Economia

Eataly sbarca a Los Angeles. Farinetti: "In Borsa vendiamo, non abbiamo bisogno di capitali"

Il gruppo italiano apre il suo primo negozio da quasi seimila metri quadrati sulla costa Ovest degli Usa e si prepara alla quotazione. I soci cederanno parte della azioni in portafoglio e non si farà un aumento di capitale

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MILANO - "Io in politica? Non ci penso proprio, anche se la faccio ogni giorno e il risultato migliore è aver creato seimila posti di lavoro". Oscar Farinetti, il fondatore di Eataly, lo dice mentre sale su un aereo dove per caso ha incontrato Pier Luigi Bersani. Gli ha chiesto se vota il Rosatellum? "No, ha già detto che non lo vota, siamo molto amici, c'è molta stima". E con Renzi? "Abbiamo ottimi rapporti". Lui vola da un continente all'altro ad aprire punti vendita. Dopo la Russia, Eataly ora apre a Los Angeles, la sua più grande scommessa, un fronte nuovo negli Stati Uniti.
La sua politica dunque è fare l'imprenditore?
"Sì, le faccio un esempio. Se va a Roma Ostiense a vedere come abbiamo trasformato l'area dove abbiamo costruito il nostro punto vendita, capisce come si possa riqualificare un quartiere. Questo è fare politica".
Allora voi fate anche politica estera perché portate il marchio italiano nel mondo?
"L'Italia è il più bel Paese al mondo, si vende da sé. Il 70% delle opere d'arte mondiali sono in Italia. Ci sono ben 53 patrimoni sotto l'egida dell'Unesco, abbiamo la moda, il design e una biodiversità che non possiede nessuno".
Ora portate tutto questo sulla costa ovest dell'America a Los Angeles?
"Settimana prossima apriremo il nostro nuovo punto vendita. Sono circa 5,7mila metri quadrati disposti su tre piani che ospiteranno 4 ristoranti, nove punti ristoro, due caffè e due bar. Verranno messi in vendita 10mila prodotti e ci sarà anche una scuola di cucina. I dipendenti saranno 400. Dagli americani invece dovremmo imparare a vendere".
In che senso?
"Loro non hanno nulla, hanno una storia molto recente e si sono inventati Pluto, Paperino e Disneyland e li vendono in tutto il mondo. Noi abbiamo tutto, ma non riusciamo a vendere come loro. Dovremmo imparare le loro tecniche per raccontare i nostri beni e prodotti".
L'Italia comunque piace e si vende bene, come andrà a Los Angeles?
"Ogni volta che inauguriamo ho tantissima paura. E oggi ancora di più perché è un grande passo. Sulla costa Est abbiamo aperto a New York e Boston, che vengono serviti dallo stesso magazzino. Qui è tutto nuovo. C'è comunque una grande attesa, perché a Los Angeles non si parla d'altro".
Quindi andrà bene?
"Speriamo, perché già in passato abbiamo fatto qualche passo falso, come in Giappone. L'importante è risollevarsi e andare avanti. In Giappone abbiamo venduto a un franchising e ora va bene."
Avrete al vostro fianco alcuni soci Usa?
"Sono i nostri partner storici che ci affiancano sempre negli Stati Uniti, Bastianich, lo chef Mario Batali e i fratelli Saper".
Saranno al vostro fianco anche nella quotazione, cioè entreranno nella holding che andrà in Borsa?
"Penso di sì, ci stiamo lavorando, ma non vedo perché non debba essere così".
Confermato quindi lo sbarco per il prossimo anno o al più tardi per il 2019?
"Il consiglio di amministrazione per decidere sulla questione è convocato per il 31 ottobre. Lì scioglieremo molti nodi".
Oggi avete il 59% di Eataly. Lei e la sua famiglia conserverete la maggioranza?
"Se andremo in Borsa tutti i soci scenderanno in maniera proporzionale".
Nel senso che venderete azioni e non farete un aumento di capitale?
"Sì venderemo, non abbiamo per fortuna bisogno di raccogliere capitali. I nostri conti vanno bene. Chiuderemo l'anno con oltre 500 milioni di fatturato. Probabilmente metteremo sul mercato il 33% del capitale".
Chi deciderà i tempi e i modi?
"Se ne occuperà Tamburi, che è nostro socio con il 20%. Se non ci capisce lui di Borsa, chi ce ne deve capire?"
Dovrete cambiare un po' la governance, però. Avete tre amministratori delegati e un presidente...
"Perché? E' abbastanza chiara. Il numero uno è Andrea Guerra che fa ora quello che prima facevo io. Tutti fanno riferimento a lui. I miei due figli (Francesco e Nicola n.d.r.), uno si occupa di Europa, l'altro di Usa. Luca Baffigo, che è anche socio, segue lo sviluppo. Mi sembra che sia tutto ben definito".
La prossima scommessa?
"Aspettiamo di lanciare Fico, il nostro parco agroalimentare. E poi vediamo. Ho una paura che neanche immagina, ma venga a vederlo, sarà bellissimo".