Economia

L'ultima offensiva di Schaeuble. Berlino punta ad affidare al Fondo Salva Stati il controllo dei bilanci

Wolfgang Schaeuble con il presidente dell'Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem (ap)
All'ultimo Eurogruppo il ministro uscente presenta un documento con la proposta di affidare all'Esm più poteri di sorveglianza sui conti pubblici. Tra i punti previsti anche l'introduzione di una forma di Eurobond
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LUSSEMBURGO - È pesante l’eredità di Wolfgang Schaeuble: al suo ultimo Eurogruppo prima di prendere la guida del Bundestag il ministro delle Finanze che per anni ha spadroneggiato in Europa mette nero su bianco i suoi progetti per il futuro dell’Unione monetaria. E sono preoccupanti per l’Italia e il resto dei paesi del Sud Europa, a partire dall’indicazione di espropriare la Commissione europea dei poteri di controllo sui bilanci nazionali affidandoli al Fondo salva Stati (Esm) con una applicazione delle regole meccanica, ripulita da qualsiasi approccio politico e da ogni forma di flessibilità. L’idea circola da mesi, la Germania l’ha portata avanti in tutte le riunioni tecniche e politiche ma ora vederla per iscritto fa un certo effetto. Tuttavia difficilmente passerà, c’è l’opposizione di mezza Europa e a Berlino lo sanno: lo scopo dei tedeschi sembra piuttosto quello di bloccare qualsiasi riforma della moneta unica, attualmente in gestazione, che al contrario aumenti il tasso politico delle decisioni, favorendo crescita e investimenti a scapito del rigore sui conti pubblici.
 
Il lascito di Schaeuble è contenuto in tre pagine del forte peso specifico, un documento informale distribuito ai ministri delle finanze della zona euro che proprio oggi lo hanno salutato a Lussemburgo, ultima tappa della sua carriera da Finanzminister di Angela Merkel. Da mesi a Bruxelles e nei negoziati tra capitali si parla della riforma dell’eurozona, che sarà discussa dai leader a dicembre (ma i tempi per la sua approvazione saranno più lunghi). La Commissione ha già detto di voler istituire un ministro delle Finanze Ue con un suo bilancio che sarebbe costituto proprio dall’Esm, trasformato in un Fondo monetario europeo che oltre ai salvataggi potrebbe finanziare le riforme e gli investimenti dei paesi virtuosi. Ci sarebbe anche una forma di Eurobond, sebbene senza mutualizzazione tra governi dei rischi sui titoli sovrani. Un quadro sgradito ai falchi capeggiati da Berlino che si aggiunge alla generosa flessibilità sui conti concessa all’Italia negli ultimi tre anni. Così arriva la reazione di Schaeble: affidare all’Esm il controllo delle regole del Patto di Stabilità e del Fiscal Compact, ovvero sui bilanci nazionali. Sarebbero dunque i governi, azionisti del Fondo, a vigilare sui partner con una applicazione meccanica delle regole, tagliando fuori la Commissione che gradualmente sta ammorbidendo le regole Ue. E ancora, Schaeuble vuole un meccanismo automatico di ristrutturazione del debito dei paesi che in futuro, come ha fatto la Grecia, dovessero chiedere un salvataggio europeo.  
 
Un futuro da incubo per l’Italia, ma che molto probabilmente non si realizzerà mai. Se tutti sono d’accordo a trasformare l’Esm in un Fondo monetario Ue capace di sostituire l’Fmi, sempre più disimpegnato in Europa, nella gestione di future crisi sovrane, nella discussione tra ministri di questo pomeriggio nel Lussemburgo solo una minoranza di paesi ha appoggiato l’idea tedesca di trasformarlo nel controllore dei bilanci nazionali. Così come è stata registrata una chiara maggioranza contro le ristrutturazioni automatiche del debito. Di fatto le tesi tedesche sono state completamente sposate solo dall’Olanda. Numeroso il fronte contrario, capitanato da Francia, Italia e Commissione europea. Dunque il punto di caduta sembra quello di un reciproco blocco delle proposte altrui: se difficilmente il modello tedesco tutto rigore e tagli si farà strada, appare poco probabile che si avveri il sogno di Parigi, Roma e Bruxelles di un ministro che dispensi aiuti e soldi a chi fa le riforme. Nei prossimi mesi si vedrà quale sarà il compromesso tra queste due, opposte, visioni, ma già oggi si può prevedere che il gioco dei veti porterà ad una riforma della governance della moneta unica meno ambiziosa di quanto la crisi dell’euro non abbia dimostrato necessaria.