Cultura

La bellezza del sepolcro di Sant'Urbano (foto Archivio Alinari, Firenze, per gentile concessione

Appia Antica: "AAA vendesi sepolcro di Sant'Urbano". L'offerta dei proprietari allo Stato

Svolta nell'annosa querelle tra i privati e la Soprintendenza. Rita Paris, direttrice Appia Antica: "Dovrà essere acquisito dalla pubblica amministrazione". L'affare è possibile attraverso la trattativa privata, il valore è dato dal prezzo di acquisto nel 1981 rivalutato. Il monumento fu deturpato da abusi edilizi (un barbecue e una piscina) che nessuno riuscì a fermare

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ROMA - "AAA Sepolcro di Sant'Urbano vendesi", con annesso abuso edilizio: piscina e barbecue per feste e scampagnate. Da sempre il monumento sul parco dell'Appia Antica - cuneo di 3500 ettari nella pancia della Capitale che s’allunga fino ai Castelli Romani - in via dei Lugari 3 (secondo per importanza e bellezza solo a quello di Cecilia Metella), è di proprietà di privati. L'ultimo ad averlo acquistato, l'avvocato Gianfranco Anzalone nel 1981 dagli eredi del cardinal Lugari il quale, a sua volta, lo acquistò dal principe Alessandro Torlonia, primo proprietario, nel 1870, di cui si abbia notizia.

Oggi, proprietaria è la vedova Anzalone, Marisa Antonietta Gigantino, che, senza figli, ha deciso di disfarsi del monumento. La scelta per lei obbligata - trattandosi di un monumento storico, non è di interesse per acquirenti privati - è di offrirlo al pubblico. L'affare è possibile attraverso l'istituto della trattativa privata. Il prezzo non è quantificabile essendo un bene con vincolo archeologico per cui l'unica ipotesi sarebbe quella di partire dal prezzo di acquisto del 1981 e calcolarne la rivalutazione, al netto dei danni arrecati al monumento con i numerosi abusi edilizi che negli anni lo hanno deturpato. Un precedente c'è: il primo acquisto fatto con trattativa privata tra il Demanio dello Stato ed un privato, Evan Ewan Kimble (ovvero senza esercitare il diritto di prelazione) fu quello, sei anni fa, della tenuta archeologia di Santa Maria Nova, costata un milione e trecento mila euro.

• PROPRIETARIA: "VOGLIO CHE IL SEPOLCRO DIVENTI DELLO STATO"
"Voglio che quel sito archeologico diventi di proprietà dello Stato" spiega a Repubblica la signora Gigantino. "Ho fatto una offerta alla Soprintendenza - ha aggiunto - e sto aspettando una risposta". La neo direttrice del parco archeologico dell'Appia Antica conferma il suo interesse. "È giusto e naturale - spiega Rita Paris - che quello straordinario sito archeologico torni alla pubblica amministrazione". "Mio marito era affezionatissimo a quel Sepolcro - ricorda ancora Gigantino - e andavamo là a fare feste e scampagnate. Ma ora che lui non c'è più, e io sono malata, è giunto il momento perchè quel 'gioiello' archeologico possa passare al pubblico ed essere fruito da tutti". "Per diversi anni non ho più potuto effettuare la manutenzione - dice ancora - qualche mese fa, grazie all'aiuto dei miei nipoti, ho provveduto a fare dei lavori per restituire un po' di decoro all'area. Spero che la Soprintendenza risponda all'offerta che ho fatto attraverso il mio legale". 

Il forno a legna: abuso edilizio nel Monumento (archivio Soprintendenza

• STORIA DEGLI ABUSI EDILIZI: BARBECUE E PISCINA NEL SITO
Il c
omplesso del sepolcro di Sant' Urbano con annessa Villa Marmenia - un sito storico di straordinaria importanza scavato nell'Ottocento da Lugari - è stato oggetto del contenzioso più antico fra pubblico e privato sull'Appia Antica a causa dei numerosi abusi edilizi. Già nel 1965 (quando non era ancora di Anzalone), Paese Sera, a proposito di quelle speculazioni edilizie, titolava così: "Stanno costruendo una casa nel rudere". Da allora, però, gli abusi sono proseguiti pressoché indisturbati, nonostante dal 1970 la pubblica amministrazione avesse tentato di fermarli. L' area storica che comprende il sepolcro, sulle cui mura romane è addossato un barbecue, è diventata un giardino privato: all'interno della cella funeraria è stato ricavato un piccolo spazio per feste, con tanto di tinello moquettato e cucinetta.

Per costruire una piccola piscina sono stati rimossi preziosi pezzi di basolato. Per quegli abusi, il proprietario dell' epoca, Gianfranco Anzalone, fu denunciato in procura dai carabinieri. Il processo, però - l' accusa fu sostenuta dall' allora pm Giovanni Ferrara - finì con un nulla di fatto: il pretore Roberto Mendoza, nel 1987, assolse Anzalone: una parte dei reati si estinse grazie a un condono, un'altra per un'amnistia. Il lunghissimo contenzioso con la Soprintendenza si concluse con un nulla di fatto. E ora si apre un nuovo capitolo: la trattativa per la vendita allo Stato.

• STORIA DEL SEPOLCRO DI SANT'URBANO, MARTIRE CRISTIANO
In via dei Lugari 3 - spiega la Soprintendenza - si erge un edificio funerario di età imperiale romana generalmente attribuito all’età antonina (o del IV secolo come sostenuto da un’indagine archeologica del 1978-1979 condotta dall’Istituto di Norvegia a Roma) e definito Sepolcro di Sant'Urbano perchè considerata la sepoltura del martire cristiano che fu papa dal 222 al 230. Si tratta di un sepolcro in cortina laterizia la cui parte più importante è un’aula quasi quadrata, provvista sui lati di due profonde nicchie quadrangolari e sul fondo di un’abside. Ad essa si accedeva da un pronao e da una gradinata. Sotto il pronao una porta dà accesso ad una camera inferiore. Sul fronte e sul retro della struttura è stato ritrovato un asse stradale in basoli che si distaccava dalla via Appia.

• STORIA DEI PROPRIETARI DALLA FINE DELL'OTTOCENTO A OGGI
Il primo proprietario di cui si è certi scavando all'indietro nel tempo negli archivi catastali di Roma fu nel 1870 il principe Alessandro Torlonia (sposo dell'infanta Beatrice di Borbone-Spagna, zia del futuro re Juan Carlos I e nipote della regina Vittoria). Nel 1879 i fratelli Giambattista e Bernardo Lugari acquistarono dai Torlonia un vasto appezzamento di terreno su una parte del quale condussero, a scopo filantropico, indagini archeologiche per circa quindici anni a partire dal 1880. Il cardinale Lugari muore nel 1914 e lascia la proprietà in eredità ai suoi cinque nipoti i quali, dopo diversi passaggi, vendono il sepolcro nel 1981 all'avvocato Anzalone. Attualmente il monumento è della vedova Anzalone, Marisa Antonietta Gigantino, senza figli, che ha deciso di venderlo alla Soprintendenza di Roma.