Economia

Ilva, Bagnasco: "Non ci si deve arrendere, bisogna proteggere il capitale umano"

Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova (ansa)
L'arcivescovo di Genova: "L'unica via possibile è quella della disponibilità delle parti al dialogo. Perdere posti di lavoro è un problema per i diretti interessati, ma anche per l'intera società"
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ROMA - Spiega che "non che non ci si deve mai arrendere, ma che bisogna continuare con fiducia, determinazione e disponibilità sulla via del dialogo, del colloquio, dell'accordo per trovare soluzioni il più eque possibili per tutte le parti". Arcivescovo di Genova, ex presidente dei vescovi italiani, il cardinale Angelo Bagnasco parla con Repubblica della "difficile situazione dell'Ilva" perché, dice, "la Chiesa genovese da sempre vuole e deve stare dalla parte dei lavoratori".

Eminenza, il piano circolato in questi giorni, firmato da Am InvestCo e dai commissari dell'Ilva, è stato ritirato. Cosa pensa dell'azione del governo?
"Ribadisco che non ci si può mai arrendere in queste situazioni, ma che bisogna trovare la strada del dialogo. Le soluzioni eque devono riguardare tutti, la proprietà, i lavoratori con le loro famiglie, il governo, la città stessa di Genova che è parte in causa perché evidentemente perdere posti di lavoro è un problema per i diretti interessati ma anche per la società. E quindi è necessario continuare assolutamente sulla strada del colloquio. Sono certo che anche i sindacati con la loro esperienza sapranno persistere in questa via del dialogo per arrivare a punti di incontro equi per tutti. Ho letto alcune brevi dichiarazioni da parte della proprietà che sono il segno di un'apertura, di una volontà di continuare i colloqui con le parti in causa, governo e sindacati, e questo è un segno preciso".

A Genova nel 2005 l'altoforno è stato chiuso, ma l'occupazione fu garantita sul lavorato di acciaio proveniente da Taranto. Oggi quell'accordo viene di fatto stracciato: 4mila persone restano fuori, mentre 10mila sono licenziate e riassunte senza integrativi e senza scatti di anzianità, come se fossero neo assunte. Cosa pensa?
" Credo che i sindacati avendo una grande esperienza di buonsenso e anche tecnica e operativa sapranno valutare un'eventuale ipotesi di questo genere. Senz'altro lo faranno. Nello stesso tempo voglio aggiungere che confido che il governo abbia messo a punto una chiara e decisa politica industriale per muoversi all'interno delle singole imprese e industrie italiane perché il patrimonio di professionalità, di competenza, di storia, di affezione agli ambienti di lavoro non vada perduto e dissolto progressivamente".

Fin dai tempi del cardinale Giuseppe Siri la Chiesa genovese ha avuto un ruolo sociale forte e attivo a fianco degli operai. È ancora cosi?
"Il mondo del lavoro a Genova sa che la Chiesa gli è molto vicina, lo è sempre stata e lo sarà. Fa parte della sua missione, stare vicina alla gente là dove vive. La Chiesa continua a operare con discrezione, con rispetto e come meglio può per accompagnare queste situazioni di crisi, di difficoltà nel porto come nelle altre grandi industrie e imprese. Anche in questa circostanza cerchiamo di fare il possibile. Vorrei confermare la vicinanza fattiva e operosa sia mia come arcivescovo, ma insieme dei miei sacerdoti e cappellani del mondo del lavoro a questi lavoratori che sono in grande ambascia e quindi anche alle loro famiglie".

L'eredità di Siri è anche in tante cose poco dette, fra queste la sua vicinanza agli operai.
"La prima volta che andai a celebrare la messa natalizia a Fincantieri, vidi che fuori dal capannone mi aspettava un gruppo di uomini, dei dipendenti, che mi hanno salutato e accolto con rispetto e mi hanno detto: "Noi a messa non veniamo, l'aspettiamo fuori per fare colazione insieme e per farci gli auguri. Volevamo però dirle che ricordiamo quello che Siri ha fatto per noi, specialmente in momenti di difficoltà. Gli siamo riconoscenti e chiediamo a lei di continuare su questa strada".

Genova ha subìto in modo particolare la crisi. È ancora così?
"Le difficoltà ci sono e questa dell'Ilva è nuova e seria. La disoccupazione c'è. E anche se esistono segnali concreti e evidenti a livello di macroeconomia le ricadute occupazionali noi non le vediamo ancora. Nello stesso tempo devo riconoscere che ci sono dei segnali di prospettiva molto buoni: il terzo valico che va avanti, si parla della Gronda, del porto e dei cantieri navali, della diga da allargare in modo da essere più efficienti per le nuove navi, il progetto Erzelli con sviluppi dell'università. Speriamo che da queste aperture si arrivi a livelli occupazionali pre-crisi e che i nostri giovani non siano più costretti a emigrare".