Pelle è un capo, non è e non sarà mai solo altissima manovalanza di 'Ndrangheta - spiega il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo, responsabile delle inchieste della Direzione distrettuale Antimafia nella zona jonica e coordinatore delle indagini che hanno portato alla cattura di Pelle -  Non è certo l'unico che decide le sorti dell'organizzazione criminale nel mondo, ma è tra i pochi ad avere un ruolo di elevatissimo spessore, come risulta dalle sentenze che lo riguardano. Nel processo evolutivo del sistema criminale è un'interfaccia importante tra le varie componenti. Uno che opera nella terra di mezzo, quella che consente a chi sta sopra di interagire con chi sta sotto".

È nella sua casa di Bovalino che in prossimità di diverse consultazioni elettorali si sono recati in processione politici di ogni ordine e grado per chiedere appoggi e voti. A svelarlo è stata una fortunata videocamera, sfuggita alle periodiche bonifiche ordinate dal boss, che ha immortalato le visite di aspiranti consiglieri regionali come Santi Zappalà, ma soprattutto dell'ex senatore Antonio Caridi, sorpreso a casa Pelle poco prima delle elezioni regionali che lo hanno catapultato prima in Consiglio e poi nella Giunta guidata all'epoca da Giuseppe Scopelliti. E che lui fosse il candidato di casa Pelle lo ha involontariamente confermato il fratello del boss, Sebastiano, che poco dopo le elezioni - intercettato - esclama "Il candidato di mio fratello qua, ha preso undicimila voti! Vedete qua compare. Ha lavorato qua". Una conversazione dal significato cristallino per gli inquirenti, secondo cui il soddisfatto commento del fratello del boss è la prova non solo dell'appoggio elettorale offerto al senatore, ma anche della contropartita che in cambio i Pelle si aspettano di ricevere. "A Bruno in questi giorni, si dice 'vedete che abbiamo fatto un bel lavoro a cò ... a Totò, ad Antonio'" dice infatti subito dopo Sebastiano Pelle.

Ma la rete dei rapporti dei Gambazza non si limitava alla politica. In passato, i tentacoli del boss arrivavano anche all'interno della procura e fra i ranghi delle forze dell'ordine. Non a caso è sempre da "don Peppe" che Giovanni Zumbo, l'ex amministratore giudiziario e antenna dei servizi condannato per aver lavorato da spione dei clan, è corso a riferire con largo anticipo dell'imminente operazione Crimine infinito. Un curriculum criminale di rilievo, in cui la storia criminale personale si mischia con la storia passata e recente di tutta la 'ndrangheta reggina.

Nell'architettura della 'ndrangheta quello di Pelle era un ruolo fondamentale perché "chi sta - spiega il procuratore aggiunto Lombardo - sopra decide le strategie, chi sta in mezzo le pianifica e le rende attuabili e chi sta sotto le esegue. Le tre componenti, unitariamente considerate, formano la attuale struttura della 'ndrangheta. Le tre componenti, unitariamente considerate, formano la attuale struttura della 'Ndrangheta. Dico questo a favore di tutti quelli che hanno voglia di conoscere davvero tale evoluto fenomeno criminale, andando oltre la puzza di capra, che ha lo stesso peso di quella di formaggio presente nel covo di Bernardo Provenzano al momento del suo arresto. Le grandi mafie profumano di molto altro e credo che sia arrivato il momento di raccontarle fino in fondo, abbandonando definitivamente ricostruzioni parziali ed antistoriche. Rispetto le opinioni personali ma ritengo opportuno ricordare che soltanto le verità processuali creano davvero le condizioni per una presa di coscienza collettiva della reale portata destabilizzante delle mafie. E la storia giudiziaria dice che questa è terra di 'Ndrangheta, come lo sono moltissimi altri territori, in Italia ed all'estero. La storia giudiziaria dice che la 'Ndrangheta è una cosa seria in cui tradizione e modernità si fondono tra loro per dare vita ad un sistema criminale che arriva ovunque, che gestisce enormi capitali, che condiziona la vita di migliaia di persone. Tutto questo - spiega Lombardo -  si ricostruisce nelle aule di giustizia, con il costante e massiccio invio di magistrati. Che vanno aiutati ogni giorno a svolgere un lavoro complesso e difficile". 

Un fenomeno che si continuamente si costruisce e si rinnova sulle spalle di uomini come il boss Pelle. Dalle sue mani  passato di tutto, dalle controversie fra famiglie ai destini delle amministrazioni locali, dalle storiche alleanze fra clan, come quella sancita dal suo matrimonio con Marianna Barbaro, la figlia del boss ergastolano di Platì Francesco, alla divisione di affari criminali e appalti strategici. E alcuni capitoli della storia sono forse ancora da scrivere. A partire da quelli alla base del processo "Mandamento Jonico" che il boss dovrà affrontare, perché accusato di aver tentato di accaparrarsi i lavori pubblici realizzati in alcuni comuni della Locride tra i quali Siderno, Palizzi, Condofuri e Natile di  Careri. Un'inchiesta monumentale, conclusasi con 115 arresti e oltre 200 indagati che ha scattato la fotografia più attuale dell'ala operativa di tutti i principali clan di 'ndrangheta della zona jonica reggina, che ha permesso di inquadrare con precisione peso e ruolo di uomini come il boss Pelle, arrestato ieri notte.

"Il merito del risultato di oggi è di tutti quei magistrati che lavorano con professionalità senza pari, pubblici ministeri e giudici, dai più esperti ai colleghi di prima nomina. Tutti chiamati a svolgere le proprie funzioni in una realtà giudiziaria ampiamente sottodimensionata, che impone ritmi di lavoro non umanamente sostenibili" dice Lombardo che non può far altro che denunciare con forza la cronica carenza di organico, mezzi e attenzione che affligge Reggio Calabria. "Mi dispiace dirlo ma ho la sensazione che a livello centrale non si sia davvero capito quale è il lavoro che si svolge qui. Gli uffici giudiziari reggini non possono reggere a lungo il peso di un lavoro immane, che aumenterà sempre più perché qui nessuno ha intenzione di abbassare il livello di guardia nel contrasto totale del fenomeno mafioso. Per fare questo ci vogliono scelte importanti di politica giudiziaria. Non ci stancheremo mai di ribadirlo". Un messaggio che il procuratore aggiunto vuole lanciare in maniera forte, chiara e diretta "anche oggi in cui ci arrivano i complimenti per l'ennesimo risultato nel contrasto al crimine organizzato. Meno complimenti e più risorse, per noi e per le forze di polizia. Questa è la ricetta vincente".