Economia

Melany Libraro, da Google al ritorno in Italia. In mano le chiavi di tre aziende

Donne impresa 63. Milanese, classe 1975, ha lavorato per grandi società come Vodafone, Cisco e Skype. In mezzo anche una pausa di nove mesi zaino in spalla per il Sud America. Ora, tornata casa, vive con la famiglia. È ceo di Schibsted Italy e guida Subito, InfoJobs e Pagomeno: "Al mio ultimo colloquio ho detto: 'Mi impegnerò al massimo ma alle 19 voglio uscire e andare a giocare con mia figlia"

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Professione funambola della rete, capace di indossare una casacca o l’altra secondo la necessità, a capo di tre aziende, diverse e uguali negli obiettivi. Melany Libraro è ceo di Schibsted Italy, branch italiana di Schibsted Media Group, la multinazionale norvegese che opera nei mercati dell’editoria, del digitale e del mobile, in 30 Paesi con oltre 6900 dipendenti. Libraro ha il compito di sostenere e potenziare la crescita dell’impresa, definendone le linee strategiche, per i brand on line Subito, InfoJobs e Pagomeno, nei mercati degli annunci classificati e della comparazione di prezzi e prodotti. Era general manager in Subito.it dal 2014, e ora guida un gruppo che in Italia ha 40 milioni di fatturato, un dato in crescita costante, 250 dipendenti e 1,5 milioni di visitatori unici al giorno su ciascuna delle due principali piattaforme Subito e InfoJobs.
 
Melany Libraro, milanese classe 1975, è figlia di emigranti, il papà napoletano e la madre pugliese, “che mi hanno trasmesso – dice – l’arte dell’inventarsi e di trovare le soluzioni”. E la sua vita di lavoro e personale avrà sempre questo carattere di flusso ininterrotto di turning point.  
 
Nella rete ci mette piede giovanissima, dopo la laurea in Pubbliche relazioni e marketing allo Iulm. Accade a Londra, a 24 anni, dove va per cercare lavoro. S’imbatte in Cisco systems che nel 1999 rappresentava l’80 per cento di tutto l’Internet che correva sul web. “Mi avevano detto che cercavano persone junior, l’inglese lo conoscevo, fin da ragazzina facevo vacanze all’estero e poi la fidanzata di mio padre Michele era inglese”. Nelle prime tre settimane si ritrova in lacrime al suo desk, poi l’istinto di sopravvivenza prevale. Dopo tre anni e mezzo in Cisco come Emea Corporate relations manager, sente che ha bisogno di guardare avanti. Nel 2002 si licenzia e vola in California, a Palo Alto, per un Mba, Master of business administration. Nella Silicon Valley segue anche un master all’università di Santa Clara con un focus su innovation e tecnology. Nello stesso tempo riesce attraverso un ragazzo conosciuto a una festa, e sempre grazie al suo buon inglese, a entrare in Google. È l’ora dei sacrifici. “Ero occupata full time e studiavo per il master. Mi alzavo molto presto al mattino, ma avevo 26 anni e potevo anche rinunciare a qualche serata con amici: lavoravo per una delle realtà digitali più importanti del mondo. Mi occupavo di localizzazione e di marketing internazionale, del flusso di traduzione di tutti i prodotti di Google spingendo i prodotti business to business”.
 
Due anni dopo, siamo nel 2004, per problemi di famiglia e di visto, Melany Libraro  ‘rimpatria’ a Londra e lì aggancia una nuova, fantastica opportunità. “Me la sono un po’ cercata: il mio vicino di casa a Palo Alto si era trasferito nella capitale inglese e lavorava in Skype. Ho fatto dieci colloqui, mica sono stata presa al primo giro, e poi ho assunto il ruolo di capo del marketing internazionale, un settore in crescita vertiginosa”. Dura tre anni e mezzo, poi la Venture capital la chiama come director marketing in una piccola start up, “a cui io, in una stanza di New York, con il fondatore e gli ingegneri, dopo aver ingaggiato invano tre agenzie, e tanti caffè americani, ho trovato il nome: Open X, perché la piattaforma poteva essere utilizzata per tante applicazioni”. Un anno e mezzo molto impegnativo. Nel 2008, stanca di rete, incerta sul suo futuro, Melany dà le dimissioni, prende un anno sabbatico e zaino in spalla e un biglietto round on the world, viaggia girovaga per undici mesi tra Sud America, Australia, Malesia e altro ancora. A due settimane dalla partenza ritrova un antico fidanzato del liceo, Davide, commerciante di articoli sportivi per la neve. Si promettono di rivedersi ancora. Lui la raggiunge in un paio di tappe in India. È scoccata la scintilla. “Finito il viaggio, pianto le tende a casa sua a Milano”.
 
Il tempo di tornare e la chiama un head hunter che aveva il suo profilo. La prendono in Vodafone, il primo lavoro in Italia. È il 2009. “Un bellissima realtà italiana e internazionale su ciò che mi interessava molto”. Per cinque anni in ruoli diversi, sempre come dirigente, sulla penetrazione di Internet sui terminali mobili, agli albori dell’Iphone. E viene anche il tempo dei progetti personali, la manager si sposa e nel 2013 nasce Amelie. “Mi ritrovo a pensare: caspita, ho tutto quello che ho sempre desiderato”. E poi arriva un nuovo head hunter conosciuto dieci anni prima, un amico di suo padre che ha sempre lavorato nelle nuove tecnologie, “viveva in California, era un imprenditore che aiutava piccole start up ad aumentare la loro capacità di vendita”.  E le propone un lavoro in Subito, una piccola azienda tecnologica in piena crescita nata da una costola del gigante norvegese Schibsted Media Group. Per Melany è sempre il tempo di cambiare: la sua filosofia dice che la vita è troppo breve per essere infelici al lavoro.
 
“Il giorno dopo ho conosciuto Giampaolo Santorsola, dirigente top di Schibsted, e ho capito che la posizione di general manager in Subito era mia, la volevo io. Dopo un’estenuante intervista ho avuto il ruolo di amministratore delegato e nel settembre 2014 sono entrata. Era un grande salto ma credevo talmente tanto di potercela fare che sono riuscita a convincere tutti quanti. Al mio arrivo vi lavoravano 70 persone. Sono successe cose straordinarie. Da quel momento in poi si è registrata una crescita annua del 25 per cento in termini di dipendenti, fatturato, clienti; trasformazioni che mi hanno portato grandi sfide”.
 
Schibsted aveva anche Infojobs, portale per ricerca del personale, e un anno fa le è stata data la responsabilità anche di questo brand. A dicembre 2016, la casa madre ha lanciato la nuova start up Pagomeno, un comparatore di prezzi, e a Libraro è stata affidata la terza società. La manager ha costituito Schibsted Italia e ora è a capo di tutti e tre i marchi. L’impegno che si è assunto è far decollare queste aziende e assicurare loro una crescita profittevole. La macchina ha bisogno non solo di accelerare in termini di vendite e fatturato, ma va aggiustata e oliata per sfide nuove. Sia il mercato degli annunci che gli altri sono estremamente veloci, e con agguerriti competitors. Subito è molto forte sulle vendite on line dei motori, immediatamente dopo c’è il mercato immobiliare, Pagomeno sfida Trova prezzi.

Al primo incontro con i collaboratori, Libraro esordisce offrendo brioche. Avvia colloqui one to one con tutti e settanta, per conoscere l’azienda e i loro mal di pancia. “Ho messo il responsabile delle risorse umane a mio riporto diretto, c’era bisogno di creare valori comuni e riaccendere lo spirito”. Il sistema che misura il livello di ingaggio dei dipendenti in quel momento era al 26 per cento, diciotto mesi dopo è salito al 56 per cento.
 
Melany Libraro ha voluto meeting aziendali per condividere la strategia per l’anno, momenti di team building in forma di svago, ha lanciato lo smart working per cui i manager si muovono per obiettivi e con orari flessibili. Tanto welfare aziendale per rendere più piacevole lavorare in Subito: yoga in ufficio, pause motorie di mindfulness, una sala dedicata all’osteopata per i massaggi, visite mediche, controllo dei nei tutti gli anni per la prevenzione dei tumori, servizio di concierge per piccole commissioni, il bonus bebè ai papà e alla mamme – in Subito l’età media è 33 anni, 45 per cento donne, 55 per cento uomini - per aiutarli con le prime spese, un accordo con l’azienda milanese dei trasporti per avere sgravi sui costi e negoziare prezzi migliori”.
 
Ha instaurato il metodo del colloquio tra lei e i nuovi assunti. “Abbiamo persone di talento. L’importante è che mostrino la giusta umiltà per dare il proprio contributo ma anche riceverlo, a me piace chi non ha preconcetti sia tecnologici che di genere, e non si prende molto sul serio. Provo a inserire nelle nostre chiacchierate delle domande assurde o scherzose per vedere quanto sono disposti a ridere di se stessi e con quale spirito affrontano la situazione”.
 
Un po’ mamma chioccia, ma se necessario mette su il piglio del capo severissimo. “Ci sono arrivata col tempo – spiega la manager -. Devo avere la capacità di lavorare su molti piani. Non che non mi stanchi, ma sono talmente felice del mio lavoro, così completo: sto in mezzo alla gente, ho tutte le leve in mano per poter cambiare le cose. Non mancano le frustrazioni e sono la prima sulla linea a prendermi le lavate di testa dal gruppo, ma la soddisfazione è grande, e ogni giorno arrivo in ufficio sorridendo”.

Con dei precisi paletti, però, a difesa della sua vita personale. “Su questo ho una posizione ferma. Nel colloquio definitivo con Schibsted ho chiarito: mi impegnerò al massimo ma ho una figlia e quindi alle 19 esco dall’ufficio e vado a casa a giocare con lei. Ho imparato a proteggere anche le altre cose che contano. Perciò faccio la mamma, cucino, passo la mia serata con mio marito, che mi supporta in tutto, se manco io c’è lui. E quando il capo mi scrive, gli rispondo, anche se è mezzanotte”.

Le vacanze, tre settimane di ferie immancabili, sono una sorta di esplorazione. “Ci piace viaggiare, siamo andati a cercarci una bella casa in montagna per i week end all’aria buona”.
 
Melany Libraro, che ha firmato il manifesto di Valore D sull’occupazione femminile, ha un rammarico: “Mi piacerebbe passare più tempo a parlare con le ragazzine. Faccio grande fatica a trovare donne sviluppatori di software. Sono poche quelle che si affacciano a queste materie, non entrano nel giusto flusso e allora devi cominciare a raccontarglielo quando hanno 11, 12 anni, altrimenti è difficile che ne vedano la bellezza. Ci sono tantissimi aspetti: può essere per esempio il data analysis, oggi tema fondamentale, o l’user interface. Sto usando l’alternanza scuola lavoro per cercare di insegnare quali profili richiedono le aziende. Mettiamo i ragazzi a fianco di persone con quel ruolo, perché imparino. Se non li influenziamo, soprattutto le ragazze giovanissime, prima che comincino ad assorbire i preconcetti, non ci saranno mai abbastanza persone a coprire certi ruoli”.  
 
In questi ragionamenti c’è l’esperienza vissuta direttamente. Di lei racconta che primi due anni di liceo scientifico sono stati un disastro, e non credeva di avere grandi capacità nelle materie scientifiche e proprio rispetto alla tecnologia. “Odiavo i computer e non ho puntato molto sulla mia self confidence. Ma nessuno mi aveva raccontato tutto il resto. Ora che mi rendo conto del potenziale, dico che stupida, avrei potuto fare di più. Mi sentivo un pesce fuor d’acqua, ho fatto uno sforzo immane, e avevo già 30 anni quando ho scoperto di avere talento in matematica, ma la strada vera la trovi abbastanza tardi, è giusto provare esperienze diverse. Non è mai tempo sprecato, se ogni volta porti a casa qualcosa”.